Pietro Viano, 27enne dronerese, è uno degli psicologi dell’Associazione “Psicologi per i popoli -Cuneo” impegnati in Emilia Romagna ad assistere la popolazione colpita dal sisma. La squadra, che fa parte della Colonna mobile del Coordinamento nazionale di Protezione civile, è composta da professionisti abilitati che si alternano in turni di una settimana con i colleghi torinesi della stessa onlus. “Ero già stato in Abruzzo nel 2009 con il gruppo torinese dell’Associazione di cui faccio parte anche per attività in periodi nei quali non ci sono emergenze” spiega.
Lo abbiamo raggiunto al telefono mentre si trovava nella frazione San Giacomo di Mirandola, nel Modenese. Qui la Protezione civile piemontese gestisce una tendopoli che ospita circa 420 persone suddivise in due campi.
Come operano gli psicologi?
“Appoggiamo le attività di protezione civile nel campo. A differenza del terremoto in Abruzzo, qui molti servizi pubblici continuano a funzionare. Non ci sostituiamo a loro, ma cerchiamo di soddisfare le esigenze psicologiche, soprattutto dei volontari, per problematiche nella gestione del campo e con la popolazione”
Quali sono i problemi principali?
“In questo, come in molti altri campi emiliani, c’è una forte componente multietnica. Circa il 25% degli sfollati qui sono italiani, gli altri appartengono a varie etnie. Nelle tendopoli finisce spesso chi non ha altre risorse. I problemi principali riguardano le difficoltà di comunicazione, le diverse esigenze nell’alimentazione e nel cucinare. Anche la comprensione di determinate regole di funzionamento del campo è uno degli aspetti ci troviamo a gestire”
Quali etnie sono presenti?
“Soprattutto cinesi, una delle più difficili con cui operare perché moltissimi non conoscono l’italiano. Stiamo lavorando affinché ogni gruppo etnico abbia un suo rappresentante per facilitare la comunicazione. Poi ci sono marocchini e nordafricani, in gran parte tunisini. Ma anche persone dallo Sri Lanka, indiani e pakistani”
Quali sofferenze psicologiche per i terremotati?
“Riscontriamo vari sintomi legati al trauma che si differenziano in base ai singoli e alle fasce d’età. Ci sono bambini con difficoltà nel sonno, enuresi e mamme in difficoltà, essendo loro stesse afflitte da preoccupazioni, paure e sintomi conseguenti al terremoto. Negli adulti c’è, sia il disagio del terremoto, per aver perso una serie di sicurezze, sia lo stress legato alla vita nel campo. Per quanto si faccia il possibile non è semplice da accettare. Ci sono tensioni che a volte si riflettono sui rapporto fra etnie. Negli anziani dal punto di vista psicologico diamo sempre molta attenzione ad eventuali situazioni di isolamento, cercando di monitorare quelli più soli. Il caldo è infernale e cerchiamo di assicurare che gli over 70 non passino inosservati. Spesso fanno meno rimostranze, restano chiusi nel silenzio, ma anche loro vivono un
disagio”
Quali problemi per i volontari?
“Porsi di fronte a così tante esigenze diverse complica la loro azione, ma rispetto ad altre situazioni, come il terremoto in Abruzzo, qui questo aspetto è molto forte e non semplice da gestire. E’ difficile essere preparati a rispondere immediatamente alle esigenze di tutti perché richiede una grande capacità di ascolto e prontezza”
Via puntocuneo.it