A volte si incontrano persone, o atti, che riconciliano con il mondo. E’ il caso di Marina Garassino che seppure nelle più importanti testate giornalistiche italiane viene definita come una sognatrice, è in realtà una ricercatrice, ma di quelle oneste. La dottoressa Garassino ha denunciato che l’erlotinib, un farmaco prescritto per la cura dei tumori al polmone è inutile al 90% dei casi. Si tratta di un farmaco dal costo di 2900 Euro ogni due mesi di trattamento. Secondo Garassino funziona meglio la vecchia chemioterapia con docetaxel (che costa anche molto meno: 870 Euro per due mesi di trattamento). Lo scenario in cui la dottoressa Garassino ha deciso di esporre la sua ricerca è di quelle che fanno tremare i polsi: Asco, il congresso americano di oncologia tenutosi a Chicago. La ricerca è stata premiata con l’inserimento nell’albo “Best Asco”. In proposito alla sua ricerca, la dottoressa Garassino ha dichiarato: “Già all’atto della registrazione, nel 2005, si sapeva che il farmaco era efficace solo nel 10% dei casi, cioè nei pazienti che presentano una certa mutazione genetica, ma l’azienda produttrice ha continuato a promuoverlo e gli oncologi a prescriverlo”. Il tema è di quelli scottanti. Inoltre c’è un’ulteriore questione ad inspessire le nebbie che circondano la registrazione di erlotinib: infatti, il gefintinib, farmaco gemello del primo, non era riuscito a superare le prove per la registrazione nel 2004 ed è entrato in commercio solo nel 2010, ma è prescritto soltanto a quel 10% di pazienti sensibili. La ricercatrice ha spiegato: “Entrambi i farmaci funzionano solo quando il tumore (stiamo parlando di tumori polmonari cosiddetti non a piccole cellule) presenta una mutazione del gene Egfr (fattore di crescita dell’epidermide). La mutazione è più frequente nei tumori dei non fumatori, più rara in quelli di fumatori ed ex fumatori, che sono la maggioranza”.
Viene spontaneo domandarsi come mai l’erlotinib è stato registrato come farmaco per tutti e il gefitinib no. Ancora la dottoressa Garassino ci viene in soccorso: “I risultati degli studi per la registrazione di un farmaco dipendono anche dalla popolazione di pazienti coinvolti. Infatti, in quelli dell’erlotinib, si contavano molti asiatici, che, si sa, presentano più frequentemente il gene mutato e sono quindi più sensibili dei caucasici al farmaco”. Un semplice pasticcio nella sperimentazione, sembrerebbe. Per fortuna che esistono ancora ricercatori e ricercatrici indipendenti, che sorvegliano l’attività e i prodotti dei colossi del farmaco. Sarebbe importante ricordarsi anche in altri momenti dell’importanza di una ricerca indipendente attiva e ben finanziata.