ESCLUSIVO – Irruzione dei carabinieri nelle Farmacie Doc Morris

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Bologna Italia. La tattica di penetrazione della catena farmaceutica tedesca nel bel Paese è sempre stata la gestione dei servizi perché la legge italiana vieta che un proprietario possa avere più di 3 farmacie. Da pochi giorni però nella sede bolognese della Doc Morris hanno fattoirruzione i carabinieri con l’ispettorato del lavoro perché hanno trovato un altro problema: una cooperativa esterna lavora nel turno notturno del magazzino di distribuzione dei farmaciviolando la legge. E a sorpresa nei mesi precedenti è iniziata a scomparire l’insegna di proprietà del Comune di Bologna che ha un notevole valore economico, sostituita dal nuovo marchio, Doc Morris, di proprietà tedesca. Il numero uno della Spa tedesca Gehe, proprietaria della gestione si è precipitato in città.
Favorire l’entrata di una catena imprenditoriale nel settore delle farmacie potrebbe portare in Italia altre “catene” e cambiare la natura degli interventi sulla salute. Un’intervista video shock di Affaritaliani Emilia Romagna all’ex presidente delle Farmacie di Bologna, Virginio Biagini, rileva tutti i lati oscuri del caso bolognese che fa da apripista all’avanzata dei tedeschi in Italia.

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Doc Morris nel 2000 è una catena di farmacie olandesi che aggredisce il mercato tedesco. Il mercato teutonico dominato dalla conduzione familiare e da un corporativismo simile a quello italiano è stato ben presto messo sottosopra dagli olandesi al punto che i tedeschi della Gehe/Celesio decidono di intervenire massicciamente acquistandone nel 2010 il marchio e il know how per continuarne le gesta.

La Gehe/Celesio già da anni si è mossa in prove tecniche di espansione in Italia partendo da Bologna  (fine anni ’90). E così con 24 farmacie nel capoluogo felsineo, 80 a Milano e poi Cremona, Lissone, Prato, San Giovanni Valdarno e Vicenza la Doc Morris si è insediata nel settore della gestione italiana della farmacie. La tattica? La penetrazione in Italia attraverso la gestione di servizi perché la legge stabilisce che un proprietario non può avere più di 3 farmacie delle circa 75000 sul territorio. La strada è lunga ma le esperienze di altri Paesi europei hanno mostrato che ci si mette poco a modificare normative e a cambiare gli assetti proprietari di un settore soprattutto in fasi di crisi rovinose come quella attuale. Bologna ha fatto da a apripista all’avanzata.

IL CASO BOLOGNA- Il nucleo operativo dei carabinieri con l’ispettorato del lavoro ha fatto irruzione, qualche giorno fa, nella sede del magazzino di distribuzione intermedia del farmaco (in via del Commercio Associato 22-28), sede anche della stessa società di gestione delle farmacie comunali di BolognaADMENTA Italia S.p.a.(controllata dalla Gehe/Celesio) e AFM S.p.a..   L’intervento è stato sollecitato dal sindacato UGL perché  da tempo ha iniziato a lavorare all’interno dei locali dell’ AFM (Azienda Farmaceutica Municipale) una cooperativa con propri dipendenti (guarda i documenti) che opera nel turno notturno con personale in capo alla cooperativa, per la preparazione degli ordini che partono la mattina per le varie destinazioni, compresa la AFM di Milano.

Il magazzino e le sedi delle farmacie comunali distribuite in città sono di proprietà esclusiva del  Comune di Bologna. L’attuale normativa degli appalti prevede che questi lavoratori soci cooperatori possano essere richiesti per pulizie, facchinaggio, trasporti, mensa e guardiania ma non assolvere all’interno della struttura funzioni lavorative per l’esercizio dell’attività di AFM e del magazzino di distribuzione. Questa scelta aziendale non rispetta le normative vigenti e sembrerebbe stata presa a livello discrezionale dall’attuale Amministratore Delegato dottor Leonardo Ferrandino di Admenta Italia ( società del gruppo Gehe/Celesio tedesco che ha l’80% di AFM Spa di Bologna ).

Se fossimo in Germania l’urlo sarebbe “Alarm, alarm” ma qui siamo a Bologna e di tedesco c’è solo l’amministratore delegato della “Ghe“, come la chiamano da queste parti, che rare volte in 13 anni di redditizia attività si era recato così di corsa alla sede delle farmacie comunali in Italia. Per il suo arrivo tutto e tutti sono stati tirati a lucido e in divisa: gonna per le impiegate e pantaloni d’ordinanza per uomini e non un granello di polvere fuori controllo.

Il rischio è grosso. Già perché nel 1999 la Celesio Holding tedesca quotata in borsa, vince attraverso la sua società Gehe l’appalto per la gestione delle farmacie comunali di Bologna e del centro di distribuzione, per 99 anni. Ma Il Comune rimane proprietario titolare della concessione governativa al 100%  sulle farmacie e del centro di distribuzione.  La situazione è però paradossale in quanto il Comune, legittimo proprietario non esercita il proprio ruolo.

L’operazione di “privatizzazione” del ’99 è voluta dall’ex Sindaco DS Walter Vitali e gestita dall’ex assessore al bilancio Flavio Delbono e dall’ex direttore operativo Sante Fermi.

Admenta Italia S.p.a.  è  la società della holding tedesca Celesio AG, la quale ha costituito successivamente una società col Comune di Bologna che è la AFM Spa dove l’80% è di Admenta e circa il 18% del Comune; il resto è in quota  di altri comuni limitrofi. Con  questa partecipazione il Comune ha trasferito la proprietà degli immobili delle farmacie comunali, valore commerciale circa 20 milioni di euro, a AFM Spa e decide in questo modo di rinunciare a percepire i canoni di locazione per 90 anni, circa 100 mila euro all’anno.

In tutta questa complicata e strana operazione finanziaria il Comune di Bologna conserva tutt’ora la proprietà del marchio e non si capisce quindi perché permetta di togliere le insegne di “Farmacie Comunali” sostituendole con le nuove “Doc Morris” della società tedesca. Ma il Comune tace anche se scomparendo il marchio si vedrà arrecata una forte perdita visto che ha un valore economico rilevante.

L’operazione di compravendita di fine anni ’90 fu seguita dal direttore operativo del Comune di Bologna, l’ingegner Sante Fermi, che a transazione compiuta, fu sorprendentemente… nominato amministratore delegato della società tedesca Gehe. L’operazione da 117 miliardi di vecchie lire fu applaudita dal sindaco Vitali che dichiarò “E’ un indubbio successo”… “l’ entità economica è superiore alle previsioni e il partner è di grande affidabilità”. “Non si può certo dire che l’ abbiamo svenduta” aggiunse poi Flavio Delbono, perché fu valutata 37 miliardi in più di quelli ipotizzati inizialmente. Il valore degli immobili e il mancato introito delle locazioni che il Comune quindi non percepisce, si avvicinano ad una cifra di circa 18 milioni di euro (35– 37 mld di vecchie lire) che guarda caso coincidono con la supervalutazione della concessione gestionale delle farmacie e del magazzino.

Forse l’ex sindaco ed ora senatore Walter Vitali e suoi consiglieri non avevano ben capito…. i contenuti economici dell’operazione!?

Oggi l’irruzione dei carabinieri evidenzia “uno stato confusionale” nella gestione generale dell’azienda. Da noi intervistato su tutta “l’anomala storia” Virginio Biagini, ex presidente per 13 anni delle Farmacie Comunali di Bologna, fa notare che il magazzino, e quindi i suoi dipendenti, stanno rischiando seriamente di rimanere senza lavoro a causa della razionalizzazione dei costi. La distribuzione dei farmaci negli anni si sta accorpando in tre grosse società in Italia per la stessa logica di risparmio dei costi che ha attraversato ad esempio il comparto della distribuzione agroalimentare ai centri commerciali e supermercati. Il ribasso poi del ricarico sui medicinali che ha posto il Governo sta orientando le società che distribuiscono i farmaci verso questa scelta e il rischio di diventare obsoleto e costoso per il magazzino di AFM Spa di Bologna, è consistente.

In base alla legge attuale la catena Gehe che gestisce in Italia circa 140 farmacie, opera all’interno dello spirito della legge? Questa stabilisce che non possano esistere catene di farmacie se non gestite da strutture cooperative o enti pubblici e un privato non può avere la titolarità di più di tre farmacie. Ma dove è la proprietà? Dov’è il Comune di Bologna in questo caso ? “Una cosa è certa” per l’ex presidente Virginio Biagini “la totale assenza del ruolo del Comune di Bologna per volontà, per incapacità o quant’altro…”.

Domanda – Lei è disponibile a raccontare i dettagli di tutte queste “anomalie” alla Magistratura nel caso fosse interessata?

V.Biagini – “Se posso usare un termine scherzoso…mi alzo dal letto per dirglielo. Ma sono anni che dico che ci sono cose molto strane in tutta questa vicenda. Rifiuto di credere che questa operazione, di dare i beni immobili (gratis, ndr), non sia stata compresa da chi allora aveva tutte le responsabilità. Il Sindaco di Bologna era Walter Vitali, l’assessore al bilancio Flavio Delbono… e mi fermo qui! (sorride Biagini, ndr)”

Via AffariItaliani

1 COMMENT

  1. A quanto pare Celesio “getta la spugna” su DocMorris!
    Da “farmaacista33” leggo la seguente notizia:

    “Celesio mette in vendita DocMorris.
    Sono passati solamente cinque anni dall’acquisizione da parte di Celesio del brand DocMorris, e già la multinazionale tedesca ha deciso di vendere. La notizia è stata resa nota qualche giorno fa dal portale finanziario Teletrader. L’acquirente è una società svizzera, da tempo operativa nell’ambito delle vendite on-line di farmaci, che ha pagato attività e marchio 25 milioni di euro. Visto che il gruppo tedesco aveva acquistato la catena a circa 55 milioni, l’operazione comporta per Celesio una perdita di circa 30 milioni.
    Per il sito Pharma adhoc, la decisione di vendere sarebbe stata adottata in seguito alle controversie nate nel mercato tedesco, dove il distributore Celesio, con la sua strategia aggressiva nelle vendite on-line, avrebbe allontanato molti titolari di farmacia, di fatto i clienti più importanti per un grossista.
    Il marchio DocMorris è diffuso in tutta l’Europa e in Italia è presente a Milano, Bologna, Cremona, Lissone, Prato, San Giovanni Valdarno. Inoltre il brand è stato utilizzato da Celesio anche come modello di franchising per farmacie pr ivate in Italia, Germania, Irlanda e Svezia. Nel nostro Paese il marchio non era ancora riuscito ad affermarsi del tutto, tant’è che alla fine del 2011 risultava affiliato un solo presidio, a Vicenza. Dopo un periodo di transizione, ha fatto sapere Celesio, tutte le farmacie del gruppo dovranno abbandonare il marchio DocMorris”.

    Ma non è plausibile la disattenzione della politica verso comportamenti puramente commerciali e di mercato in un settore delicato qual’è la sanità.
    Si concede ad attori, forti economicamente e potenzialmente oligopolisti, di poter manipolare il mercato deprimendolo o esaltandolo solo per puro tornaconto, senza valutazione alcuna sulle conseguenze e gli effetti collaterali che siffatte operazioni generano.
    A chi la responsabilità dei danni arrecati, alla restante parte del tessuto distributivo, per le operazioni di acquisizione e dismissione della multinazionale Celesio?

    E, qui in Italia, cosa pensa di fare l’Antitrust per evitare che simili atteggiamenti di dominio del mercato inducano a disagi per i cittadini e depauperamento del network della distribuzione farmaceutica?

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