Finamente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11221 del 16/5/2007, ha ammesso la possibilità che i giudici tributari esaminino le dichiarazioni rese da altri soggetti a favore del contribuente.
Invece finora esisteva una grave disparità tra il Fisco ed il contribuente in quanto il processo tributario è per sua natura un processo documentale, cioè basato solo sull’esame dei documenti prodotti nel giudizio.
Tuttavia accade normalmente che nei documenti esaminati dai giudici tributari sono compresi verbali ed altri atti redati dalla Guardia di Finanza o da impiegati della Agenzia delle Entrate che riportano dichiarazioni di terzi (persone diverse dal contribuente): basti per tutte pensare alle dichiarazioni raccolte dinanzi alle farmacie da clienti che asseriscono di non aver ricevuto lo scontrino fiscale o di averlo ricevuto con misura inferiore a quanto pagato.
Pertanto tali testimonianze, benchè vietate nel processo tributario, vi entravani dalla finestra attraverso il rapporto del verificatore e, quindi, influenzavano in maniera spesso decisiva l’esito del giudizio.
Stante tale evidente disparità, la Corte di Cassazione, alle cui decisoni devono uniformarsi i giudici che esaminano nel merito le cause, ha finalmente riconosciuto che anche al contribuente spetti il potere di introdurre dichiarazioni rese da terzi, ai quali va dato lo stesso valore di quelle raccolte dal Fisco.
Sarà pertanto da ora in poi meno difficile contestare accertamenti in cui vengono accertati fatti non corrispondenti al vero o disconosciuti, per esempio, gli sconti praticati rispetto ai prezzi di listino.