ROMA (1 dicembre) – Scattano oggi i nuovi ticket in aggiunta a quello attuale massimo di 36,15 euro su prestazioni ambulatoriali (4 euro a ricetta in più), fisiokinesiterapia (5 euro), risonanza magnetica e Tac (15 euro). Entrano in vigore anche gli aumenti sui farmaci: 4 euro di ticket per ogni confezione che abbia un costo superiore a 5 euro. Per quelli che hanno un prezzo inferiore e fino a 5 euro il contributo è, invece, fissato a 2,50 centesimi. Per gli esenti per patologia e non per reddito il contributo è di 2 euro per confezione; che scende a 1 euro per tutti i pazienti esenti per patologia e invalidità. Il provvedimento di “compartecipazione alla spesa sanitaria” firmato dal commissario ad acta per la Sanità, Piero Marrazzo, punta a recuperare in bilancio quasi 160 milioni di euro e a contenere il consumo dei farmaci (sceso dell’11 per cento a ottobre dopo le prime misure di compartecipazione varate a settembre) introducendo allo stesso tempo degli elementi di deterrenza per gli esami specialistici, in particolare per Tac e risonanze. Per questi ultimi esami il Lazio vanta il primato nazionale dell’inappropriatezza: i dati del ministero della Sanità – fa sapere la Regione – dicono che il 70 per cento di questo tipo di prestazioni, che costano 170 euro ognuna, non sono necessarie. «Ma il ticket – commenta Franco Caprino, segretario romano di Federfarma – è una tassa a tutti gli effetti. Il paradosso è che la stessa giunta che fece la sua campagna elettorale sull’abolizione del ticket quand’era fissato a 1 euro e veniva pagato da tre cittadini su dieci, ora è costretta a rimetterlo. Sia chiaro: in tutta Europa si paga un ticket, ed è giusto che avvenga. Ma ora ai cittadini del Lazio si stanno chiedendo pure gli interessi». Tuona l’ex governatore della Regione, Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra: «La sinistra ci linciò per un ticket assolutamente modesto. E ora scatena con Marrazzo la guerra ai malati, dopo aver detto solo bugie sul debito. Oggi i cittadini del Lazio pagano i debiti della Regione degli ultimi tre anni. È uno scandalo».
Sulle tasche dei contribuenti del Sistema sanitario regionale peseranno quei farmaci per cui non esiste un equivalente generico. Vale a dire quelli per cui è ancora in corso la validità del brevetto e considerati di “nuova generazione”. Restano esclusi dalla compartecipazione tutti i farmaci distribuiti dalle farmacie per nome e per conto della Regione. «Si tratta – spiega in una nota Marrazzo – di quelli più costosi che vengono acquistati direttamente dalla Regione e distribuiti soltanto attraverso la rete delle farmacie. Il piano di rientro – ha detto Marrazzo – serve a eliminare gli sprechi. È un passaggio necessario se si vuole salvare il sistema sanitario pubblico universalista e in grado di garantire il diritto alla salute di tutti i cittadini».
Il provvedimento riguarda il 50 per cento della popolazione laziale poiché il restante gode delle esenzioni, vale a dire un cittadino su due. Sono esentati dalle misure i titolari delle pensioni minime e sociali, i disoccupati e tutti i nuclei familiari con reddito inferiore a 11.362 euro, incrementato di 516 euro per ogni figlio. Sono altresì esentati i portatori di patologie neoplastiche maligne, i pazienti in attesa di trapianti di organi e i titolari di pensioni sociali, gli invalidi civili, gli infortunati sul lavoro o affetti da malattie professionali, gli obiettori di coscienza in servizio civile, donatori di organo, le vittime del terrorismo e criminalità. Esclusi dal contributo, medicazioni e presidi per i diabetici e gli alimenti per i celiaci. La misura di compartecipazione infine non sarà dovuta dagli anziani oltre i 65 anni e per i bambini fino a 6 anni il cui nucleo famigliare abbia un reddito inferiore a 36 mila euro.
«Eravamo contrari e restiamo assolutamente contrari all’introduzione dei ticket – afferma Giuseppe Scaramuzza, presidente del Tribunale del Malato Cittadinanzattiva – sono misure che vanno sempre e solo contro gli interessi del cittadino. Oggi, per esempio, chi deve acquistare quotidianamente i farmaci tiroidei che costano poco meno di 2 euro al giorno, paga di meno senza ricetta, presentando unicamente una prescrizione. Più clamorosa ancora – aggiunge – è la tassa aggiuntiva di 15 euro sulla diagnostica. Se questi esami sono inappropriati perché non si fanno i controlli? Ci saremmo aspettati più rigore, invece a riparare gli sprechi ci dovranno pensare i cittadini». Scaramuzza domani incontrerà il subcommissario alla Sanità Mario Morlacco. «Gli chiederemo conto di decine di segnalazioni che ci sono arrivate dai pazienti reumatici del San Camillo e dai neuropatici del Sant’Eugenio – spiega – Malati cronici e spesso giovani a cui gli ospedali stanno interrompendo le cure perchè non ci sono più i fondi nei budget. Si fanno i conti economici, ma non si calcolano i costi indiretti che si giocano sulla pelle dei cittadini».