Ormai non passa giorno senza che non si apprenda una nuova notizia in danno della categoria delle farmacie.
Un giorno è l’ennesimo rinvio dei pagamenti, mille volte promessi dal Servizio Sanitario Nazionale e per altrettante volte non onorati. Il successivo siamo costretti ad apprendere dell’ennesimo intervento dell’Antitrust che dopo aver chiesto ad alta voce la modifica della legislazione farmaceutica e sanzionato le associazioni di categoria e professionali ora ha intrapreso una nuova istruttoria avverso Federfarma Teramo per “intese restrittive della concorrenza.
Il giorno successivo ancora apprendiamo che la farmacia di Borghetto sarà sigillata per tre giorni dalla Guardia di Finanza per non aver emesso scontrini per la astronomica cifra di undici euro.
Gli stessi Studi di Settore relativi alle farmacie sono stati inaspriti e resi più coercitivi per un settore che ha dimostrato, in un anno di controlli a tappeto avvenuti in tutta la Campania, di adempiere puntualmente ai propri obblighi fiscali, e sicuramente ben più di altre categorie professionali.
Poi per ricominciare il giro, si tenta di bloccare per un anno le azioni giudiziarie nei confronti della ASL e così via in un crescendo continuo.
Ma ora finalmente si è compreso che c’è una precisa volontà di smantellare il sistema farmaceutico attuale che pure ha finora garantito una distribuzione capillare ed efficiente, non solo la più economica per la collettività possibile, ma anche la più sicura.
Infatti nel corso della discussione alla Camera del disegno di legge promosso dal Governo “per agevolare le attività produttive e commerciali” la X Commissione (cioè quella delle Attività Produttive che nessuna competenza ha in materia sanitaria) ha introdotto l’art. 4 con il quale è stato abrogato la necessità del biennio di pratica professionale per divenire titolari o soci di farmacia.
Profittando di tale innovazione, che non ha allarmato la categoria perché sembrava non avere risvolti economici negativi, nella successiva discussione in Aula, la Camera ha improvvisamente aggiunto tre emendamenti con cui:
1. È stata prevista anche per le persone fisiche la possibilità di possedere fino a 4 farmacie nella stessa provincia
2. È stato previsto anche per gli eredi del socio di una farmacia la possibilità di gestire in via provvisoria per due anni
3. E’ stata autorizzata la vendita idei farmaci di fascia c) in qualsiasi locale commerciale purchè la dispensazione avvenga da parte di un farmacista.……….(clicca su Continue reading per leggere il resto dell’articolo)
Purtroppo è quindi avvenuto ciò che molti temevano dopo la promulgazione del decreto Bersani: la grande distribuzione dopo aver assunto dei farmacisti non si sarebbe accontentata di distribuire solo antidolorifici e lozioni, ma ha preteso una liberalizzazione che non ha eguali in nessun altro Paese europeo.
Il testo degli emendamenti ed il resoconto stenografico della seduta della Camera (che sono a disposizione di chiunque voglia consultarli) mostrano chiaramente che non si è trattato di un colpo di mano od una svista come a volte capita: l’emendamento è stato proposto dal Relatore della legge col consenso del rappresentante del Governo, ed a nulla sono valsi gli interventi di chi faceva notare che la normativa in oggetto avrebbe richiesto quantomeno il parere del Ministro della Sanità.
Ministro che si è affannato la mattina successiva a dichiarare la propria contrarietà alla norma appena approvata ed a promettere il proprio impegno per ottenere la modifica della legge al prossimo passaggio al Senato, ma tutti ricordiamo quanta poca influenza abbia avuto in occasione del decreto Bersani.
In quella occasione, quando non riuscì ad ottenere la modifica delle legge per renderla conforme agli altri Stati europei (con la libera vendita delle sole dosi ridotte), si limitò a promettere che la farmacia, in cambio della perdità dell’esclusività di vendita dei Sop ed Otc, sarebbe diventata il terminale sul territorio del sistema sanitario.
Ora apprendiamo che ciò significava lasciare alle farmacie la spedizione delle ricette, la prenotazione del Cup e la copertura dei turni festivi, pomeridiani e notturni., che chiaramente non interessano alla grande distribuzione.
Il problema è che purtroppo, nonostante i sondaggi sbandierati dalla categoria, la posizione del farmacista è vista nell’immaginario collettivo come quella di un parassita che gode di una grossa rendita di posizione.
Invece occorre far comprendere che il numero chiuso delle farmacie è indispensabile per garantire un uso sicuro di prodotti che sono ad elevato rischio per la salute pubblica. Tale concetto è unanimemente accettato in tutti i Paesi europei ed anche in Italia le professioni che godono delle stesse prerogative non stanno incontrando le stesse pressioni avverse.
Ma è proprio l’accettazione passiva di ciò che sta accadendo, la debole difesa finora mostrata contro tutte le frecce scagliate di cui parlavamo in apertura dell’articolo, ad ingenerare nella pubblica opinione la sensazione che la categoria stia ancora vivendo tra agi e privilegi.
Invece chi vive quotidianamente le problematiche della farmacia sa bene che ove questa modifica dovesse passare, essa segnerà la fine della corsa per gli attuali titolari di farmacia.
Federfarma annuncia trionfante ogni mese la riduzione dei fatturati verificatasi con il S.S.N., ma sappiamo bene che ciò non comporta una riduzione del lavoro, poiché la riduzione avviene sul costo medio e non sul numero di pezzi, per cui costi di personale e di gestione si incrementano sempre di più.
La crisi finanziaria delle regioni meridionali si è ribaltata coi fornitori del Servizio Sanitario, specie le farmacie che non vendono servizi ad alto valore aggiunto ma medicinali che essi devono pagare ai propri fornitori, almeno finchè potranno.
Ove il fatturato dovesse ridursi unicamente a quello delle prescrizioni mutualistiche o dei turni festivi e notturni, andremo incontro al licenziamento di pressocchè tutti i collaboratori e la chiusura delle farmacie minori che non riusciranno a garantire più la sussistenza al titolare.
Se è questa la volontà del Parlamento allora ciò deve essere compreso dall’opinione pubblica e non mascherato come “agevolazione per le attività produttive.
Bisogna sbandierare alte le statistiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che mostrano come in tutti i casi in cui la rete di accesso al farmaco viene allargata, aumentano in modo esponenziale le malattie da farmaco.
La categoria dei tassisti è stata in grado di ottenere praticamente l’annullamento delle misure che la riguardavano, pur gestendo il traffico di poche grandi città.
La capillarità delle farmacie, che è sempre stato il vanto della categoria, deve ora divenire lo strumento per attuare manifestazioni di massa che coinvolgano ed attirino tutti i cittadini che hanno usufruito dei servizi della farmacia e sanno che nella stessa hanno sempre trovato non lo smercio di una merce comune ma anche la soluzione ai propri bisogni di salute.
La categoria ha già dato fin troppo al risparmio ed alla modernizzazione: la legge in discussione ove venisse confermata al Senato comporterà la cessazione del sistema farmaceutico.
Non c’è più spazio per concedere poiché la farmacia è alla fine della corsa.
come non essere d’accordo col dott. guerriero? ma il quesito che mi pongo è il seguente:quando noi farmacisti smetteremo di piangere sul latte versato e cominceremo a muoverci come una vera lobby facendo pesare il nostro potere “contrattuale” nei confronti della politica? E’ finito il tempo delle politiche di concorrenza tra colleghi (sistema che ho sempre considerato miope oltre che miserabile). E’ giunto il momento di pensare che la morte del collega-concorrente non è la vita ma il preludio della nostra fine. massima maffei