Farmacie, Parafarmacie: due pesi due misure?

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Le farmacie siano esse comunali, ospedaliere, private sono organizzate in imprese volte ad assicurare il servizio pubblico (art.32 della Legge 833/1978) e sociale (art. 25) mediante le prestazioni di assistenza farmaceutica, di assistenza sanitaria integrativa nonche’dirette altresi’ a garantire prestazioni complementari nella sfera sanitaria o del salutare.

L’elemento più significativo che ha ispirato il legislatore alla disciplina del servizio farmaceutico si e’ fondato indubbiamente sulla necessità di assicurare un’ampia ed equilibrata distribuzione geografica delle farmacie. In altre parole, garantire il più possibile alla popolazione la totale disponibilità di servizi farmaceutici. Occorre distinguere tra i due criteri usati per raggiungere questo obiettivo: il requisito del numero di abitanti e quello della distanza minima tra farmacie. Entrambi devono essere valutati con riferimento alla relativa idoneità a conseguire l’obiettivo della distribuzione geografica e al fatto che non superino quanto necessario a raggiungere tale obiettivo. Il parere non e’ mio ma dell’Avvocato Generale della Corte di Giustizia Europea e non e’ un pronunciamento del secolo scorso bensi’ del 30 settembre 2009.

I requisiti relativi al numero di abitanti possono, in linea di principio, essere idonei al conseguimento dell’obiettivo dell’ampia distribuzione di farmacie. Limitando la possibilità, per i farmacisti, di aprire farmacie in aree urbane maggiormente redditizie, la norma li induce a considerare altre opportunità. Tuttavia, questa non è una conseguenza automatica. Invero, se l’apertura di nuove farmacie in zone meno popolate fosse di per sé redditizia, ciò si verificherebbe, con ogni probabilità, a prescindere da qualsiasi limitazione geografica. L’incremento di nuove aperture sarebbe, infatti, direttamente proporzionale alla facilità con cui una farmacia può essere aperta e alla rilevanza della concorrenza per quote di mercato in zone più popolate. Al contrario, se, come alcune parti hanno sostenuto, il problema sta nel fatto che esiste una bassa probabilità di profitto nelle zone meno popolate, il rischio
è che nessuno sarebbe in ogni caso interessato ad aprire una farmacia nelle suddette zone. Dopo tutto, mi chiedo per quale motivo una persona dovrebbe dedicarsi a un’attività che genera perdite semplicemente perché non ha accesso a un’attività che genera profitto. La mera limitazione delle aperture di nuove farmacie in zone più popolate non soddisferebbe il requisito di unità e coerenza nel perseguimento dell’obiettivo pubblico dichiarato. Nel complesso, il sistema ha senso solo se la politica della limitazione delle nuove aperture in zone più popolate è legata a quella di favorire le farmacie già presenti in zone meno popolate.

Fin qua il decreto sulle liberalizzazioni al di la’ dei numeri che certamente potevano restare come erano previsti, magari agevolando le procedure concorsuali in essere e ossequiando maggiormente un rigido criterio di revisione della pianta organica (ma questo e’ problema che non ci e’ dato di affrontare in quanto sembra che i giochi siano fatti) qualcosa ha rispettato nel principio.

Ora il problema che vorrei sollevare nulla additando al sistema parafarmacia (lo scrivo ma forse non lo penso) e’ che il cosi detto quorum e il criterio della distanza i quali dovrebbero in armonia tra loro garantire l’obiettivo di un’equa distribuzione geografica e ripeto le sagge parole dell’Avvocato generale della Corte di Giustizia …. e al fatto che non superino quanto necessario a raggiungere tale obiettivo siano alterati dal sistema parafarmacia soprattutto in considerazione che e’ sotto gli occhi di tutti che in tal direzione si stiano muovendo a passi di gazzella grandi gruppi.

Ora due pesi due misure? Da un lato quorum e distanza e dall’altro liberta’ e mancanza di disciplina giuridica che da alla “parafarmacia” la possibilità di ubicarsi ove lo ritengano maggiormente opportuno e verosimilmente in loco maggiormente redditizio e cio’ non e’ condannabile, ( lo farebbe anche il farmacista se potesse): l’azienda se non genera profitto fallisce.

Le disposizioni principali del decreto, ossia i requisiti riguardanti il numero di abitanti e la distanza minima, non sono discriminatorie e si applicano in egual misura a tutti i farmacisti ( ancora Corte di Giutizia)

Qualcuno potrebbe allora evocare liberalizzazione selvaggia per tutti ma cosi’ il servizio sociale della farmacia viene meno e una farmacia che non persegue anche questa finalita’ non e’ piu’ farmacia.

Il 5 Gennaio il ministro Balduzzi affermava in un intervista ad un noto quotidiano “”Nel programma del governo c’era e c’e’ il cammino che porta alle liberalizzazioni. Ma io questa parola, quando si ragiona di un settore delicato come quello del farmaco, preferisco non usarla. E limitarmi a parlare di un’esigenza di respiro, di apertura”.

In effetti la concorrenza fa male alla salute Benefici della concorrenza ( da un noto trattato di economia)

Prezzi più bassi per tutti
Il modo più semplice per conquistare quote di mercato è offrire un prezzo più basso. In un mercato concorrenziale i prezzi sono spinti verso il basso. Applicate questa regola sul farmaco: siamo certi che giova alla salute?
E non sono solo i consumatori a trarne vantaggio: quando un maggior numero di persone può permettersi di comprare un prodotto, le imprese lavorano di più e questo fa bene all’economia nel suo insieme: la domanda del farmaco e del parafarmaco non deve subire questa regola del maggior consumo.

Migliore qualità
La concorrenza incita le imprese a migliorare la qualità dei beni e servizi che offrono, per attirare più clienti e espandere la loro quota di mercato. Qualità può significare varie cose:
• prodotti che durano di più o funzionano meglio
• un’assistenza tecnica post-vendita più efficiente
• un servizio migliore e più cortese.

Più scelta
In un mercato concorrenziale le imprese cercano di differenziare i loro prodotti. Ne risulta una scelta
più ampia: i consumatori possono scegliere il prodotto che offre il miglior rapporto qualità/prezzo per
le loro esigenze. Ri- Applicate questa regola sul farmaco che non e’ un vestito che si compra e si puo’
deporre nell’armadio, normalmente lo si depone nello stomaco. ( o altrove ma il concetto e’ chiaro)

Pur horribilis come si presenta oggi lo scenario si confida che la professionalita’ del farmacista ovunque egli operi prevalga sul naturale istinto al guadagno o meglio alla non perdita. Certo e’ che il sistema appena sconquassato, da codesto punto di vista mi pare stia già dando cattivi frutti:

a) tutti cercano o cercheranno di presidiare il territorio aprendo esercizi di parafarmacia e quanti sopravviveranno in considerazione che i piu’ solerti ad aprire sono mega-gruppi;
b) Il quorum di 3300 abitanti sara’ falsato dall’apertura di codesti esercizi e mi pare che codesto governo abbia aumentato il quorum convinto che il precedente era tale da creare problematiche di sussistenza e di buon servizio;
c) Occorrono quindi regole anche in codesto settore in considerazione che la parafarmacia e’ sempre meno para e piu’ farmacia e si deve tra le altre proposizioni ricercare un accordo a tutela reciproca e soprattutto (anche se sembra essere il problema minore) a tutela del paziente.

Gia’ la concorrenza tra farmacie nei grandi centri urbani pone il farmacista in una posizione di difficile osservanza delle regole deontologiche, ( non voglio santificare nessuno) e al di la’ dei casi che fanno notizia e’ indubbio che il ruolo della quasi totalita’ dei farmacisti e’ encomiabile per il consiglio che offrono, per la cura delle piccole patologie, per l’offerta di servizi di prima istanza (pensiamo alla banale offerta del servizio di misurazione della pressione arteriosa), ma mi sembra che l’orizzonte, Dio non voglia, possa peggiorare le cose. Bisogna che anche qui
qualcuno intervenga.

Che non sia mai : Ubi leonis pellis deficit, vulpina induenda est.

4 COMMENTS

  1. Trovo molto interessante lo spunto del dr. Mascheroni, ma mi chiedo queste cose il nostro sindacato non le pensa? Ha ragione il dott. Ambrek siamo degli idioti ed e’ ora che la smettiamo di esserlo. Qualcuno dovrebbe avere il pudore di dimettersi, ma colleghi dopo non ci si lamenti. Stiamo accettando tutto pensionamento, fascia c, pianta organica dopo che abbiamo sacrificato vita e patrimoni per la nostra azienda e ci vengono a dire ora pensiamo alla convenzione?????????? Io vado a fare il taxista, e puliamo la nostra categoria da soggetti e dirigenti che succhiano e spremono la farmacia tenendo piedi un due scarpe, milano docet.
    Grazie Ambrek e grazie Mascheroni che almeno fate capire che non abbiamo le fette di salame sugli occhi e mi riferisco a chi ci vuole o preyende di rappresentarci.
    Con indignazione.
    Un titolare milanese indignato

  2. SIAMO ORAMAI A FEDERPARAFARMA SIGNORI. IL DR. MASCHERONI CHE CONOSCO COME PROFESSIONISTA E GODE DI MIA STIMA SCRIVE TROPPO E DAPPERTUTTO CHE SI BUTTI IN POLITICA E CI SOSTENGA E COSI ANCHE AMBRECK VISTO CHE HANNO ATTITUDINE. A ME APRANO UNA PARAFARMACIA DI 500 mq DAVANTI LA FARMACIA? QUALCUNO INTERVENGA SCRIVE DR. MASCHERONI. CHI????????????? QUI SI PENSA ALLA CRESCINA! UN ALTRO SCRIVE A NAPOLITANO, a QUESTO PUNTO ANNUNCIO AAA PERMUTO MIA FARMACIA CON PARAFARMACIA.

  3. E pubblicato il parere del ministro il pensionamento riguarda anche noi titolari unici. Ennesima figuraccia di federfarma. Sia lembo che mascheroni avevano come al solito ragione. Evviva federfarma

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