Farmaci di Fascia C con obbligo di prescrizione fuori dalle Farmacie: E’ solo un problema di salute pubblica?

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In questi giorni infervora il dibattito sulla pletora di emendamenti che concernono la normativa sulle farmacie e che di riflesso incide anche sulla sorte e sul funzionamento delle numerose parafarmacie esistenti sul territorio.
Dopo tanto battagliare quella che sembrava essere una sortita del farmaco di fascia C dal tradizionale canale distributivo della farmacia in favore delle parafarmacie si è trasformata in un non meglio specificato delisting di alcuni di tali farmaci che andrebbero a perdere l’obbligo di prescrizione e, pertanto, sarebbero distribuibili anche nelle parafarmacie ricadenti in comuni con più di 12.500 abitanti e non ricadenti nelle aree rurali come individuate dai piani regionali.
Orbene, a prescindere da tale discutibile limitazione demografica, sorge un interrogativo in merito alle ragioni che hanno portato ad optare verso questo regime di dispensazione anche alla luce delle proposte emendative avanzate in sede della futura conversione del D.L. 01/2012.
Come tutti ricorderanno uno dei cavalli di battaglia degli oppositori dei farmaci di fascia C fuori dalle farmacie è stato quello della salute pubblica e cioè che a loro dire sarebbe potuto derivare un pericolo per la salute dei cittadini allorché un farmacista regolarmente abilitato alla professione avesse dispensato fuori dalle mura della farmacia un farmaco prescritto dal medico curante.
Oggi echeggia la notizia che, in sede emendativa, quelle stesse forze che per motivi di salute pubblica hanno avversato la possibilità di distribuzione dei farmaci di fascia C da parte di farmacisti fuori dal canale della farmacia sembra stiano proponendo l’abolizione della presenza necessaria del farmacista nelle parafarmacie.
Non può non evidenziarsi come tale ultima ipotesi sia distonica rispetto alla precedente che, a loro dire, sembrava essere volta unicamente alla tutela della salute del cittadino. Ragion per cui sorge spontaneo un ragionevole interrogativo: il veto all’uscita del farmaco di fascia C dal canale tradizionale delle farmacie è solamente una questione di salute del cittadino?
A tal proposito premono allora delle brevi considerazioni, ovviamente de iure condendo in quanto il testo che sarà convertito in legge ancora non lo conosciamo.

Si è ritenuto che la dispensazione dei farmaci di fascia C con obbligo di prescrizione da parte delle parafarmacie, alla presenza obbligatoria di un farmacista, potesse rappresentare un pericolo per la salute pubblica ma al tempo stesso si è optato per un delisting di alcuni farmaci di fascia C che potranno essere venduti nelle parafarmacie senza obbligo di prescrizione. Ma la salute del cittadino non sarebbe stata meglio tutelata con il filtro della prescrizione medica e, quindi, permettendo tout court la vendita dei farmaci di fascia C sottoposti ad obbligo di prescrizione nelle parafarmacie? Come può pensarsi che la vendita di un medesimo farmaco sia fonte di pericolo se prescritto da un medico ed attuata da un farmacista di parafarmacia e non lo sia se, al contrario, lo stesso farmaco viene venduto nella parafarmacia senza l’obbligo di prescrizione a seguito di un delisting? La prescrizione medica, inoltre, non sarebbe un forte limite alla temuta “discrezionalità” del farmacista di parafarmacia ed alle eventuali e paventate logiche commerciali del suo datore di lavoro in caso di GDO o comunque di proprietario non farmacista?

Oltre al resto, oggi alcune forze, sembra le stesse paladine della salute pubblica del cittadino, chiedono che nelle parafarmacie venga eliminata la presenza obbligatoria del farmacista e che, quindi, i farmaci senza obbligo di prescrizione e di automedicazione possano essere dispensati da chiunque. Anche in questo caso la salute pubblica sarebbe tutelata? Il tabaccaio o il semplice commesso (con ogni doveroso rispetto al loro rispettabilissimo lavoro) sapranno rispondere agli interrogativi dell’utilizzatore del farmaco? Sapranno rispondere, per esempio, alla mamma che lo richieda se la tachipirina in dosaggio da adulto la può somministrare al suo bimbo di due settimane febbricitante? Sapranno dissipare dubbi circa l’opportunità di assumere un farmaco insieme ad un altro? Sapranno indicare, per esempio, quale sciroppo è indicato per la tosse grassa e quale per la tosse secca? Diranno mai al cliente che forse per i sintomi che mostra sarebbe meglio recarsi dal medico il quale potrà prescrivergli un farmaco da acquistare in farmacia? La eliminazione della obbligatorietà del farmacista dalla parafarmacia non attua forse proprio quella “mercificazione” del farmaco che tanto si voleva scongiurare? Non è forse più dannoso per la salute pubblica che un non farmacista maneggi un farmaco rispetto alla dispensazione di un farmaco con obbligo di prescrizione in tutta sicurezza da parte di un farmacista abilitato in parafarmacia?

Non è revocabile in dubbio che anche i farmacisti che operano in parafarmacia hanno una loro professionalità, una loro coscienza nonché una loro deontologia ed anche dalle parafarmacie, così come dalle farmacie, spesso si esce solo con un consiglio e non necessariamente con un farmaco acquistato.
Non mancano le volte in cui dalle parafarmacie si esce reindirizzati alla farmacia, per l’ovvio tramite del medico curante, perché magari la competenza e l’etica professionale del farmacista che opera in parafarmacia gli impone di consigliare il proprio cliente in tale direzione.
Tutto ciò sarebbe garantito senza la presenza del farmacista e, quindi, senza quel necessario bagaglio professionale che rende l’operatore in grado di affrontare determinate situazioni?

Ci si chiede, allora, se la tutela del cittadino possa mai trovare giovamento da uno sterile braccio di ferro che sembra perdere di vista sempre più la salute pubblica e, al contrario, sembra sminuirsi in una faida fra opposte fazioni appartenenti al medesimo Ordine professionale che, con la eliminazione della presenza del farmacista nelle parafarmacie, condurrà inevitabilmente ad introdurre un “cavallo di Troia” nel sistema normativo della distribuzione del farmaco di cui se ne trascura la potenza demolitrice, con un progressivo e sostanziale esproprio della professionalità del farmacista a prescindere ove esso operi.
Di conseguenza, quelli che oggi sarebbero in realtà infondati timori potrebbero domani, a causa di cattive riforme, divenire concrete minacce non più controllabili e delle quali gli artefici potrebbero essere proprio coloro i quali oggi pensano di scongiurarle con tali inopinati interventi.
La modifica di un sistema normativo non è un gioco ma se tale lo si vuole considerare allora bisogna essere anche consapevoli che lo spostamento non oculato di ogni pedina nel presente ne comporterà di automatici nel futuro anche contro la volontà di chi ha posto in essere la prima mossa perché alla fine ciò che prevale in un corpo normativo è la sua ragionevolezza con i parametri comunitari e costituzionali nonché la sua coerenza con il sistema nel suo complesso.

Avv. Daniele Golini
Dottore di Ricerca – Cattedra di Diritto Civile, Facoltà di Giurisprudenza, Seconda Università degli Studi di Napoli

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