Il passaggio generazionale della farmacia: Le problematiche irrisolte del patto di famiglia


Il farmacista, sia esso titolare di azienda o società e in quest’ultimo caso dovrà avere il controllo della società stessa – potrà decidere di assegnare l’azienda o le partecipazioni a uno o più eredi, escludendo gli altri legittimari, tra cui in ogni caso il coniuge.

E’ comparso sulla stampa di settore un recente studio di un noto Economista il dr. Giuseppe Rebecca che affronta in modo lineare le problematiche relative a codesto istituto che trova difficolta’ a decollare nel nostro ordinamento.

E’ facilmente applicabile il patto di famiglia alla farmacia? Ovvero per attuare il trasferimento generazionale e’ opportuno ricorrere agli strumenti tradizionali della donazione di azienda?

Così recita la norma: «È patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, a uno o più discendenti».
Quindi il disponente può attribuire in vita l’azienda e/o le partecipazioni a uno o più legittimari, ponendo a carico di questi la liquidazione degli altri legittimari, i cosiddetti “legittimari non assegnatari”. In pratica, si è consentita per la prima volta una specifica deroga al divieto dei patti successori.

Chi deve effettuare la liquidazione ai legittimari non assegnatari?

Il disponente destina l’azienda a un erede legittimario, la farmacia, quindi al figlio abilitato. ci si chiede: chi dovrà liquidare gli eredi legittimari che non risultano assegnatari dell’azienda? (ovviamente i figli non abilitati alla professione)Coloro i quali sostengono la tesi della possibilità di liquidazione dei legittimari da parte del disponente ricordano la relazione al disegno di legge, che appunto ciò prevede. Il procedimento proposto dal patto di famiglia (i legittimari non assegnatari, se non rinunciano, sono liquidati dei loro diritti) funziona bene solo con liquidazione da parte del beneficiario; (figlio farmacista) l’istituto non potrà mai funzionare, da un punto di vista pratico, con liquidazione da parte del disponente, anche se in realtà così si sta facendo. E ciò non certamente per gli effetti del momento, ma per quanto può accadere all’apertura della successione.
L’art. 768-quater, secondo comma, cod. civ. così prescrive, relativamente alla compensazione: «Gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli artt. 536 e seguenti; i contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura». Quindi dapprima si determina il valore dei beni oggetto della liquidazione (azienda e/o partecipazioni), dopodiché si calcolano le correlate quote spettanti ai legittimari per legge e infine si determinano le modalità di liquidazione (denaro e/o natura). La liquidazione è obbligatoria, e non poteva essere diversamente, ma ne è consentita la rinuncia, in tutto o in parte, da parte dei legittimari. La liquidazione ai legittimari non assegnatari spetta agli assegnatari; questo prevede la norma. La dottrina ha criticato questa ipotesi, poiché nella realtà il beneficiario potrebbe non possedere risorse sufficienti per provvedere alla compensazione. L’assegnatario, anche per la prevedibile giovane età, potrebbe infatti avere un patrimonio limitato.

In generale, si ritiene però che la compensazione possa essere effettuata anche dal disponente stesso attraverso il cosiddetto “patto verticale”, opposto allo schema orizzontale nel quale l’imprenditore titolare della farmacia attribuisce l’azienda o le partecipazioni a un discendente e sarà poi questi a compensare i legittimari.
Nel patto verticale l’imprenditore assegna l’azienda o le partecipazioni societarie a un discendente e provvede lui stesso a liquidare gli altri. E questo è proprio il caso, da taluni peraltro ritenuto non corretto, che può dare origine a problematiche di assegnazione agli eredi. Qualora la liquidazione venisse fatta direttamente dal disponente, non necessariamente si dovrà verificare la corrispondenza tra il valore del credito vantato dagli eredi verso l’assegnatario dell’azienda e il valore del bene trasferito dal disponente stesso.

Ne consegue che, ove tale valore (relativamente a quanto attribuito ai legittimari non assegnatari) dovesse superare la quota di legittima sull’azienda o sulle partecipazioni societarie, l’eccedenza, almeno secondo taluni, andrebbe trattata come liberalità, soggetta comunque a collazione e all’azione di riduzione, al momento dell’apertura della successione.
In caso contrario, ne potrebbe derivare un pregiudizio per l’assegnatario, anche se, invero, qualora quest’ultimo avesse dovuto ritenere lesi i suoi diritti, molto semplicemente avrebbe potuto non partecipare all’atto.
Ove invece il valore dovesse essere inferiore rispetto alla quota di legittima sull’azienda o sulle partecipazioni societarie, il partecipante non assegnatario, accettando di ricevere quanto datogli, manifesterà in modo del tutto inequivocabile l’intenzione di rinunciare alla liquidazione della sua quota di legittima, relativamente (e limitatamente) all’oggetto del patto di famiglia. (Rebecca)

Il valore da attribuire all’azienda o alle partecipazioni sociali ai fini della liquidazione della quota è liberamente determinabile dalle parti al momento stesso della stipula del patto, ma è consigliabile fare predisporre una perizia da un esperto, meglio se asseverata, da allegare al patto stesso. Quanto abbiano ricevuto i contraenti del patto di famiglia non è soggetto a collazione, né a riduzione, per
legge (art. 768-quater, ultimo comma, cod. civ.). Si ha così il definitivo passaggio della proprietà dell’azienda, o delle partecipazioni sociali, in capo all’assegnatario, essendo appunto precluso l’assoggettamento a riduzione e collazione di tale attribuzione.
Si ritiene che non sia peraltro soggetto a collazione e riduzione nemmeno quanto i legittimali non assegnatari abbiano eventualmente ricevuto ex art. 768- quater, terzo comma, cod. civ, indipendentemente dal fatto che le assegnazioni siano avvenute tramite il patto di famiglia o per mezzo di successivi contratti collegati.

Cose complicate e quindi un esempio semplice per comprendere: Farmacista con due figli uno abilitato l’altro no. Trasferisce con un patto la farmacia del valore di 500.000 euro al figlio farmacista , il quale a sua volte liquida il fratello con un immobile del valore di 100.000 euro.

Alla morte il padre lascia un patrimonio residuo di 300.000 euro.

La domanda : Puo’ il farmacista proporre azione di riduzione per la lesione di legittima non avendo teoricamente percepito nulla in morte e avendo avuto la farmacia attraverso il patto? Al farmacista spetterebbe per legge almeno 1/3 di 300.000 euro cioe’ 100.000 euro? L’opinione di Rebecca e condivisibile e’ quella secondo la quale l’oggetto del patto non possa essere riunito fittiziamente al patrimonio del disponente, in quanto l’art. 536 cod. civ. non può trovare applicazione, vista la natura non liberale del patto.

Nel caso più sopra illustrato, l’assegnatario, pur avendo già ottenuto con il patto un beneficio netto pari a 400.000 (500.000 farmacia meno 100.000 al fratello) , , potrebbe quindi agire vittoriosamente in riduzione attraverso la disposizione testamentaria che lo esclude dalla successione del padre.

Il patto di famiglia stenta a decollare, tra gli imprenditori e farmacisti un po’ per caratteristiche proprie dei farmacisti medesimi un po’ per le problematiche che in ogni caso ancora sussistono e un po’ anche perché, in definitiva, pare non tutelare sufficientemente i legittimari non assegnatali. Escluso che essi, partecipanti all’atto, rinuncino a quanto loro spettante si possono venire a creare delle
situazioni critiche, ai fini della riduzione e/o collazione, quando la liquidazione dei legittimari è fatta direttamente dal disponente. Vale la pena farsi consigliare e valutare comparativamente i vari istituti che assicurano il passaggio generazionale della farmacia.


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