TREVIGLIO — Dopo il dietrofront del governo sulle liberalizzazione della vendita dei farmaci anche nei supermercati, abbiamo chiesto a Patrizia Siliprandi, già osservatore per il mondo femminile nella Commissione unica del farmaco, un’analisi per fare chiarezza su quanto sta avvenendo nel settore.
Siliprandi, come le sembra questa liberalizzazione?
Nulla è cambiato, per ora. Le parafarmacie attualmente possono vendere tutti i farmaci da automedicazione, cioè quei farmaci vendibili senza ricetta medica.
Quali per esempio?
Molti sciroppi per la tosse, aspirina, antinfiammatori a basso dosaggio come il Moment e così via. Ma anche antiacidi, creme antinfiammatorie come il Voltaren, alcuni antistaminici eccetera. In pratica tutti i farmaci di cui si può fare pubblicità che sono denominati Otc (over the counter) ed alcuni farmaci di cui è vietata la pubblicità, denominati Sop, vendibili comunque senza ricetta medica, come ad esempio la Tachipirina.
La liberalizzazione del governo era così rischiosa per farmacisti e utenti?
La manovra Monti avrebbe aperto alle parafarmacie la vendita di tutti i farmaci con ricetta: dalle pillole anticoncezionali al Tavor, passando per il Valium, e così via, ad esclusione dei farmaci rimborsabili dal sistema sanitario nazionale. Come può il farmacista attuare la farmacovigilanza, il controllo dell’appropriatezza della prescrizione, il consiglio, l’informazione in un corner di supermercato? Con quale autorevolezza e professionalità?
Me lo dica lei?
Sarebbe come dire che un notaio può aprire un banchetto in un centro commerciale o un medico può fare prescrizioni in un supermarket. La farmacie sono sottoposte al controllo rigoroso dell’Asl, controllo che garantisce un servizio ineccepibile all’utente.
Ma non è una difesa un po’ lobbistica?
La liberalizzazione dei farmaci con ricetta non avrebbe portato alcun risparmio di spesa, sia per l’utente sia per lo Stato, in quanto il prezzo di tali farmaci è fisso.
Quindi quale sarebbe la soluzione migliore per il settore?
Si potrebbe attuare un vero risparmio attraverso le cosiddette “confezioni ottimali”, che non consentono lo spreco di capsule non utilizzate o, come fanno negli Stati Uniti, con il confezionamento ad personam da parte del farmacista. Oppure, ancor meglio, ritornare al farmacista preparatore. Ma credo che lo scoglio principale da superare sia l’industria farmaceutica, vera e unica lobby del settore.