Caro Maurizio Vecchia, i nostri rappresentanti in Federfarma hanno reagito solo come succede agli animali feriti, asserragliati in un’autodifesa d’ufficio, consapevoli dei molti errori commessi nel dare priorità a cose poco significative per la “nostra” categoria e per la incoerenza ed incapacità di condurre una trattativa sindacale nei vari tavoli di discussione. Quello che si è ottenuto, poco o tanto che sia, rispetto al disastro che ci si prospettava, è frutto di trattative e mediazioni che poco hanno a che fare con i nostri vertici.
Anche nelle rare trasmissioni televisive in cui era invitato un nostro rappresentante, siamo stati scarsamente incisivi nel far capire le nostre motivazioni che non erano a difesa di una lobby ma erano a difesa della sopravvivenza di molti colleghi che rischiavano, e rischiano oggi ancora di più, di chiudere la loro attività, magari frutto di sacrifici trentennali.
La tua analisi non era esplicitamente rivolta ai rurali, ma alla farmacia in genere e solo il fatto del tuo parlare come rurale, ha scatenato le reazioni scomposte, soprattutto di Luigi.
Non ritengo comunque utile, in questo momento, insistere in polemiche che la nostra base non capisce e soprattutto non condividerebbe.
Il difetto sta nel manico, a mio avviso, e il manico si chiama “Statuto” che non consente l’esistenza vera, politico-sindacale, del Sunifar. L’assenza sindacale che già si rimproverò al precedente presidente del Sunifar e che vide me in prima linea impegnato in (stupide?) diatribe delle quali alcuni non furono testi silenti, non la si può addebitare al nostro presidente, che altro non poteva fare se non quello che gli è stato permesso di fare (Tutto? Poco? Niente?).
Dobbiamo pensare al futuro, sempre che chi ci governa ritenga che almeno le piccole farmacie rurali, debbano avere un futuro!
Ma il futuro non è lontano, è sotto gli occhi di tutti noi colleghi, e mi auguro che ancora una volta non ci trovi impreparati.
Il Sunifar deve assolutamente, e da subito, conquistare la propria autonomia. Chissenefrega dello Statuto.
Siamo noi, se lo vogliamo, gli unici che possiamo lottare per ottenere almeno di combattere le “NOSTRE” battaglie, senza condizionamenti dettati dai soliti equilibrismi che ci hanno portato sull’orlo del baratro.
Non è questione di uomini: mi sono considerato amico anche di Alfredo e Luigi, e, io, gli amici, li rispetto perchè li scelgo, e li abbandono solo quando il rispetto viene meno. E questo, da qualcuno, non è accaduto.
Hanno bisogno di essere sostenuti ma, è vero, devono rendersi conto che l’odore di incenso delle solite cattedrali con i suoi canti gregoriani, spesso non consentono, non solo il riconoscimento di colpe, ma nemmeno la ricerca di soluzioni ai problemi “nostri”, che devono essere condivisi, analizzati e sofferti, insieme.
Chi ritiene di aver vinto qualche cosa in solitario, mi fa pensare al solito giocatore di poker che ricorda sempre la partitina che ha vinto e dimentica le mille che ha perduto.
Bisogna pensare al domani, con senso di squadra, e col coraggio di decidere e programmare e studiare e agire e urlare insieme, con tutte le armi possibili e disponibili, senza curarsi delle imposizioni di bon ton che chi crede di rappresentare “tutti” spesso, “motu proprio”, impone ad una parte.
Bisogna che il SUNIFAR (MAIUSCOLO) tagli il cordone ombelicale che lo lega al GRANDE carrozzone, e lo deve fare presto, perchè il rischio di essere da esso strozzati, è terribilmente vicino.
Rimbocchiamoci le maniche e, almeno in questa fase tragica, insieme, cerchiamo di salvare quei colleghi che oggi non sanno che fare: non sanno che Santo pregare per essere tutelati.
Mi rimbomba ancora nelle orecchie il pianto di un collega che qui vi trascrivo:
“Sono un farmacista rurale titolare unico e ho 64 anni e non posso permettermi un farmacista collaboratore. Mio figlio è iscritto a farmacia ed è al secondo anno. Cosa devo fare? AIUTATEMI.”
Cari amici, Alfredo, Maurizio, Luigi. Io credo che immediatamente bisognerebbe attivarsi anche rispetto alla soluzione proposta dallo stesso Maurizio (nomina del direttore) in quanto non ha solo il limite grave di essere poco praticabile perchè onerosa, e non tutti i nostri colleghi potrebbero permettersela, ma soprattutto perchè Il titolare di Farmacia gestita come “impresa individuale”, NON PUO’ NOMINARE ALCUN DIRETTORE. La legge 362/1991 all’art. 11, dà gli indirizzi assoluti di nomina del direttore, elencandone le criticità:
a) per infermità
b) per gravi motivi di famiglia
c) per gravidanza parto e allattamento, nei termini e con le condizioni di cui alle norme sulle tutela della maternità
d) a seguito di adozioni di minori e di affidamento famigliare per i nove mesi successivi all’effettivo ingresso del minore nella famiglia
e) per servizio militare
f) per chiamata a funzioni pubbliche elettive o per incarichi sindacali elettivi a livello nazionale
g) per ferie
Questo è un nodo immediato da risolvere con estrema fermezza!
Non si può pensare che, improvvisamente, questi colleghi siano in grado di creare società e nominare direttori, con tutti i rischi e le altre criticità che questa soluzione può determinare.
Pensiamo anche alla beffa che subiranno i colleghi sulla soglia del 65.mo anno di età e che parteciperanno al concorso. Costoro, in caso di vittoria, dovranno ugualmente abbandonare la sede appena ottenuta, al compimento dei 65 anni. Le sedi vinte dal singolo candidato nascono, infatti, come imprese individuali e per esse NON è possibile la costituzione di alcuna forma societaria, se non DOPO che siano trascorsi tre anni dall’assegnazione delle sede.
TUTTI i farmacisti TITOLARI DI FARMACIA NATA COME IMPRESA INDIVIDUALE, attendono risposte CONCRETE in merito, e sperano in soluzioni non cruente per loro. Rimbocchiamoci le maniche, Tutti, e cerchiamo di risolvere almeno questo grave problema. Se si sarà possibilità e tempo affronteremo anche gli altri gravi problemi che ci assillano.
Il Governo ha promesso, a qualcuno che subirebbe danni, non certo sovrapponibili ai danni nostri, di modificare qualcosa in sede di discussione alla Camera, e questo solo dopo che questo emerito Qualcuno, ha minacciato le dimissioni!
Queste ultime, a volte , possono essere uno strumento di contrattazione politica non trascurabile. Tanto , a noi, non ci importa delle “Cariche”, vero?
Con affetto.
Pasquale Sechi
Presidente Federfarma Oristano
Egregio Dr. Sechi, ho letto il suo appello, l’ articolo del dottor Mascheroni entrambi sensati e la risposta di Federfarma che mi pare stralunata. Sono farmacista dipendente e direttore va bene che bisogna difendere il piccolo farmacista, ma che senso ha che il direttore che sostituisce a 65 anni non sarebbe in grado di tenere la direzione e cosi’ il socio, e avrebbero l’ obbligo di essere sostituiti e il titolare individuale no. E’ una interpretazione volgare, capziosa quella di federfarma che ancora una volta tende a dividere la categoria e non ad unirla, dovrebbe chiedere la signora che sia tolta la regola del pensionamento per tutti non solo per i titolari. Spero che si rettifichi il tutto perche’ e’ vergognoso questo atteggiamento.
Egregio dr. Sechi visto che ne ha possibilita’ puo’ riferire alla Presidente che cio’ che afferma sul pensionamento e’ lobbistico e che deve pensare prima di scrivere. Sono socio al 2% di una SAS e sono direttore. Io secondo Federfarma dovrei andarmene e il mio socio che ha il 98% continua a stare in farmacia????? O il mio vicino titolare unico di 82 anni con un fatturato di 3 milioni di euro???? E il mio socio e’ un ex titolare unico per intenderci e ha due societa’ al 98 %. Vado in pensione con 500 euro al mese e vendo il mio 2% per1000 euro????? Grazie Federfarma, ora faro’ un appello alle centinaia di soci direttori con quote microscopiche a reagire, e’ vergognoso.
X dr. M. ESposito farmacista socio al 2%
Poi tutti vanno in pensione avvocati, notai, fruttivendoli, taxisti allora e’ casta, basterebbe portare a 70 anni e dare la conduzione ad un giovane,moppure dare un po di tempo x sistemare le situazioni in corso rifletteteci su, un 80 enne che dispensa al banco si fa la figura dei lobbisti, anche i taxisti 7o enni si ritirano…..XD. No?
Per il dottor Rossi. Andare in pensione a età definita è legge dello Stato quando ci si riferisce ai dipendenti pubblici e privati iscritti obbligatoriamente all’INPS.
Per i lavoratori autonomi le regole sono diverse in quanto hanno come istituto di previdenza di riferimento una cassa categoriale o una fondazione. A queste ultime il soggetto vicino alla pensione può chiedere di spostare i tempi di fruizione dell’assegno oltre l’età stabilita dalla norma. Si vuole evitare che per questi soggetti, nella fattispecie farmacisti autonomi, siano applicate norme restrittive che ne impedirebbero una simile scelta.
Per il dottor Esposito. Vale quanto detto al dott. Rossi con l’aggiunta che essendo lui socio, con apporto di lavoro, rientra nella categoria degli autonomi e penso che, per questa ragione, versi all’ENPAF il contributo intero. Perciò anche in questo caso vale la possibilità di optare per l’allungamento dei termini da cui far decorrere l’assegno pensionistico.
NOTA A COMPLEMENTO: per quanto mi sforzi nella ricerca non riesco a trovare riferimenti di soggetti appartenenti a una qualche CASTA che siano costretti ad affannarsi per avere una pensione decorosa. Costoro infatti nascono già pensionati e con una quantità di danari che non sono nemmeno in grado di definirne, da soli, la valenza. Con stima. Pasquale Sechi