La spesa farmaceutica – nel primo semestre 2011 – è in calo in Italia del 6,4%. Lo certificano i dati appena pubblicati dall’Agenas, l’agenzia sanitaria nazionale.
Questa è l’organismo che “suggerisce” le politiche sanitarie a tutte le regioni, soprattutto a quelle interessate dai Piani di rientro dal debito e/o commissariate. In Abruzzo questo calo, a ben leggere le tabelle pubblicate, è del 2,7% su base semestrale, con una spesa di 133,9 milioni di euro rispetto a 137.754.047 dell’anno scorso. Un dato passato sotto silenzio ma che contraddice clamorosamente tutto quello che l’Ufficio del Commissario alla sanità ha propagandato per giustificare le restrizioni alla dispensazione dei farmaci o alla distribuzione obbligatoria nelle farmacie ospedaliere anche per specialità non ad alto costo, o per motivare l’introduzione del ticket come freno agli sprechi. L’Agenas, invece, dice che il trend è al ribasso nei consumi registrati, come sosteneva Federfarma, l’associazione che raggruppa le farmacie e che fornisce i dati alla Regione. E se aumento c’è, va ricercato forse nel consumo dei farmaci ospedalieri, spesso incomprimibile e quasi sempre sconosciuto (non vengono pubblicati dati disaccorpati tra farmacie e ospedale, anche se si può conoscere questo consumo sottraendo al totale la spesa sul territorio). In realtà Asl per Asl si sa perfettamente quanto costa curare le patologie acute o croniche che si curano in ospedale, vedi l’Aids, che durano anni e che costano mediamente oltre 3 mila euro ogni mese per ogni malato. Anche l’epatite curata con l’interferone non costa meno.
Così come i farmaci per curare i tumori o quelli per le malattie del sangue. Detto in altri termini: l’eccellenza in sanità ha un costo. Ed un conto è curare la pressione arteriosa a domicilio con le medicine equivalenti o generiche che dir si voglia, un altro è maneggiare i farmaci retro virali o la chemioterapia. Si tratta di capire se questa è una spesa a perdere o un investimento. Ma si tratta anche di capire se tutti i discorsi sulla spesa farmaceutica che aumenta e che va tagliata nascondono qualche altra finalità, visto che i dati pubblicati smentiscono l’allarme. Ad esempio potrebbero giustificare gli incentivi ai medici di medicina generale, chiamati a combattere una battaglia già vinta legando il premio erogato ai singoli medici alla diminuzione della spesa che c’è già stata. Il comunicato Agenas che rilancia questo risparmio del 6,4% e le tabelle riassuntive contengono anche altre notizie interessanti: ad esempio che il numero delle ricette dal 2010 al 2011 è passato in Abruzzo da 7 milioni e 427 mila a 7 milioni e 604 mila. Cioè un più 2,4% rispetto al più 1,1% nazionale. Insomma la collaborazione dei medici a prescrivere di meno non c’è stata, ci ha salvato la riduzione per l’introduzione dei farmaci equivalenti che costano mediamente molto di meno. Se incentivo per i medici ci deve essere dunque, sarebbe meglio legarlo non alla minore prescrizione, ma alla scelta di farmaci meno costosi, sostituendo – ad esempio – un antibiotico da 30 euro con uno equivalente da 5 euro. Infine c’è l’aggravio di spesa per i cittadini abruzzesi a causa del ticket (le famose mani in tasca) che nel 2011 è di oltre 3 milioni di euro in più rispetto al 2010, tutti soldi sottratti al commercio, ai consumi e al risparmio. Si dirà: aspettiamo i dati annuali, vediamoli disaccorpati. Certamente: aspettiamo. Ma si poteva aspettare anche per introdurre il ticket o altre limitazioni altrettanto gravose.