Pubblichiamo la lettera del dottor Alberto Ambreck


E’ vero, sono un farmacista idiota, che nel lontano maggio 2008 non recepì il messaggio negativo rappresentato dalla elezione dell’attuale Consiglio di Presidenza Federfarma presieduto daRacca; le ulteriori riconferme del settembre 2010 e del luglio 2011 riproposero violentemente il dilemma: vendere o meno la farmacia. L’aver seguito il cuore, l’orgoglio della professione e non il cervello, mi costerà la “pensione” attualmente rappresentata dal valore della farmacia. Sono un idiota, perchè anche nel 2010 ho investito fondi significativi nella mia azienda, in funzione dei decreti attuativi sui nuovi servizi in farmacia, credendo in una farmacia sempre più inserita nel sociale, responsabile di un servizio farmaceutico sempre più moderno.
Sono sempre un idiota per non essere riuscito a convincere i colleghi, amici e non, che solo la “distanza” avrebbe tutelato l’azienda farmacia; sono un idiota per non aver bombardato” Federfarma di Siri e compagnucci quando accettavano, senza ombra alcuna di protesta, la legge 405 con la conseguente perdita di esclusiva nella gestione del farmaco e relativa perdita dell’innovazione farmacologica che non passa più dalle farmacie aperte sul territorio; sono un idiota per non aver “bombardato” Federfarma attuale quando ha accettato che il servizio sanitario nazionale ci imponesse delle condizioni economiche che consentono un utile a valle delle tasse pari al 5 per mille, o se preferite dello 0,5% .
Perché non si è spiegato alle forze politiche e ai nostri amministratori pubblici che l’esclusiva di cessione del farmaco e il prezzo fisso giustificavano anche se parzialmente l’irrisoria remunerazione del SSN? La lettura dei bilanci delle farmacie comunali avrebbe confermato le nostre affermazioni. Chi ha accettato senza nulla eccepire i vari decreti Storace/Bersani, i corner e le parafarmacie? Chi ha voluto il farmacista nei corner e nelle parafarmacie azzerando il trinomio sul quale vive il servizio farmaceutico, cioè farmaco-farmacista-farmacia? Il 97% degli italiani ritiene l’attuale il miglior servizio sanitario, l’84% degli italiani ritiene il trinomio indispensabile per la propria salute. Appunto!
E in ultimo, chi ha accettato l’uscita dalla farmacia della ricetta medica con la possibilità per le parafarmacie di distribuire farmaci veterinari con obbligo di ricetta, e la possibilità di preparare e vendere fuori dalla farmacia le preparazioni galeniche? E’ noto il prossimo obiettivo: la fascia C.
Visti i risultati disastrosi dell’attuale politica Federfarma, sarà difficile per molti di noi continuare a versare contributi di migliaia di euro annuali per sostenere un bilancio di oltre 6 milioni di euro. Non possiamo più accettare argomentazioni tipo il “contesto politico era durissimo” ed affermazioni come “diteci dove abbiamo sbagliato”. E ve lo chiedete ?
Quando vedo trasmissioni come Ballarò, Le iene e Striscia la notizia non posso fare a meno di ricordare un vecchio proverbio abruzzese “chi si fa agnello lupo lo mangia”. Non posso quindi che arrivare a una conclusione: sicuramente sono stato un idiota, e con me molti altri (e il fatto non mi gratifica) ma Federfarma cosa è stata?
La prima definizione che mi arriva spontanea è “la corazzata Potemkin della farmacia Italiana”. Vero Fantozzi?
P.S.: dignità e decenza dovrebbero portare al rispetto dell’istituto delle dimissioni, ma questo non sarà ed allora sorge spontanea una domanda: il nuovo sistema di remunerazione della professione e il rinnovo della convenzione, ultimi strumenti per la sopravvivenza del servizio farmaceutico, li facciamo gestire da chi ha distrutto il sistema farmacia?

Alberto Ambreck

Iscriviti alla nostra newsletter per rimanere aggiornato sulle ultime novità


7 risposte a “Pubblichiamo la lettera del dottor Alberto Ambreck”

  1. Gentile Dr Ambreck e gentili colleghi; oggi dopo anni di silenzioso leggere articoli e commenti degli altri, voglio azzardare, anche io, un commento. Sono un laureato in farmacia che, dopo anni di onesto lavoro in farmacia, ha deciso di cambiare strada, lasciare la farmacia e lavorare(quando finalmente ci sono riuscito: dopo anni ed anni di lavoro, non avevo un giorno di esperienza che potesse valere qualcosa)per un’azienda farmaceutica. Da sempre, e quindi da almeno 15 anni, ho visto la farmacia prendere una deriva sempre più commerciale e disumanizzante, senza tener conto del fatto che il commercio non è fatto per un’istituzione quale la farmacia ed una missione come quella del farmacista. Non capirò mai i farmacisti titolari di farmacia(mi riferisco a quelle con un fatturato paragonabile ad una vera azienda) che hanno creduto, negli ultimi 15 anni, di poter mantenere i loro privilegi(e basta) senza guardare al mondo che cambiava oltre le loro vetrine di shampoo e cosmetici. D’altro canto non capirò mai i dipendenti di farmacia che(fermo restando che sono sottopagati) vorrebbero guadagnare chissà quanto,quanto un titolare?(frase tipo:”io stento ad arrivare a fine mese e lui gira in porche). Al momento io guadagno di più di quanto guadagnerei in farmacia ma il mio titolare gira in jet privato, lavoro di più di quanto farei in farmacia ed il mio titolare(a differenza di quello di una farmacia) non credo abbia mai avuto il problema di alzarsi la mattina per un impegno di lavoro. In sintesi, dunque, la mia opinione è questa. La facoltà di Farmacia/Università non prepara, da tempo, i suoi laureati in farmacia al mondo del lavoro, nemmeno le facoltà di eccellenza che, al massimo, eccellono solo in ricerca di base(altro mondo fantastico). L’Ordine dei Farmacisti/FOFI non si è mai impegnato quanto e quando doveva a proteggere la professione del farmacista( intendendo, ben oltre, quella del collaboratore in farmacia, ma di tutte quelle che un laureato in farmacia può intraprendere). Federfarma da tempo ha abdicato nella sua missione principale, cioè quella di tenere la farmacia come il fulcro della assistenza al cittadino in quanto a salute e benessere: se le terapie ormai sono arrivate ad agire sui geni ed in farmacia si è rimasti fermi a digitale e sulfamidici è normale che si è andati verso una deriva commerciale, i farmaci veri non transitano affatto per la farmacia. Insomma, c’è una grande rivoluzione da fare ma non è, per me, certo quella delle liberalizzazioni. La liberalizzazione porterà alla nascita di supermercati del farmaco, come Effelunga, e non certo alla possibilità di giovani che con i risparmi di una vita(magari dei genitori) apriranno un piccolo esercizio di vicinato.
    Bisogna far sentire la propria voce(farmacisti tutti ovvero titolari privilegiati e sfigati, collaboratori e tutti quelli che decisero di iscriversi a quella facoltà) e le priorità sono: un contratto nazionale che rispecchi il valore delle conoscenze e del lavoro svolto; una farmacia al passo con i tempi e soprattutto rivolta al futuro.
    Ultima nota: la scelta che sta facendo lo Stato è molto semplice:
    1. spingere i generici perché non può, da tempo, permettersi più il sistema sanitario avuto fino a 20 anni fa(e la colpa non è certo imputabile al sistema farmacia);
    2. 2. Liberalizzare; in modo da addossare l’aumento delle spese sanitarie sull’utente finale, con la scusa degli sconti(è bellissimo avere una politica nazionale che riesce a vantare una strategia che abbia nella stessa frase “salute” e “sconti”.
    Grazie per l’attenzione.
    mrExFarmacista

  2. Dott. Ambreck, per favore, taccia! Sono una collega, certo figlia di un “Dio minore”, ma (data l’età…potrei essere sua figlia) ho visto e conosciuto molto nel “nostro” settore. Provo un’immensa vergogna verso i colleghi più giovani e, in generale, verso tutti i giovani che hanno la volontà di “sacrificarsi” (mi riferisco alla figura dell’agnello) pur di poter vivere, non dico decorosamente ma vivere. Io, collaboratrice, libera professionista, ho trascorso (alla mia età!!!) tante, tante settimane natalizie (Natale compreso) lavorando 24 ore su 24 per 15 euro lordi e comprensivi di IVA all’ora (tariffa 2011). Sa cosa significhi lavorare 24 ore su 24 per una settimana in farmacia mentre tutti sono fuori a festeggiare? Io sì! Mi dica ora chi è il lupo e chi è l’agnello. Distintamente. Alessandra Venco Rivolta

  3. Caro Alberto, abbiamo perso anche quel simbolo sul quale per moltissimo tempo qualcuno ha speculato: quel concetto di insostituibiltà del farmacista nelle piccole e sperdute realtà rurali. Quella capillarità troppo spesso sbandierata e mai sostenuta ed aiutata se non con un solo intervento ma subito accantonato. L’armata raccaleone non ha ruggito e neppure belato. A detta dei tanti esponenti politici sono riusciti a confondere le idee anche a chi avrebbe avuto tutte le intenzioni di dare una mano. Ma stavolta non perdiamo solo la faccia in quanto molti perderanno il bene più prezioso che è la proprietà della farmacia. In assemblea rurali ho portato un documento prodotto dagli studi di settore del Ministero Economia e finanze sulla farmacia italiana dove è scritto che le piccole farmacie italiane sono piú di diecimila, di queste oltre 5000 sono urbane e le altre rurali. Piccole imprese individuali con una media di 37 metri quadri di esposizione al pubblico che, ora , con i tragici limiti imposti dal comma 17 dell’art 11, rischiano la chiusura e senza nemmeno il conforto di una pensione dignitosa. Noi due siamo “maggiorenni” ma ció non può essere l’alibi per lasciare alla suddetta armata il ruolo di affondare ció che rimane della farmacia. La strada la indicasti un giorno in un incontro nella bella Firenze. Il tuo sfogo pertanto lo considero un appello a tutti gli “idioti” che hanno creduto fosse ancora possibile che l’armata cambiasse rotta. Agli “idioti” in politica sindacale aggiungo gli “idioti” che hanno considerato al primo posto, nella scaletta dei loro valori, ” l’amicizia”. Forse queste due schiere di “idioti” potrebbero avere ancora molte cose da dire e da fare.

  4. Egregio Dr Sechi, comprendo il suo sfogo e lo condivido. Conoscendo, però, assai bene la realtà “farmacia”, dissento da ciò che scrive il Dr Ambreck. Si sta parlando di due realtà diverse. Molto diverse. Da una parte abbiamo il farmacista che lavora (a volte in condizioni disagiate) con sacrificio, abnegazione, sostenuto solo dalla “vocazione”. Dall’altra troviamo il manager, l’imprenditore, colui che pensa che “vendere, fatturare” siano gli unici scopi di un’onorata professione. In anni ormai remoti, il mio bisnonno viveva in farmacia e per la farmacia. A mezzanotte passava il contadino e chiedeva il rimedio: “Non si preoccupi, dottore, passerà domattina mia moglie a ritirarlo mentre va a Messa prima (ore 5,00)”. E per quell’ora, supposta, sciroppo, cialdino che fosse, il farmaco era pronto. Questo è la vocazione! Nelle città (conosco bene Milano!) nessuno sa queste cose. Forse il primo “idiota” è stato mio bisnonno che, se andava bene, veniva “ripagato” con mezza dozzina di uova… Pensando a questi antichi ricordi, ho scelto la professione di famiglia. Ho creduto in un valore (non certo il fatturato della farmacia o l’importo della futura e incerta pensione!). Qualcuno lo ha tradito. Ciò che in questi giorni accade è l’ineluttabile. La “bolla”, gonfiata a dismisura, è scoppiata. Inutile piangere. Occorreva pensare con coscienza e saggezza molti anni prima… Alessandra Venco

  5. Dr Alberto confermo le sue parole. Voi pochi eletti titolari, beneficiari del testo unico delle leggi sanitarie (1936 se non ricordo male) vi siete sempre e solo preoccupati di mantenere il vostro potere. Pochissimi di voi hanno valorizzato i dipendenti, e l’attività. Volevate essere impresa: non ne avete le capacità e nemmeno le conoscenze. Per anni avete sottopagato i vostri dipendenti e avete sonnecchiato sui vostri privilegi. E non mi parli della “pensione” nella vendita della sua bottega. Pensi ai suoi collaboratori che per anni hanno aperto la sua attività. Per quel che riguarda il galenico sono 20 anni che non ne fate più ed avete perso le competenze.

  6. Caro collega,
    Dopo la lettura di queste lettere, quello che mi viene in mente sono i galli di Renzo.
    Ho un po di anni alle spalle e in tutti questi anni mi è sempre sembrato che l’unico nemico, che poteva minare il futuro della farmacia,fosse quello interno. Mi riferisco ai vostri collaboratori, che poveretti, da questo decreto, non hanno portato a casa niente di più di quanto non avessero, cioè nulla. Il rammarico mi pare sia dettato dall’aver perso qualcosa e si imputa all’attuale dirigenza federfarma questo risultato. Purtroppo le cause arrivano da molto lontano.Se anzichè 18000 le farmacie fossero state 36000, si sarebbe potuto incidere diversamente sulla storia di questo decreto? Io credo di si. Non credo che la situazione sia comunque irrimediabilmente compromessa. Resta ancora tanto di cui vivere. Pensiamo piutosto a come rilanciare una professione che nonostante tutto ha ancora forti potenzialità.Il problema è come sfruttarle.
    P.S.
    Ho lavorato due anni in farmacia come collaboratore, e sono quindi scappato.

  7. Egregio collega Cambuli, prescindendo dalla nebulosità del suo post di cui, veramente, non ho capito il significato, dissento da due sue affermazioni: 1) Quelli di Renzo erano capponi e non “galli” (un po’ di biologia, ai tempi, l’abbiamo studiata… e Manzoni è obbligo esser letto). 2) Collaboratori = poveretti???
    Per il resto è nebbia. 18.000/36.000??? Storia di un Decreto ancora da attuarsi? Fantascienza! Per quanto concerne le mie “povere” (a suo dire) opinioni, la Dr Racca ha agito per il meglio portando sulle spalle il retaggio di una casta che non accetta vincoli. Ha perso qualche punto? Non credo proprio. Si è battuta egregiamente. Le è dovuto. Da ultimo ma non ultimo, le rammento che una Professione si esercita, non si “sfrutta”! Qui sta l’errore. Se, però, lei è “scappato”, credo che non le importi nulla. Alessandra Venco Rivolta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *