In questi giorni tutti i fornitori degli enti pubblici stanno ricevendo una richiesta di autocertificazione con cui devono dichiarare se a loro carico esistono cartelle esattoriali scadute e non pagate.
Ciò è la conseguenza di una tra le tante innovazioni introdotte dal Governo la scorsa estate coi cosiddetti decreti Bersani/Visco.
Infatti il nono comma dell’art. 2 del D.L: 262/2006ì prevedeva che le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto, prima di eseguire un pagamento di importo superiore a 10.000 euro, verificare se il beneficiario fosse inadempiente all’obbligo di pagamento di cartelle esattoriali per un importo complessivo pari almeno a detto importo.
Il comma successivo della legge però demandava le modalità di attuazione di tale controllo incrociato ad un Regolamento da emanare da parte del Ministro dell’Economia e delle Finanze…….(clicca su continua per leggere il resto dell’articolo) [download=6][download=11][download=12][download=13]
Tale decreto si rivelò ben presto di difficile attuazione poiché apparvero subito le grosse difficoltà tecniche e pratiche da superare per consentire a tutte le pubbliche amministrazioni un celere controllo automatico incrociato senza tuttavia violare il legittimo diritto dei cittadini alla tutela della riservatezza dei propri dati fiscali.
Pertanto la norma fu ben presto dimenticata e probabilmente sarebbe andata ad incrementare il numero delle buone intenzioni rimaste tali.
Invece improvvisamente sul punto è intervenuta la Ragioneria Generale dello Stato (?) che, in pieno periodo di ferie, ha emanato la circolare n. 28 del 6 agosto 2007, con cui ha inteso sostituirsi al Ministro dell’Economia fornendo disposizioni operative alle amministrazioni pubbliche.
Secondo il ragionamento di qualche estivo burocrate della Ragioneria, infatti, la mancata emissione del Regolamento non impedisce l’applicabilità della norma, per cui in attesa che il Ministero disponga le idonee procedure, l’adempimento del controllo incrociato può essere fatto gravare sul beneficiario il quale pertanto, al momento di ricevere il pagamento dovrà autocertificare, con atto notorio, di non avere cartelle esattoriali non pagate per un importo pari ad almeno 10.000 euro.
Qualora il beneficiario non rilasci la autocertificazione o indichi cartelle esattoriali per un importo superiore ai 10.000 euro, il pubblico ufficio deve sospendere l’intero pagamento (non solamente l’importo delle cartelle) ed avvisare il concessionario della riscossione affinché si attivi per il pignoramento della somma giacente.
Giustamente il solerte burocrate si è poi preoccupato della possibilità che il beneficiario possa ricevere la notifica della cartella esattoriale dopo aver rilasciato l’autocertificazione e, per scongiurare tale incresciosa possibile evenienza, ha determinato che la validità dell’autocertificazione debba essere al massimo di 20 giorni (non si comprende perché non 30 o 15 ma proprio 20).
In termini pratici ciò significa che i fornitori abituali, come i titolari di farmacia, avrebbero dovuto rinnovare l’autocertificazione ogni 20 giorni. Ma anche a voler, per esempio, allegare la autocertificazione alla distinta contabile riepilogativa, nel caso in cui l’amministrazione impieghi più di venti giorni ad emettere il mandato di pagamento (quando mai si è visto in Campania un pagamento prima di 20 giorni?), il funzionario avrebbe dovuto sospendere il bonifico e richiedere una nuova autocertificazione.
Per fortuna l’assurdità della pretesa è stata talmente evidente che la stessa Ragioneria ha dovuto il 4 settembre pubblicare la nuova circolare n. 29 con cui ha acconsentito, bontà loro, che per i pagamenti periodici possa bastare una sola autodichiarazione la quale però deve contenere l’espresso impegno a comunicare tempestivamente e senza indugio qualora dovessero essere notificate cartelle esattoriali successivamente.
Nonostante tale correttivo è evidente che un titolare che dovesse subire la notifica di una cartella ingiustificata, oltre a sopportare il costo della difesa tributaria si ritroverebbe anche a dover fronteggiare il blocco degli incassi.
Parimenti evidente è l’eccesso di potere attraverso il quale una circolare (che ha solo valore interpretativo) si arroga il diritto di inventarsi le modalità di applicazione di una legge, esplicitamente invece demandati dal Parlamento ad un Regolamento (che ha valore normativo)
Purtroppo già sappiamo che i funzionari degli enti pubblici difficilmente avranno il coraggio di disattendere la circolare in oggetto, pur nella sua illegittimità.
Pertanto per evitare il definitivo collasso dei mandati di pagamento da parte delle ASL, l’unica strada che appare percorribile è l’impugnativa della circolare in oggetto innanzi al Tar Lazio, chiedendo la immediata sospensione dei suoi effetti. Al fine di ridurre le spese, il ricorso potrebbe essere promosso collettivamente.
In alternativa (o in aggiunta) bisognerà purtroppo spingere con ancora maggiore determinazione sulla strada dei decreti ingiuntivi che la stessa Circolare, con un ultimo sprazzo di lucidità giuridica, ha ammesso non essere soggetti all’obbligo dell’autocertificazione.
Salvo poi, in occasione del prossimo versamento delle imposte di novembre e giugno, sognare e sperare che la Ragioneria autorizzi la sospensione di tali versamenti fino a quando i titolari delle farmacie site nelle regioni ritardatarie non avranno recuperato gli arretrati loro spettanti ……………..
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