Farmacie italiane poco innovative e pronte a rispondere ai cambiamenti del mercato? parebbe di si, perlomeno questo è il quadro che emerge dalla ricerca firmata da Gianni Cozzi e Cinzia Panero e presentata venerdì nel corso del convegno sulla distribuzione dei farmaci in Italia organizzato a Genova dalla facoltà di Economia dell’Università cittadina e da Coop Liguria.
Secondo tale ricerca le problematiche che stanno affliggendo il canale farmacie in Italia, l’erosione dei margini Ssn e la conseguente crescita del mercato “non rimborsabile” della farmacia hanno messo i titolari nelle condizioni di dover ingegnarsi nell’approntare strategie di risposta innovative ed orientata al marketing ma, si c’è il ma, la causa delle difficoltà del sistema farmacia è da attribuire al sistema di norme eretto a difesa del canale riesce, grottescamente, a soffocare sul nascere e quindi facendo male a se stesso.Lo studio è un’analisi tout court della filiera farmaceutica e dei sismi che la stanno scuotendo, è forse un’analisi severe ma che offre, per chi la guarda con occhi proattivi, spunti di crescita e miglioramento. Cozzi e Panero sono espliciti anche nell’elencare i punti di forza e di debolezza del canale e se fra i primi è impossibile non menzionare aspetti quali la «disponibilità di costanti flussi di clienti, anche senza alcuna politica attiva volta a fidelizzarli» e «la fiducia, molto radicata e diffusa, di cui gode la figura professionale del farmacista», ecco che il rovescio della medaglia vede questi stessi aspetti tramutarsi in negativi se, come spesso accade, buona parte dei titolari tende«a privilegiare la difesa delle rendite di posizione e delle posizioni di rendita senza impegnarsi in politiche di mercato attive», ad assumere un profilo «competitivo anche all’interno della categoria, a stimolare la mobilità territoriale dei consumatori, a fronteggiare efficacemente la concorrenza esterna nei comparti in cui la distribuzione al dettaglio» è soggetta alla concorrenza multicanale.
Sempre secondo l’indagine degli accademici genovesi si evince come l’immobilismo sia spinto dalle norme in vigore, un sistema che impone una professione da vivere ed esercitare in solitudine, tutto il contrario di ciò che accade nel resto d’Europa, a cui si aggiunge una difficoltà atavica ad inserirsi “in organizzazioni strutturate e con ai loro vertici, risorse umane specializzate nel marketing management». Il risultato? Presto detto, in media le farmacie italiane risultano molto deboli nel marketing operativo e, «molto spesso» scrivono gli autori, « i farmacisti accettano il prezzo di vendita indicato dai produttori anziché ragionare in termini di ricarichi differenziati anche in funzione della concorrenza esterna e dell’elasticità al prezzo della loro clientela». Giungendo poi ad analizzare la gestione degli spazi espositivi da riservare alle linee di extrafarmaco per le quali è rilevante l’in-store merchandising, «sono sostanzialmente decise seguendo le indicazioni dei produttori», così come organizzate o gestite in concerto con i produttori sono «la maggioranza delle azioni promozionali» e «le marche da inserire nell’assortimento ». Ergo? Non lamentarti se da due stagioni quella linea che ti hanno venduto per alto vendente non si schioda dai tuoi scaffali! In sostanza, alla fine della fiera, sotto il profilo delle attività operative di marketing, la maggioranza delle farmacie italiane risultano assolutamente poco autonome e, se ci consentite il termine, anche poco coraggiose. Fanno il loro compitino di sempre, ma ciò è quello che serve sul serio oggi?