Il Regolamento attuativo varato con Decreto dal Ministero della Salute e al quale fa riferimento l’art. 32 del D.L. 201/2011, dipana ogni dubbio circa la sorte delle parafarmacie e di come quella che doveva essere una liberalizzazione che avrebbe dovuto comportare un ampliamento delle specialità medicinali vendibili in tali esercizi, in realtà si è trasformata in una inspiegabile limitazione in danno delle parafarmacie situate in località con popolazione inferiore ai 12.500 abitanti e senza, peraltro, concedere alle rimanenti alcuna specialità medicinale in più rispetto a quanto già non dispensassero.
Si aggiunga, inoltre, che in ossequio ad una probabile politica di scoraggiamento del fenomeno delle parafarmacie, si sono imposti dei requisiti strutturali che non vigono in fattispecie codificata nemmeno per le farmacie le quali, nell’esercizio della loro attività, dispensano ben più delicate specialità medicinali e per cui, giocoforza, dovrebbero sottostare a regimi ben più severi rispetto alle parafarmacie (o quanto meno agli stessi).
Dal tenore del dettato normativo di cui all’art. 32 del D.L. 201/2011, chiarito in maniera esemplificativa anche dal Regolamento ad oggi approvato dalla Conferenza Stato Regioni con insignificanti modifiche, scaturisce la logica conseguenza dell’esistenza di due tipi di parafarmacia e vale a dire quelle che avranno la possibilità di vendere i farmaci OTC (classe C-bis di cui alla L. 537/1993 art. 8 comma 10 che poi è la stessa del comma 3 dell’art. 96 del D. Lgs. 219/2006) e quelle che potranno vendere sia i farmaci OTC che i farmaci SOP (vale a dire classe C-bis e classe C senza obbligo di prescrizione di cui alla L. 537/1993 art. 8, comma 10).
Ovviamente, a dispetto di quanto poteva auspicarsi a fronte di alcuni precedenti dubbi interpretativi, non esiste alcuna differenza fra i SOP che precedentemente tutte le parafarmacie potevano vendere e i “nuovi” farmaci di cui all’art. 32 del D.L. 201/2011 in quanto in realtà si tratta in ambo i casi di farmaci di fascia C senza obbligo di prescrizione (di qui l’acronimo SOP).
Con maggior impegno esplicativo si può affermare quanto segue.
I “vecchi” SOP altro non sono che farmaci di fascia C Senza Obbligo di Prescrizione di cui alla L. 537/1993 art. 8 comma 10 (da cui acronimo SOP).
Anche i “nuovi” farmaci di cui all’art. 32 del D.L. 201/2011 costituiscono la categoria dei SOP tanto è vero che vengono indicati dal D.L. 201/2011 testualmente come quelli di cui articolo 8, comma 10, lettera c), della legge 24 dicembre 1993, n. 537 per i quali sarà eliminato l’obbligo di ricetta (per cui diverranno dei SOP così come lo sono anche i “vecchi” SOP).
In realtà quelli che si era soliti chiamare SOP del “vecchio” regime e quelli di cui all’art. 32 D.L. 201/2011 altro non sono che la medesima classe di farmaci.Per cui il D.L. 201/2012 paradossalmente non ha esteso la possibilità di vendere nuovi farmaci alle parafarmacie ubicate in località con popolazione superiore ai 12.500 abitanti bensì ha solo eliminato la possibilità di vendere i SOP (“nuovi” e “vecchi” visto che sono la medesima classe) per le parafarmacie ubicate nei comuni con popolazione inferiore ai 12.500 abitanti.
Infatti, nel precedente regime normativo la classe di medicinali di fascia C Senza Obbligo di Prescrizione già veniva venduta da tutte le parafarmacie mentre oggi tale possibilità viene concessa solamente ad alcune di esse e con la sola ulteriore possibilità di godere di un ampliamento delle specialità vendibili a seguito di un delisting di alcuni farmaci che passeranno da fascia C con obbligo di prescrizione a fascia C senza obbligo di prescrizione (cioè SOP): esattamente come avveniva in precedenza ma senza che nel precedente regime vi fosse discriminazione demografica.
In buona sostanza il D.L. 201/2011 non ha attribuito alcun ampliamento delle specialità medicinali in favore delle parafarmacie ubicate in comuni con popolazione superiore ai 12.500 abitanti (visto che i delisting vi erano anche nel passato e li si poteva continuare ad attuare senza limitazioni demografiche) ma ha solamente sottratto i SOP da quelle parafarmacie ubicate nei comuni con popolazione inferiore ai 12.500 abitanti.
A tutto ciò si aggiunga che per entrambe le tipologie di parafarmacie ivi contemplate si è reso più gravoso l’esercizio della professione in quanto si richiedono dei requisiti strutturali – tecnologici – organizzativi ulteriori senza che vi sia stato ampliamento dei farmaci vendibili (anzi alle parafarmacie con meno di 12.500 abitanti, come detto, sono stati sottratti i SOP). La circostanza ancor più paradossale è che tali requisiti strutturali ed organizzativi non sono rinvenibili in alcun testo normativo nemmeno per le farmacie territoriali le quali, al contrario, sarebbero tenute maggiormente a tali incombenze dal momento che dispensano altresì farmaci stupefacenti ed altre specialità che le parafarmacie non possono assolutamente dispensare.
Inoltre, il Regolamento in questione richiede alle parafarmacie ubicate in comuni con popolazione inferiore ai 12.500 abitanti dei requisiti che l’art. 32 del D.L. 201/2011 aveva espressamente indicato di stabilire solamente per quelle ubicate in comuni con popolazione superiore ai 12.500 abitanti e ciò comporterà una sicura impugnazione dello stesso per aver violato la norma primaria che ad esso ne delegava l’attuazione.
In buona sostanza il D.L. 201/2011, con annesso Regolamento attuativo, sembrano concretare una vera e propria campagna “intimidatoria” nei confronti delle parafarmacie sia attraverso la sottrazione ingiustificata di alcune specialità medicinali e sia richiedendo dei requisiti spropositati che nemmeno alle farmacie sono richiesti da alcun testo normativo e ciò a prescindere dalle eventuali e poco probabili prassi locali di alcune ASL le quali, seppur corrette, sarebbero carenti del requisito della omogeneità a livello nazionale ed in tal modo non conformi all’esigenza di un corretto ed obiettivo controllo nelle farmacie.
Si pensi, a solo titolo esemplificativo, il requisito in base al quale la vendita dei farmaci nelle parafarmacie deve avvenire in spazio separato rispetto a quello di altri prodotti anche al fine di garantire la inaccessibilità durante la chiusura; viene allora spontaneo chiedersi se ciò si verifichi in farmacia. Circostanza inconfutabile è che in tutte le farmacie allo stesso banco vengono venduti farmaci, omogeneizzati, giochi prima infanzia, scarpe e quant’altro ivi si trovi. Ovviamente con ciò non si vuole assolutamente puntare il dito contro il modello di vendita presente nelle farmacie ma semplicemente evidenziare la irragionevolezza del richiedere tali requisiti capestri alle parafarmacie le quali altro non dispensano se non gli stessi prodotti presenti in farmacia, con esclusione dei farmaci con obbligo di prescrizione e quant’altro vietato da norme di legge.
Tale requisito dello spazio separato potrebbe giustificarsi per i cosiddetti “corner” della GDO ove vi è la necessità di garantire la inaccessibilità del pubblico negli orari e nei giorni di chiusura del corner stesso dal momento che essi sono solitamente ubicati all’interno di un esercizio commerciale di grande distribuzione ben più ampio e, pertanto, vi potrebbe essere il fondato timore che gli utenti che si sono recati nell’esercizio commerciale (di solito un supermercato) possano avere a portata di mano i farmaci anche in assenza del farmacista e negli orari di chiusura del corner. Ma in un esercizio di vicinato che è modellato sull’esempio della farmacia, quale necessità vi è di separare gli spazi dal momento che quando la parafarmacia è chiusa diviene ipso facto inaccessibile per l’utenza?
La mancanza di tali perspicacie sono il frutto di una ingiustificabile disattenzione o di abietto boicottaggio? Sono il frutto di una politica volta alla sicurezza del cittadino o di una parapolitica finalizzata ad indurre i titolari di parafarmacia a desistere dalle loro attività? Sicuramente non sono misure finalizzate a garantire la sicurezza del cittadino altrimenti tali requisiti sarebbero stati codificati non solo in modo aderente al contesto in cui si calano ma soprattutto sarebbero stati positivizzati nell’ordinamento in maniera inequivocabile anche per le farmacie le quali continuano a rimanere un presidio sanitario sul territorio.
Appare evidente che il Decreto Bersani del 2006 viene parzialmente abrogato in ottica limitativa laddove l’attuale norma successiva disciplina la materia in maniera difforme dalla precedente, in siffatta maniera limitando demograficamente la possibilità di vendita dei medicinali di classe C senza obbligo di prescrizione di cui alla L. 537/1993 art. 8, comma 10.
In passato alcuni, in verità soliti noti, avevano contestato con audace magniloquenza il doppio canale di distribuzione del farmaco perché, tra l’altro, avrebbe creato confusione nell’utente ed ora quelle stesse forze che eterodirigono l’attuale Governo con il placet fiduciario parlamentare, hanno spinto affinché il canale di distribuzione ne uscisse tripartito. Ovviamente non v’è da meravigliarsi dal momento che si tratta di quelle stesse forze politiche che hanno a cuore la salute del cittadino fino al punto di proporre l’eliminazione dell’obbligo del farmacista dalle parafarmacie.
Chi ha avuto e tutt’ora ha interesse a creare tale perverso e discriminante sistema? La risposta è talmente ovvia che renderla offenderebbe l’intelligenza ed il buon senso del lettore.
Un tempo era attuale il motto di gattopardiana memoria del “cambiare tutto per non cambiare nulla” mentre oggi sembra si stia affermando il principio di un ambiguo ritorno all’immobilismo che necessariamente transita attraverso l’abbattimento di tutto ciò aveva tentato di debellarlo.
La circostanza più grave ed inquietante è che tale obiettivo è stato perseguito ed ottenuto attraverso un provvedimento che indossa la subdola e menzognera veste del vento di liberalizzazione.
Tutto ciò a meno che non si ponga rimedio nel testo definitivo nel quale sembra, infatti, si vociferi una flebile speranza di eliminazione del limite dei 12500 per le parafarmacie.
Avv. Daniele Golini
Dottore di Ricerca – Cattedra di Diritto Civile, Facoltà di Giurisprudenza, Seconda Università degli Studi di Napoli