Incurabili, l’affresco della farmacia torna al suo posto dopo oltre trent’anni

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L’opera di Pietro Bardellino è tornata finalmente nella sua collocazione originaria, il cielo della grande sala dove si riunivano i sapienti del tempo col busto del fondatore.

NAPOLI – «Le ferite guarite dell’Ospedale del Reame»: recitava così l’invito alla presentazione del restauro di un’importante tela del Settecento nel complesso monumentale degli Incurabili. E in effetti si è trattato davvero di una notevole opera di «risanamento», perché a essere letteralmente «tirato su» (e rimesso a posto), è stato il grande dipinto che tre decenni addietro fu staccato dal soffitto (minato da infiltrazioni d’acqua) e appoggiato su un lato della splendida sala di rappresentanza della Farmacia storica.

UNA FERITA GUARITA – Una vera e propria ferita che sintetizzava tutte quelle inferte negli ultimi decenni al nosocomio-gioiello costruito dalla beata Maria Longo agli albori del Cinquecento. Venerdì 1 giungo dunque – grazie agli sforzi congiunti del governatore Stefano Caldoro, del generale Maurizio Scoppa (Asl Na1), di Fabrizio Vona (Soprintendenza) e di Gennaro Rispoli (Museo delle arti sanitarie) e alla collaborazione di funzionari e volontari – si è posto rimedio a quello sfregio: l’opera di Pietro Bardellino è tornata finalmente nella sua collocazione originaria, il cielo della grande sala dove si riunivano i sapienti del tempo e dove ancora oggi fa bella mostra di sé il busto in marmo di colui che ne rese possibile la realizzazione: il governatore Antonio Maggiocca, circondato dalle mensole che ospitano gli oltre 500 bellissimi vasi in maiolica e porcellana realizzati da Donato Massa tra il 1747 e il 1748. Dopo complesse e complicate procedure di verifica statica, si è dunque potuto ripristinare quello scrigno che è il «Salone di rappresentanza» della Farmacia, uno degli spazi d’arte più suggestivi e intensi della città, e raro esempio del decorativismo settecentesco napoletano.

UNA SALA CON ARREDI UNICI – L’apparato e l’arredo della sala, infatti, costituiscono un unicum di eccezionale valore storico-artistico e documentario. Un intervento-evento (per una volta il termine appare appropriato) che vuole essere la prima tappa di un più ampio progetto di restauro del complesso monumentale e, al tempo stesso, è la migliore espressione della fattiva collaborazione tra istituzioni pubbliche e private: il restauro è stato promosso dall’Asl Napoli 1 e dalla Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico, etnoantropologico e per il Polo museale, ed è stato realizzato dall’associazione Il Faro d’Ippocrate (la stessa che cura il Museo delle arti sanitarie) grazie agli sforzi dei «volontari dell’arte e della medicina» e alla professionalità e alla sensibilità dei funzionari della Soprintendenza con in testa Anna Pisani e Ida Maietta. Mentre ad eseguire i lavori sono stati i restauratori Paola Cavaniglia, Valeria Brancaccio, Gaetano Corradino (dell’impresa “Ambra Restauri”) con la collaborazione di Francesco Solimene. La ricollocazione del dipinto è il punto di arrivo di una articolata vicenda conservativa che era iniziata negli anni ’60, con successivi interventi negli anni ’70 e poi negli anni ’80, quando fu di nuovo smontato dal soffitto.

QUEI CENACOLI ALCHEMICI – Dalla prossima settimana, dunque, si potrà rivedere nella sua interezza l’elegante e simbolico ambiente dove si riunivano i membri delle Accademie e dei cenacoli alchemici tre secoli fa (visite sempre su prenotazione, che si può fare chiamando al Museo delle arti sanitarie, 081-440647), e si potrà ammirare di nuovo, nella sua interezza, anche il pavimento in cotto e maiolica realizzato nel 1750 da Giuseppe e Gennaro Massa (che volle simbolicamente riprendere gli stessi colori dominanti dei vasi). Lo spettacolare dipinto di Pietro Bardellino mostra la scena del mitico Macaone, grande medico dell’antichità, intento a guarire un guerriero ferito, un episodio tratto dal libro IV dell’Iliade. Si tratta di una tela di forte carattere antologico-narrativo, con le scene riprese in fuga da sinistra verso destra, che mostra in primo piano una battaglia, poi il momento delle cure prestate al guerriero, quindi un’allegoria (forse Marte) e, a sinistra, un gruppo di angeli.

QUELLA TROIA A NAPOLI – Lo scenario è la città di Troia (che si intravede di scorcio) perché, come è noto, secondo la mitologia greca Macaone, figlio di Asclepio ed Epione, era tra i pretendenti di Elena e giunse al porto di Aulide insieme al fratello Podalirio e ben 40 navi. Macaone era un medico (apprese le arti guaritrici dal padre e dal maestro Chirone) e curò le ferite degli Achei (guarì Menelao colpito dalla freccia di Pandaro) ma era anche un guerriero che combatteva in prima linea. Secondo una tradizione ripresa anche nell’Eneide, inoltre, Macaone era tra i guerrieri che si nascosero nel celebre cavallo di legno, e per chi tiene alle sorti del complesso monumentale di Caponapoli la speranza è che questo primo intervento di restauro costituisca anch’esso una sorta di «cavallo di Troia» per riuscire a vincere le resistenze dei burosauri e dei lamentosi strateghi del «nonsipuotismo», così da poter cominciare a recuperare tutti gli immensi tesori d’arte degli Incurabili (e di tutta la zona dell’Acropoli). E il pensiero corre subito alle chiese di Santa Maria del Popolo agli Incurabili e di Santa Maria delle Grazie Maggiore a Caponapoli, alla Cappella dei Bianchi, al cortile barocco dell’ospedale e alla splendida Sala del Consiglio (tutta affrescata) da decenni consegnata al degrado più selvaggio. Perché le ferite inferte all’Ospedale del Reame (e a tutto il borgo) sono davvero tante, troppe, persino per la capitale dei monumenti abbandonati.

Via CorrieredelMezzogiorno

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