Quante vite ha un farmaco? Non è chiaro. Può dipendere dalle sue caratteristiche, dall’epoca in cui nasce e dall’attenzione che gli viene prestata dai chimici. Non è un mistero che l’aspirina ha un eccellente effetto per evitare la formazione di trombi nei vasi sanguigni, ma non è nata per questo; il caso dell’Imatinib è esemplare: ottimo farmaco anti tumorale che si scoprì essere un eccellente rimedio alla glicemia alta, tanto da far sospendere la cura per il diabete al paziente a cui il destino riservò l’onore di far scoprire questo interessante effetto collaterale dell’Imatinib. Sono decine e decine i casi di riutilizzi di vecchi farmaci, spolverati e riadattati ad esigenze diverse rispetto a quelle che lo avevano generato. Con la scienza si cerca di eliminare la dipendenza dall’elemento casuale, ed ecco perchè l’Università di Stanford ha sviluppato un software per accostare i farmaci alle malattie, con l’intenzione di scoprire eventuali interazioni tra farmaci e malattie non precisamente “nate per stare assieme”. I ricercatori responsabili del progetto, parlano di una sorta di software per cuori solitari, che cerca corrispondenze tra vecchi farmaci e nuove malattie. “In pratica, cercavamo sostanze capaci di produrre sull’ attività dei geni effetti opposti a quelli ritenuti alla base delle diverse malattie. Due ipotesi emerse da questa analisi sono state poi confermate in laboratorio: l’ antiepilettico topiramato ha ridotto i sintomi di malattie infiammatorie intestinali come morbo di Crohn e colite ulcerosa; l’ antiulcera cimetidina ha ritardato la crescita del tumore polmonare”. Sono le parole di Atul Butte uno dei responsabili del progetto. L’idrossiclorochina, un antimalarico, secondo una ricerca tutta italiana, potrebbe aiutare i malati di Aids. Mario Clerici, dell’Università di Milano, ha utilizzato questo vecchio medicinale per ristabilire il livello di linfociti T in una ventina di pazienti, a cui l’antivirale non aveva prodotto effetti benefici. Lunga vita, e tante vite, ai farmaci vecchi e nuovi.