Il Dottor Sechi analizza – dati alla mano – l’impatto della variazione del quorum e del contributo di solidarietà e ripropone il quesito sulle modalità di esame per chi sceglie la gestione associata.
Tanti sarebbero gli argomenti da dibattere in questo momento così cruciale per la categoria dei farmacisti, ma voglio focalizzare queste mie riflessioni su tre punti che, secondo me, sono la chiave di volta nell’ottica di chi ha speranza di migliorare la propria posizione, ma riguardano anche altre problematiche:
- il quorum
- il concorso
- la solidarietà
Il quorum
Il secondo e terzo comma dell’art. 1 della legge 2 Aprile 1968, n.475 e successive modificazioni, sono sostituiti dai seguenti: “Il numero delle autorizzazioni è stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 3.000 abitanti. La popolazione eccedente, rispetto al parametro di cui al secondo comma, consente l’apertura di una ulteriore farmacia , qualora sia superiore a 500 abitanti; nei comuni fino a 9.000 abitanti, l’ulteriore farmacia può essere autorizzata qualora la popolazione eccedente, rispetto al parametro, sia superiore a 1.500 abitanti”.
Il tal modo, considerando il quorum di 3.000, avremo la seguente situazione:
Nella fascia dei Comuni con popolazione superiore ai 9.000 abitanti, verrebbero aperte 3.972 farmacie, mentre nella fascia dei comuni al di sotto dei 9.000 abitanti, si aprirebbero 2.039 farmacie. Le nuove aperture, in totale, sarebbero quindi di ben 6.011 unità.
Non voglio entrare nel merito della sostenibiltà di un simile impatto in un contesto da troppo tempo stagnante e di cui tutti, ormai, hanno ampiamente dissertato in queste settimane .
Preferisco riferirmi al sistema che è stato usato, ancora una volta, basato essenzialmente solo su operazioni matematiche semplici ed elementari.Mi sarei aspettato, dai Bocconiani al governo, qualcosa di più innovativo e, soprattutto, che rispondesse all’ esigenza di aprire le farmacie dove effettivamente servono.
Il parametro del “quorum”, infatti, dovrebbe essere considerato la base di partenza di uno studio più complesso, che implichi le esigenze di salute non legate semplicemente al numero di abitanti, bensì a tantissimi altri fattori e variabili esistenziali, che fanno la differenza fra i 3.000 abitanti che abitano in un centro rurale isolato, e i 3.000 abitanti che rientrano nella pianta organica di un comune come Milano, o Roma o degli altri centri con popolazione almeno superiore ai 50.000 abitanti.
Le esigenze e le richieste di salute non sono sovrapponibili e non lo sono nemmeno le capacità di spesa dei cittadini.
Forse era necessario inserire un parametro di differenziazione in riferimento all’età media degli abitanti, e della elevata percentuale di anziani in determinati Comuni.
In sintesi, direi che il parametro dei 3.000 abitanti non dà certezza di sostentamento economico alla farmacia nei centri dove è elevata la percentuale dei pensionati, magari con assegno sociale, mentre in altre situazioni e in altre realtà, i 3.000 abitanti potrebbero essere considerati sufficienti, a garanzia del puntuale servizio farmaceutico.
Il concorso Straordinario per Titoli ed Esami.
Il concorso era nato per soli titoli, che dovrebbero essere di studio e di servizio.
Di questo, ad esempio, avrebbero potuto avvantaggiarsi quei rurali sussidiati che da almeno 20 anni e più, hanno vissuto nella speranza di migliorare la loro posizione sociale. Nei piccoli paesini, persino le scuole arrivano massimo fino alla terza media e, in una sede più grande, l’avanzamento avrebbe quantomeno consentito ai figli di non andare lontano da casa, per seguire i corsi di studio, dalla terza media in su.
Il rurale che vince e si sposta, lascia la propria sede e consente il ricambio.
Ma gli egoismi prevalgono e fanno sì che questo rurale, ormai assuefatto al troppo ossigeno delle sue montagne, e che potrebbe entrare in grave sofferenza a contatto con lo smog della città, sia meglio lasciarlo morire dove sta, … insieme alle sue speranze.
Con questo decreto, inoltre, per favorire giustamente i giovani, ora si potrà concorrere per la gestione associata che diventa indissolubile, pena la decadenza.
Con il concorso per soli titoli, tutto ciò era gestibile. Ora che si sono aggiunti gli esami, come si potrà fare?
Sarà consentito l’esame di gruppo come nel ’68? Risponderà chi sa e gli altri annuiscono?
Esimi Bocconiani, chiariteci al più presto questa incongruenza.
La solidarietà imposta per legge
Le farmacie istituite nei centri sotto i 1.000 abitanti, saranno sovvenzionate con un contributo versato dalle farmacie Urbane.
Facciamo un po’ di conti:
– i Comuni al di sotto dei 1.000 abitanti, sono 1.948;
– lo stipendio medio netto di un farmacista collaboratore, si aggira attualmente intorno ai 1.300 euro per 14 mensilità;
Il 150% di adeguamento previsto dal decreto, corrisponderebbe, mediamente a euro 2.275,00 , calcolato in 12 mensilità,
Naturalmente, da tale importo, andrebbe detratto il reddito netto prodotto dal farmacista, grazie alla sua attività nella sede rurale in cui opera.
A titolo esemplificativo, vediamo cosa comporta ora questa liberalizzazione:
qualora il titolare della farmacia dovesse produrre un reddito netto di 1.000,00 euro mensili, otterrebbe una compensazione aggiuntiva non inferiore a 1.275, 00 euro al mese.
Se dovessimo considerare il reddito delle suddette 1.948 farmacie site nei Comuni sotto i mille abitanti, pari a zero euro, l’ENPAF dovrebbe chiedere, ai 12.686 Titolari Farmacisti Urbani, il versamento complessivo di euro 4.431.700,00 al mese.
Mediamente, quindi, ogni farmacia urbana, avrebbe una ulteriore trattenuta di 349,33 euro al mese per 12 mesi.
Tale cifra è, pertanto, da considerarsi un tetto massimo medio di contribuzione.
Forse non sarebbe la fine del mondo ma, anche così, le conseguenze potrebbero essere non aderenti al progetto del governo.
Ho considerato TUTTI i comuni al di sotto dei 1.000 abitanti in quanto ora, con questo decreto, aprire la farmacia nei paesetti più piccoli potrebbe interessare anche chi (spero in forma residuale), trascurando il ruolo sociale del servizio farmaceutico sul territorio, volesse molto più banalmente considerare l’acquisizione di un reddito sicuro di 3.275,00 euro mensili, senza sforzo e nemmeno rischi.
Infatti anche il Comune di Pedesina (SO), con i suoi 34 abitanti, stavolta, potrebbe avere la propria Farmacia e mi auguro, con tutto il cuore, che il collega che vorrà aprire la farmacia in questo simpatico paese, lo faccia per prendersi cura dei 34 abitanti e non soltanto per l’assegno che gli sarebbe dato dal farmacista urbano che lo ha “adottato” e che, nel pieno rispetto “evangelico” della parabola del fariseo e del pubblicano, affiderà l’obolo all’ENPAF.
Non si comprende, inoltre, per quale motivo la gestione del fondo di solidarietà non sia stata affidata all’esistente “FONDO DEI FARMACISTI RURALI” che tanto bene, negli anni, ha gestito l’assistenza e anche la previdenza per i titolari di farmacia rurale.
In tempi non sospetti, a tale fondo contribuiva anche la Farmindustria.
Credo che la gestione della “fase due”, sia stata fatta davvero in modo troppo frettoloso e superficiale, per la nostra categoria, quasi a dispetto, ma i danni potrebbero essere veramente irreversibili.
Non si dimentichi che il fatturato delle farmacie rurali è, per almeno l’85%, e, per ora, determinato dal Servizio Sanitario Nazionale.
Se dovessero uscire dalla farmacia molti farmaci a carico del cliente, tale percentuale sarebbe destinata a salire in modo pericoloso: la farmacia, come qualsiasi altra impresa, con un solo cliente moltiplica i propri rischi di insolvenza in modo esponenziale.
Questo impone il possesso della liquidità necessaria per le antecipazioni dei farmaci al SSN e, se non si consente la salvaguardia della gamma di farmaci a carico del paziente che determina la liquidità immediata, è ovvio che facilmente il sistema imploderebbe e anziché benessere, porterebbe a tanti fallimenti (non dimentichiamo che in molte regioni le Asl pagano con molto ritardo, e questo accentua le sofferenze e i rischi).
Non mi rimane che sperare in una attenta riflessione dei Tecnici al governo, prima che mandino tante persone allo sbaraglio, anziché favorire la crescita del Paese.
Dott.Pasquale Sechi
Farmacista Titolare Rurale Sussidiato e presidente dell’Associazione Titolari di Farmacia della Provincia di Oristano (Federfarma -Oristano)