Roma, 12 gen – E’ insostenibile dal sistema ”il numero di farmacie che si andrebbero ad aprire nel caso fosse confermata la bozza di articolato in materia di liberalizzazione, circolata nelle ultime ore. Dai primi calcoli effettuati daFederfarma, infatti, per effetto del nuovo rapporto farmacia/abitanti e della prevista apertura di ulteriori farmacienelle stazioni, negli aeroporti, nelle aree di servizio autostradali e nei centri commerciali, si aprirebbero circa 7000 farmacie, pari al 40 per cento in piu’ rispetto al numero attuale”. E’ quanto si legge in una nota della Federazione nazionale che rappresenta le oltre 16.000 farmacie private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale.
In un mondo che punta alla concentrazione, prosegue la nota, ”un aumento cosi’ rilevante non sarebbe sostenibile in alcun settore; tanto meno e’ sopportabile nel settore delle farmacie, considerando che il consumo di farmaci e’ anelastico e non va comunque incentivato e che la spesa farmaceutica convenzionata e’ in costante calo, anche per la crescente diffusione dei farmaci generici di prezzo piu’ basso. Va inoltre considerato che molti farmaci, per lo piu’ costosi, vengono in misura crescente distribuiti direttamente dalle strutture pubbliche e non passano quindi per le farmacie”.
Incomprensibile poi ”la previsione di far rientrare dalla finestra la vendita nelle parafarmacie e nei supermercati dei farmaci di fascia C con obbligo di ricetta. Tale possibilita’, superata dal Parlamento in occasione della recentissima approvazione del decreto Salva-Italia, verrebbe introdotta a macchia di leopardo, nelle Regioni nelle quali non si dovesse riuscire ad espletare i concorsi e ad assegnare nei ristretti tempi previsti almeno l’80 per cento delle nuove sedi farmaceutiche. In questo modo si creerebbero anche assurde differenziazioni tra Regione e Regione”.
”Sarebbe paradossale – commenta il presidente di Federfarma, Annarosa Racca – intervenire nuovamente su questa materia, prima ancora di aver sperimentato gli effetti delle norme previste dal Decreto Salva-Italia e prima che il Ministero della salute abbia individuato i farmaci che dovranno rimanere nelle farmacie con obbligo di ricetta”.
”Altrettanto assurda – conclude – e’ la riduzione da due anni a soli sei mesi del tempo massimo concesso agli eredi per vendere la farmacia in caso di decesso del titolare, con il rischio di chiusura dell’esercizio. Apprezziamo comunque che il Governo sembra orientato ad affrontare in modo organico l’ammodernamento del servizio farmaceutico, nel rispetto dei principi generali che sono alla base della normativa attuale e che hanno anche ottenuto l’apprezzamento della Corte di Giustizia Europea”.