Tra i tanti problemi del decreto: uno dimenticato? La successione mortis causa

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Ultimamente vi e’ un gran parlare di alcune norme presenti nel famigerato decreto che veramente sembrano non avere altro risultato se non mettere in ginocchio il sistema farmacia: direzione a 65 anni, pianta organica vacillante, parafarmacia senza regole almeno per quanto concerne l’ubicazione.

Sta sonnecchiando il dibattito sulla norma successoria: problematica che mi par alquanto pressante da rivedere prima ancora che sia adottata : e’ vero parlare del dopo vita non e’ piacevole, ma se mettiamo insieme la norma sul pensionamento obbligatorio e quella sulla successione della farmacia ne esce un quadro a dir poco “drammatico”: in poche parole i  problemi sono cosi’ tanti che si sta rischiando di dimenticarcene qualcuno. Non mi sembra che si possa gridare alla vittoria come si legge su un comunicato ufficiale “Siamo riusciti a portare il periodo di comunione ereditaria da 6 mesi ad un anno e mezzo”. Questa norma va vista nell’insieme e nell’articolazione del decreto. Ho letto con grande piacere le osservazioni fatte dal caro Prof. Novellino che approvo in toto, egli ha rispolverato l’esistenza di alcuni disegni di legge che avevano una buona valenza di recupero su uno stato di cose che andava sistemato.Semplicemente mettiamo una sopra l’altra le norme che escono da codesto decreto come se fosse una somma matematica:

Quorum a 3300 abitanti +

Apertura di farmacie in centri ad alta affluenza (ipermercati, stazione) +

Pensionamento del direttore +

Redditivita della farmacia al minimo storico +

6 mesi piu’ il tempo di deposito della dichiarazione di successione per cedere la farmacia da parte degli eredi non abilitati.

Alcune semplici riflessioni

La farmacia e’  a tutti gli effetti una realta’ imprenditoriale in quanto complesso di beni organizzati per l’esercizio del servizio farmaceutico: il farmacista svolge il suo compito nel mercato operando essenzialmente sulla circolazione di beni e promuovendo un servizio destinato alla collettività. La farmacia rientra senza sforzi nella previsione dell’articolo 2195 c.c: il regime vincolistico seppur  minato, non influisce sulla natura commerciale dell’attivita’ e d’altra parte il farmacista e’ considerato anche commerciante quando si tratta di versare contributi ai collaboratori dell’impresa familiare non titolati,  e per altre incombenze di natura tributaria e civilistica: l’attivita’ di farmacia e’ regolata dalle norme del diritto privato: cessione, donazione, successione. Il decreto almeno conferma cio’.

Quindi sono voci fuori posto quelle che incitano alla non ereditarieta’ della farmacia: i profili di incostituzionalità sarebbero palesi.

Inoltre:

Una delle maggiori innovazioni in tema di acquisto della titolarità della farmacia è stata introdotta dall’art. 12 della L. 475/1968 (Norme concernenti il servizio farmaceutico). Invero, il comma 11 di tale disposizione normativa prevede che il trasferimento della titolarità delle farmacie, a tutti gli effetti di legge, non è ritenuto valido se insieme col diritto di esercizio della farmacia non venga trasferita anche l’azienda commerciale che vi è connessa, pena la decadenza. A differenza del previgente regime normativo, con tale norma si è andati ad imporre che la titolarità della farmacia comprenda inscindibilmente sia il servizio farmaceutico, sia la gestione diretta e personale dell’azienda (restando, comunque, il trasferimento dell’azienda farmaceutica sottoposto alla condizione sospensiva del riconoscimento del trasferimento medesimo ad opera di un provvedimento amministrativo autorizzatorio, che viene emanato previo controllo dei citati requisiti).

Tale principio pone una problematica di non poco conto se si considera che potrebbe accadere, in alcuni casi, che la farmacia cada in successionemortis causa, unitamente a tutto l’asse ereditario, in favore di diversi soggetti di cui uno solamente sia stato autorizzato all’esercizio del servizio farmaceutico. Sorge allora l’interrogativo se tale soggetto acquisiti o meno automaticamente la proprietà esclusiva della connessa azienda.

La Suprema Corte nel 2009  è giunta alla conclusione che il soggetto autorizzato all’esercizio del servizio farmaceutico non acquista automaticamente la proprietà dell’azienda farmacia in assenza della divisione dell’intero asse ereditario cui appartiene la farmacia stessa. Ciò perché l’indissociabilità della titolarità dell’esercizio farmaceutico e della relativa azienda non comporta, quale effetto tipico, l’acquisto automatico della titolarità dell’azienda in capo al titolare dell’esercizio farmaceutico; questi ha l’obbligo di procurasene l’acquisto nei modi previsti dalla legge comune e, dunque, è necessario che intervenga la divisione dell’asse ereditario di cui faceva parte la farmacia.

Indi:

Non dimentichiamoci la norma dei sei mesi (sei mesi dalla presentazione della denuncia di successione e’ un dire che ha poco senso, in quanto la denuncia potrebbe essere presentata da un solo erede anche dopo 1 giorno dalla morte):

a)      Farmacista con eredi farmacisti e eredi non farmacisti: la divisione ereditaria deve essere fatta entro lo spazio temporale di cui sopra con possibilità elevata di alterazione dei rapporti in famiglia sulla valutazione dei singoli cespiti ereditari e sulla divisione.

b)      Farmacista senza eredi farmacisti e aggiungo titolati: il rischio anzi la certezza che con una norma di tal fattura gli eredi debbano cedere l’azienda di famiglia anche in presenza di un erede laureato o prossimo alla laurea ma che in questo lasso di tempo non possa acquisire il requisito biennale per l’intestazione dell’azienda di famiglia e’ aberrante. La farmacia e’ un’azienda nel quale si sono fatti investimenti, sacrifici, dove il capitale di famiglia che va scemando già per la riduzione della redditività di codesto tipo di azienda, la farmacia nella maggior parte dei casi, lo si dica e’ indebitata e il valore si avvicina allo zero se devo essere costretto a cederla in sei mesi. Da un lato si aprono,  anzi si spalancano le porte a chi specula ( ti offro questa somma accettala se no il rischio e’ la decadenza), dall’altra l’acquirente onesto non ha neppure il tempo per accedere ad un necessario finanziamento: e’ a chi rimane in vita, magari minorenne non resta che la pensione enpaf?

c)      Non voglio commuovere sono uno che negli anni passati a visto valutare farmacie a 2 volte e oltre il volume di affari ma i casi son ben differenti ora:

Cito un caso che ho fra le mani:

Farmacia rurale in Sicilia: volumi di affari 800.000,00 (credo che sia una media nazionale)

 

Debiti con i fornitori                          €.200.000,00

Debiti con Ist. finanziari                    €.280.000,00

Tfr                                                      €.   40.000,00

Scorte                                                €.   80.000,00

Offerta : €. 900.000,00 : wow griderebbe qualcuno la vedova ( con un figlio 22enne iscritto a farmacia) ha da star bene. Ma dove?

900.000,00  –

 

Imposte di cessione:

380.000,00

Debiti 520.000,00

Lascio il calcolo a voi.

Vorrei che i farmacisti scrivessero la loro situazione patrimoniale e che succedesse Dio non voglia capitasse loro l’imprevedibile.

Si rispolverino i progetti di legge dimenticati nel cassetto:

il termine dei 5 anni per gli eredi iscritti alla facolta’ di farmacia per intestarsi al farmacia di famiglia;

l’abolizione del requisito di idoneita’ biennale;

l’innalzamento dell’eta’ pensionabile del direttore;

E’ vero , omnia mutantur, nihil interit , ma l’inerenza dell’attivita’ farmaceutica privata al pubblico servizio farmaceutico va inquadrata e qualificata giuridicamente in funzione della normativa costituzionale, e cio’ per tutte le sue componenti, economica e tecnica nel loro reciproco rapporto.

Sostiene il Falzea che la gestione privata delle farmacie e’ espressione di un’iniziativa protetta come tale dal principio di libertà, formulato, appunto per la sfera economica, dall’articolo 41 Cost.;

Ma la concessione necessaria tra interesse economico del farmacista privato e interesse pubblico del servizio farmaceutico rende indispensabili limitazioni rilevanti alla libertà di iniziativa privata in questo settore e un intervento dello stato piu’ penetrante rispetto a quello considerato nella medesima disposizione costituzionale e una tutela che deve essere pari a quella degli altri imprenditori: ora non si parli di casta in quanto bisognerebbe trovare per il farmacista post decreto un termine che rappresenti l’esatto contrario del termine casta.

Distinti saluti.

M.Mascheroni

6 COMMENTS

  1. Dottore Mascheroni tutte cose sacrosante lei dice, ma finche’ rimangono sulla carta e nessuno pensa a farle attuare qui si va di male in peggio. Spero che i signori che contano la leggano. Occorre che la redazione mandi tutti gli scritti suoi, del dottore Sechi, dell’avvocato Jorio e degli altri consulenti a chi prende le decisioni e magari anche al nostro sindacato.
    Grazie comunque

  2. Ma di diritto non ci capisco molto, e da un alto penso che sia giusto che la farmacia possa passare di generazione come altre attività, ma non pensa che se si vuole che la farmacia sia un servizio per la salute come Federfarma dice avere delle farmacie gestite da non farmacisti sia contro producente.

  3. Ritengo caro dottore, salomonicamente che si debba trovare una via di mezzo: la farmacia e’ un’azienda che agisce tra interesse economico del farmacista privato e interesse pubblico del servizio farmaceutico.
    La precedente normativa e i disegni di legge accontonati assicuravano una scissione tra l’aspetto professionale e quello aziendale solo per casi specifici tra cui la morte del titolare affidando in questi casi la direzione momentanea ad un farmacista non titolare. Mi sembra che codesta via era e deve essere quella giusta, laddove il pensionamento obbligatorio prevede una sissione senza limiti temporali e cio’ va contro ogni principio di legge sancito. Cari saluti.
    M.Mascheroni

  4. Io studio farmacia, mio padre e’ titolare di una piccola farmacia comprata con sacrifici e debiti chi mi spiega perche’ quando e’ morto Agnelli la FIat non e’ andata a concorso? Un anno e mezzo per laurearmi se avessi 25 anni ok. Visto che si puo’ mettere il direttore quando il titolare e’ pensionabile si deve potere mettere in caso di lutto non credete? Ma non ci pensa nessuno a contestare queste regole????

  5. P.S il caso citato dal dottore nell’ articolo e’ simile al mio se non migliore, anche se mio padre gode buona salute, ma mi metto nei panni di quei casi citati nell’ articolo che possono essere frequenti. ho letto qui da qualche parte che il titolare di parafarmacia non va in pensione a 65 anni e e muore che cosa succede? Mi rispondete. Graxie

  6. gentile sig. leonardo, sono sostanzialmente contrario ad una parificazione normativa tra farmacia e parafarmacia, quindi ribadendo cio’ che ho scritto, ritengo che la direzione della parafarmacia avendo equivalenza con quella della farmacia debba soggiacere alle medesime regole, per la successione no, in quanto nella parafarmacia non sussiste l’ inscindibilita’ tra titolarita’ ed azienda commerciale e quindi deve essere considerata a tutti gli effetti una normale azienda, con il mio personale auspicio che le differenze non si assotiglino troppo come sta per succedere.
    Cari sluti.
    M.Mascheroni

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