Sono un giovane farmacista non titolare (né di farmacia,né di parafarmacia) e lavoro come collaboratore presso le farmacie comunali di Ascoli Piceno.
In questi giorni, leggendo gli emendamenti proposti, tanto dal pdl quanto dal pd, al decreto “cresci Italia” in materia di farmacie, provo preoccupazione e delusione.
Se questi emendamenti venissero approvati, infatti, verrebbe completamente meno l’intento originario del decreto sulle liberalizzazioni, la volontà cioè di aprire un mercato chiuso, di superare logiche di corporazione e, soprattutto, di “fare largo ai giovani”.
L’innalzamento del quorum per l’apertura di nuove farmacie da 3000 a 3500 abitanti, abbinato ad un diverso metodo di calcolo dei “resti”, porterebbe all’apertura di molte meno farmacie rispetto alle circa 5000 preventivate, riducendo quindi sul nascere gli effetti del provvedimento; lo svolgimento del concorso non più per titoli ed esami, ma per soli titoli, renderebbe praticamente nulle per i giovani farmacisti la possibilità di acquisire una farmacia; l’ ipotesi di riservare loro la possibilità di sommare i propri titoli al concorso e gestire poi la farmacia in società è un mero specchietto per le allodole, che ai fini pratici concorsuali non avrebbe nessun effetto.
Quello che mi scandalizza maggiormente è però l’ipotesi, avanzata da più parti, di garantire una “corsia preferenziale” (sotto forma di una graduatoria ad hoc o di un certo numero di nuove sedi farmaceutiche loro riservate) ai titolari di parafarmacia. Vorrei ricordare che le parafarmacie non dispensano farmaci stupefacenti né tutti gli altri farmaci potenzialmente più pericolosi (ansiolitici, ipnotici, antidepressivi, ormoni, iniettabili), non partecipano compiutamente alla rete di farmacovigilanza, non coprono turni continuati, notturni o festivi, non effettuano servizio di prenotazioni esami e visite per conto delle asl e di ritiro dei referti. Non capisco quindi perché il titolare di una parafarmacia dovrebbe avere più diritto ad acquisire una farmacia di un collaboratore di farmacia; non capisco perché si dovrebbe premiare l’investimento economico di chi ha aperto una parafarmacia e non quello professionale di chi lavora in farmacia e magari, come il sottoscritto, per poterlo fare ha anche vinto un concorso.
Se questi emendamenti dovessero essere approvati gli unici che potrebbero ambire ad acquisire una delle farmacie messe a concorso sarebbero i titolari di farmacie rurali e titolari di parafarmacie; i farmacisti non titolari, la stragrande maggioranza dei farmacisti italiani, vedrebbero invece, ancora una volta, mortificata la loro speranza che prima o poi, in questo Paese, possa essere preso in considerazione il merito e non il “peso politico” di vecchie e nuove caste.
Con profonda delusione, porgo cordiali saluti
Dott. Lorenzo Sgalippa