Le opinioni della Dottoressa Annabella De Palma tratte dal Gruppo La Casa dei Farmacisti
Avanti con la liberalizzazione! Questo imperativo, da qualche mese, è diventato patrimonio comune (non si sa con quale grado di
consapevolezza del suo vero significato) del nostro Paese. Rimbalzato tra giornali e TV, è andato assumendo i connotati di una
vera e propria valanga: i tempi sono brutti, si sa; dalla Grecia e dal Portogallo arrivavano scene apocalittiche. E’ bastato poco per
convogliare le speranze del “popolo” verso un provvedimento che avrebbe evitato il fallimento del nostro Stato.
Meglio ancora se questo provvedimento, poi, toccava esclusivamente una esigua fetta di cittadini (per di più appartenenti a categorie
diffusamente considerate privilegiate): “avanti con le liberalizzazioni, ché ci salviamo !” Dall’Etna al Monte Bianco, passando per l’appennino tosco-emiliano: tutti a sostenere l’ indispensabilità di questo taumaturgico intervento. Sembra ancora di
sentire il coro che scandiva, rabbioso (per la componente dell’invidia sociale e professionale) e felice (per l’imminente esito risolutivo di ogni problema economico e finanziario del Paese intero), “LI-BE-RA-LIZ-ZA-ZIO-NE”!Ho provato, in quei giorni “caldi” in cui il tema era ancora oggetto di discussioni parlamentari (in quel simulacro di democrazia che oggi è diventato il nostro Parlamento), ad affrontare con la gente comune, con i miei clienti affezionati, sul piano della ragionevolezza, la sciagurata iniziativa concernente il sistema farmaceutico.
Non c’è stato nulla da fare: il Governo Monti ha saputo compiere un’ operazione di rara capacità.
Ha spaventato tutti e ha proposto come panacea un rimedio che non c’ entrava nulla. Ma nessuno poteva osare contraddire il Governo (come si poteva non votare la fiducia?!) e i potenti mezzi di comunicazione hanno fatto il resto. Addirittura avvalorando la più grande delle “bufale”, di quelle a cui nemmeno i più immaginifici predecessori di
Monti erano arrivati: con le liberalizzazioni il PIL crescerà del 10%!!!!! Poi hanno precisato (sottovoce) che si trattava di una vecchia
previsione non più attuale e che il 10% era costituito dalla sommatoria degli incrementi di 5 anni!!!!! Che cialtroneria!!!
E adesso, a cose fatte, possiamo interrogarci (coi nostri limitati mezzi di conoscenza) sul perché di scelte e comportamenti?
Una prima considerazione va fatta circa l’inabilità dimostrata dai rappresentanti dell’associazione titolari di farmacia (ma anche, per la
parte di competenza, degli ordini nazionali) di reagire efficacemente alla manovra (che comincia, per mano del signor Catricalà, ben prima che questo Governo fosse varato).
Ho già illustrato sopra, per la verità, quanto difficile fosse la situazione questa volta. Da un lato, siamo stati frenati da una incapacità congenita alla lotta (siamo placidi e … satolli) e le forme di protesta di tanto in tanto sperimentate (vedi serrate et similia) hanno solo alimentato nuove divisioni, nuovi approfittamenti (l’avidità ha prevalso, non di rado, sullo spirito solidaristico, facendo così fallire l’una dopo l’altra tutte le iniziative). Dall’altro, chi ci guidava si è messo a cincischiare sui numeri, illudendosi che la politica avrebbe (come accaduto sinora) tergiversato e poi rinviato. Abbiamo letto di strenue battaglie sull’argine dei 3500 cittadini (perché scattasse la possibilità di insediare una nuova farmacia), ma qualcuno proponeva 3750 (e via… così mi salvo il mio paesino di Vattelapesca!). Contrordine, la quota è 3000! Ma no, insorgevano gli uni (quelli toccati direttamente) facciamo almeno 3400, o al massimo 3350…. e, di rimando, gli altri: per favore, almeno 3500! Che spettacolo!
E chi ci guidava cosa faceva? Benediceva, si arrabbiava, tesseva strategie (anche un po’ strabiche, considerando, ad esempio, che grandi città come Napoli e Milano – i cui titolari di farmacia sono certamente ben rappresentati in sede associativa – non hanno corso alcun pericolo di vedere incrementato il numero delle farmacie!).
Insomma, un bailamme (col conflitto di interessi?): importanti realtà metropolitane escluse da questa “rivoluzione” e intere province e distretti “condannati” a sopportare l’immissione di ben 5000 nuove aperture.
Purtroppo siamo capitati tra il martello di una politica che ha rinunciato ai suoi compiti di tutela degli INTERESSI GENERALI (il
maiuscolo è voluto) e l’incudine dei nostri rappresentanti di categoria che, presi dai loro calcoli non hanno saputo affrontare i veri nodi della situazione.
L’aumento delle sedi farmaceutiche ha a che fare con la cosiddetta liberalizzazione? Nient’affatto!
Determina concreti vantaggi economici per i cittadini, tali da incidere sull’attuale situazione economica? Ma fatemi il piacere!
….gli sconti? Sul farmaco non si potevano fare e, fortunatamente, tale divieto continua (forse qualcuno dovrebbe spiegare a Monti che i farmaci sono un prodotto di cui non si deve incentivare la vendita moltiplicando i rivenditori…); sul parafarmaco già si potevano fare e quindi cosa ne guadagnano i cittadini? L’obbiettivo è avere una farmacia più vicina a casa propria? Mah, non so quale servizio in Italia sia comparabile a quello della rete delle farmacie per capillarità, efficienza e continuità delle prestazioni.
Forse dovrebbe essere chiaramente spiegato a tutti i cittadini che questo “”scherzetto” (perché, diciamocela tutta, dalla gran parte
dell’opinione pubblica l’attacco alle farmacie viene ritenuto una sorta di compensazione socio-economica, a prescindere dalla sua utilità e ragionevolezza) comporterà che tutte le farmacie ricadenti in comuni interessati dalla istituzione di nuove sedi dovranno licenziare da un quarto ad un terzo del loro personale (per rimanere nell’ambito della sostenibilità di bilancio e dei parametri di “coerenza e congruità imposti dal fisco).
Questi collaboratori licenziati saranno riassorbiti dalle nuove farmacie? Ne dubito. Ma mi pongo un’altra domanda: dove troveranno le risorse necessarie i tanti giovani professionisti chiamati, all’esito del concorsone, ad aprire le 5000 nuove sedi (occorrono diverse centinaia di migliaia di euro per l’avvio e, visti i ritardi dei rimborsi da parte della ASL -mi riferisco alle regioni meridionali, in particolare-, altre centinaia di migliaia di euro per anticipare il costo per l’acquisto dei farmaci che saranno rimborsati solo 9 o 10 mesi dopo)? Ho il sospetto che se non vorranno darsi alle rapine (scherzo!) dovranno rivolgersi alle banche, anzi … alle BANCHE (è di questi
giorni, peraltro, la notizia – vedi “Il Mattino” del 26 marzo 2012- che la criminalità organizzata si starebbe … organizzando per investire nel settore delle farmacie: quale occasione migliore per finanziare “poco poco” qualche vincitore … impossidente o compiacente o semplicemente assoggettato?).
Siamo arrivati alla fine del ragionamento: i cittadini ci guadagneranno poco o niente (a parte la soddisfazione di veder punita una categoria ritenuta, a torto o a ragione, indebitamente privilegiata sul piano economico), il sistema farmacia subirà una ferita che non
sarà più possibile curare (non si torna indietro), l’occupazione non ne avrà benefici (tra licenziamenti e fallimenti da un lato e nuove
aperture dall’altro la partita sarà pari!), ma ci sarà che si fregherà le mani: le BANCHE!!!! sarà un caso che questi provvedimenti sono stati adottati dal Governo dei banchieri? A proposito, e cosa ne è stato delle altre due categorie da “bastonare”: i tassisti e i notai?
Per i tassisti si è deciso di consegnare ai sindaci la questione (è facile immaginare come i sindaci sapranno resistere alla forza contrattuale dei tassisti); i notai, invece, sono stati “costretti” ad ampliare di sole 500 unità il loro numero: praticamente poco più di
quanti ne vengano creati ad ogni nuovo concorso. E pensare che queste due categorie, a differenza dei farmacisti, possono lecitamente sperare di vedere incrementato il ricorso alle loro prestazioni professionali (ed, anzi, possono adoperarsi in tal senso): a noi farmacisti spetta, invece, il compito di ridurre, attraverso la partecipazione a campagne di sensibilizzazione,nonché attraverso le attività “educative” della clientela e di razionalizzazione degli interventi assistenziali (in sinergia con gli altri presidi socio-sanitari), la spesa farmaceutica.
Molti (davvero molti) anni fa ho vinto il concorso per una sede farmaceutica in una ricca cittadina del Nord; non ebbi esitazione a rinunciare a tale opportunità per proseguire l’attività della farmacia di mio padre, scomparso prematuramente per un male incurabile, in un paese della provincia di Napoli, quello dove sono nata e cresciuta.
Una attività che ho portato avanti tra i mille immaginabili problemi che la realtà meridionale pone, ma anche con entusiasmo e speranza, aiutata da collaboratrici eccezionali e dall’affetto e dalla stima dei miei clienti/amici/pazienti.
Un’attività simile a quella di molte altre, disseminate nei piccoli paesi della nostra nazione: a chi giova incrinare questo sistema, in
grado di assicurare con tempestività e professionalità l’assistenza farmaceutica?
Annabella De Palma
P.S. Nella cittadina del Nord ove avevo vinto la sede tanti anni fa, per il gioco dei numeri degli abitanti, non scatterà l’apertura di alcuna nuova farmacia!
IMMEDIATO SCIOGLIMENTO FEDERFARMA .. E’ PALESE CHE RACCA’ & SOCI SI SONO VENDUTI A CATENE & GDO .. IMMEDIATA COSTITUZIONE DI UN CONSORZIO DI FARMACIE ETICHE con STATUTO e DISCIPLINA CERTIFICANTE l’ASSOLUTA ESTRANEITA’ ALLE PORCATE PERPETRATE X 60 ANNI DA certi SIGG COLLEGHI TANTO TANTO “IMPRENDITORIALMENTE FURBI” .. LOTTA SERRATA PER IL RICONOSCIMENTO e LA DIFESA DEL NS LAVORO !!!! .. a la guerre a la guerre a la guerre PAVIDI VIGLIACCHI RAGNI DA BUCO