Farmacie: Principi rigidi a rischio incostituzionalità


La (quasi) legge sulle farmacie suscita non poche perplessità. Disdegna la riforma strutturale che il settore meriterebbe. Pare non tenereconto della revisione della Costituzione del 2001. La problematica riguardale modifiche introdotte agli art. 1 e 2 della legge 475/1968 riferite alla determinazione della pianta organica delle farmacie che ogni Comune deve possedere. Al riguardo, andrebbe rivista l’intera impalcatura, in considerazione delle scelte legislative generali intervenute in tema digestione del territorio, rimessa alle Regionie agli enti locali. Risulta alquanto retrò l’individuare nel territorio del singolo comune il fulcro della pianificazione di un così importante livello di assistenza. Ciò assume maggiore rilevanza se si tiene conto della logica che ha recentemente introdotto nell’ordinamento l’unione dei Comuni per conseguire la ottimizzazione dei servizi pubblici da garantire alla collettività e una migliore gestione della spesa. Il non avere privilegiato l’opzione haimpedito di risolvere i problemi connessi all’attuale “mini” riforma del servizio farmaceutico, dai cui esiti applicativi decine di farmacie diverranno in soprannumero (che potrebbero essere chiuse) e molte sedi libere rimarranno tali, perché nessuno le aprirà, in quanto non economicamente convenienti. Il problema più importante riguarda però la riformulazione della legge 475/68 messa in relazione all’art. 117 Cost. (comma 3),ove si stabilisce che, in materia sanitaria, loStato ha competenza a sancire i princìpi fondamentali e le Regioni a legiferare nel dettaglio. Ovvero sia a stabilire la concreta organizzazione del servizio. Rinviando altrove l’approfondimento su cosa sia l’uno e l’altro, ma anche sulla dovuta “tolleranza” del quorum nazionale determinato ante revisione del 2001, è possibile qui affermare che non è da ritenersi principio fondamentale stabilire rigidamente la densità demografica necessaria per il rilascio della “autorizzazione” per l’apertura di una farmacia. Una tale previsione, proprio perché direttamente funzionale a garantire la migliore assistenza sul territorio, andrebbe definita dalle Regioni, dalmomento che le stesse sono state individuate dalla Costituzione vigente quale ente competente a fissare i criteri di funzionamento delle prestazioni riguardanti l’esercizio delle materie sottoposte alla legislazione concorrente. Una tale considerazione avrebbe, tutt’alpiù, consigliato al legislatore statale di definire, quale principio fondamentale, una forbice di abitanti entro la quale le Regioni potessero legiferare tenendo conto delle caratteristiche del loro territorio ovvero fissareun quorum di massima, salva diversa determinazione a cura delle Regioni sulla base dei reali bisogni salutari. Magari anche introducendo, in linea con il criterio generale fissato nell’ordinamento, la possibilità di ricorrere alla pianta organica multi-comunale, quale strumento da redigersi a discrezione delle amministrazioni locali interessate. Una soluzione che avrebbe impedito le disparità e le disfunzioni che la nuova disciplina determinerà invece a nocumento dell’assistenza farmaceutica. Saranno molti i Comuni a dovere rivedere le loro attuali piante organiche, nel senso di ridurre le sedi, etanti altri a non sapere come fare per garantire l’assistenza ai loro cittadini, con farmacie che non apriranno mai e farmacie semprepiù deboli sul piano della autosufficienza economica. Saranno diverse le Regioni chesi sentiranno lese nella prerogativa legislativa che la Carta attribuisce loro e che impugneranno la legge avanti la Consulta. Un handicap che poteva essere risoltoin armonia con l’attuale dettato costituzionale. Sarebbe stato sufficiente, infatti, rimettere le scelte alle Regioni. Le stesse avrebbero così legiferato e programmato in stretta relazione ai bisogni reali del loro territorio, da soddisfare nella corretta applicazione del principio della differenziazione. Si sarebbero così garantiti conformità alla Costituzione e un servizio farmaceutico sufficientemente adeguato.

Ettore Jorio
Professore di Diritto sanitario
Università della Calabria
Via Il sole 24 ore Sanità


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