Il Consiglio di Stato, con la sentenza numero 2110 dell’8/5/2007 (il cui testo integrale può essere ottenuto cliccando sul link al termine di questo articolo) ha ritenuto che la legge 267/2000 ha regolato l’intera materia delle forme giuridiche di prestazione dei servizi pubblici locali, determinando l’abrogazione delle leggi anteriori che regolavano le forme di prestazione di singoli servizi, in particolare l’art 9 comma 1, l. n. 475 del 1968 che consentiva ai comuni di costituire società di capitali solo tra il comune e farmacisti dipendenti di farmacie comunali.
Conseguentemente ha stabilito che un Comune può legittimamente decidere di trasformare l’azienda speciale per le farmacie comunali in società per azioni e di alienare poi a terzi, non farmacisti, una quota minoritaria del capitale sociale.
E’ stato pertanto respinto l’appello proposto da Federfarma e Urtofar contro la delibera del Consiglio comunale di Grosseto contenente la decisione di cedere, mediante gara pubblica, una parte minoritaria del pacchetto azionario (49%) della società Farmacie Comunali Riunite a società attivE nel settore della distribuzione farmaceutica.
Parimenti è stata respinta l’eccezione di incostituzionalità della legge che, conentendo la cessione in blocco, favorisce l’acquisto delle quote da parte di società di grande distribuzione dei farmaci, creando un conflitto tra l’interesse alla promozione dei propri prodotti e quello all’imparziale distribuzione di tutti i farmaci
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