La signora di Alliance Boots, partner di Stefano Pessina.
A volere unire i puntini della sua vita sparpagliati tra Chiavari, Genova, Parigi, Londra, Montecarlo e mille voli aerei il percorso di Ornella Barra, discreta lady di ferro delle salute, sembra un’unica linea retta che non poteva che portare dove si trova adesso. Ma sono i miraggi dell’ ex post , quelli che facilitano le descrizioni delle vite una volta ottenuto il successo. Il punto di partenza potrebbe essere la farmacia Bellagamba in piazza delle Carrozze, oggi la più importante e centrale di Chiavari. È lì che la giovane laureata in Farmacia presso l’università di Genova, dopo aver fatto la collaboratrice ebbe la scintilla imprenditoriale: «Decisi che potevo fare per me quello che facevo per gli altri». Era il ’79 e Ornella Barra «in parte sostenuta dalla famiglia» mise il primo mattone di un impero, comprandola. In realtà il primo puntino potrebbe anche risalire agli anni del liceo. «La scelta di fare Farmacia proveniva dal mio amore per la medicina che ho sempre avuto e che ho tuttora». Amore totalizzante come capita ai grandi conquistatori: Barra, ancora oggi, legge testi di medicina e di scienza. In realtà, racconta, avrebbe voluto fare Chirurgia. «Ma non era facile allora per una donna pensare di fare la chirurga».
I puntini hanno sempre le ombre quando li guardi da vicino. Così la scelta di concentrarsi sulla farmaceutica fu un second best senza il quale oggi, presumibilmente, non avrebbe conquistato uno dei suoi ultimi e più luminosi puntini: quello che la vede al nono posto della classifica redatta da Fortune nel 2011 sulle più potenti donne chief executive officer al mondo al di fuori degli Stati Uniti. Curioso destino il suo, come forse lo sono un po’ tutti: Marina Berlusconi viene al 12° posto, ma lei, pur italiana, italianissima, figlia di un imprenditore dell’edilizia che le ha dato un’educazione «molto severa e rigida», non viene mai indicata come la più potente ceo italiana. Un perché c’è, ed è in quell’«UK», United Kingdom, che compare nell’ultima colonna della classifica. Per essere italiana è italiana. Ma Alliance Boots, la società che controlla insieme al compagno Stefano Pessina e con la quale è partita la conquista della più importante catena di «drugstore» Usa, Walgreens, è inglese pur contenendo nel proprio cuore quelle due prime società di distribuzione farmaceutica, Di Pharma di Barra e Alleanza Salute di Pessina, che sicuramente sono puntini importanti di questa storia.
Difficile arrogarsi dei diritti nella descrizione di un percorso. Ma è lei stessa che dà a quell’incontro l’importanza che ha avuto. «Diventata proprietaria della farmacia capii che il sistema della distribuzione non era efficiente». Nasce il centro di Lavagna che oggi raccoglie gli uffici italiani dell’impero allargatosi a dismisura. «Avevo voglia di crescere così presi un appuntamento tramite degli amici con Stefano che aveva un’azienda familiare a Napoli». Nell’incontro decisero di spartirsi l’Italia. Trent’anni dopo si sono poi spartiti il mondo, condividendo peraltro tutto: lavoro e vita. «È molto difficile gestire gli affetti personali o la vita familiare con un’azienda. Io ho avuto la fortuna di lavorare nella stessa azienda con Stefano, però non credo possa capitare a tutti».
A 59 anni, intanto, c’è la voglia di allungare ancora la linea retta o non retta che sia. Ora la conquista degli Stati Uniti. Tre anni di lavoro duro per integrare le due aziende. E dopo, già c’è il progetto di partire verso l’America del Sud e fortificare l’Asia. C’è tutta la nuova middle class cinese a cui vendere farmaci e prodotti di salute e cosmetica. L’azienda è vita. E anche se lo dice con discrezione è evidente che i puntini fuori dalla vita aziendale sono pochi. Molti tenuto da parte per scelta. «Non frequentiamo salotti, non per arroganza ma perché non fa parte del nostro stile. Conosciamo tante persone ma i rapporti nascono sul fare».
Dove, non ha poi così tanta importanza. «In Italia ho speso tanto tempo, poi in Francia, Portogallo, Londra. Ogni Paese è diverso e ognuno ha i propri lati positivi». La verità: «Se uno vuole espandersi deve essere lui ad adattarsi all’altro popolo e non può pretendere che siano gli altri a farlo». Lo spirito imprenditoriale forse si può imparare, forse è pura genetica. Certo è che a unire i puntini di una vita, a posteriori, si fa meno fatica che a costruirseli uno dopo l’altro quando davanti hai solo un foglio bianco.
Ma il bello (per tutti) è questo.
Via Il Corriere
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