Germania batte Italia per flessibilità del modello, ma Italia batte Germania per redditività delle imprese. È il risultato calcistico del confronto tra farmacie tedesche e nostrane che ieri è scaturito dal seminario organizzato a Pisa da Laboratorio farmacia, il think tank della professione che vanta tra i propri partner la Scuola superiore Sant’Anna. Ospite dei lavoriWolfgang Kempf, titolare in terra tedesca, consigliere dell’associazione regionale dei farmacisti del Rheinland-Pfalz e componente del Epf, European pharmacists forum. In circa un’ora di relazione, Kempf ha tracciato il ritratto della farmacia teutonica, regolamentata severamente nella proprietà (titolarità esclusiva del farmacista, catene vietate) ma estremamente liberale nelle aperture, per le quali non esistono paletti demo-geografici. «Da noi è il mercato a determinare le aperture» ha detto Kempf senza mezzi termini. Questo tuttavia non ha comportato eccesso di offerta (da anni il rapporto farmacie-abitanti resta saldo a 3.800, decisamente meglio di quello italiano) anche se uno squilibrio tra zone più e meno favorevoli si avverte: in una città come Berlino il quorum scende a 1.000 abitanti per farmacia, nelle zone più rurali sale a ottomila. E poi la stabilità del rapporto non significa stabilità delle farmacie: nel 2011 hanno chiuso circa 200 farmacie e il 2012 rischia di essere peggio-
Il fatto è che le farmacie tedesche risentono della crisi della spesa farmaceutica pubblica proprio come quelle italiane, e se qui c’è il pht a erodere i fatturati, là c’è l’e-commerce: la vendita via Internet di medicinali è consenta anche sugli etici e ormai vale il 10% del mercato complessivo, una fetta sulla quale i titolari tedeschio sentono la concorrenza aggressiva dei colleghi olandesi (Doc Morris solo per ricordare un caso). Anzi, quando s’è parlato di fatturati i titolari italiani presenti in sala hanno cominciato a sentirsi un po’ meglio, nonostante le preoccupazioni per il decreto sviluppo: in Germania, infatti, il giro d’affari medio di una farmacia si aggira attorno a 1,2-1,5 milioni di euro all’anno (più o meno come in Italia), ma il suo utile operativo (compreso il compenso del titolare) si aggira sui 64mila euro. I motivi? «In Germania» ha spiegato Kempf «il sistema sanitario ci chiede di lavorare sempre di più ma continua a pagarci sempre lo stesso da anni». Allora è vero che tutto il mondo è paese.