Nella dichiarazione dei redditi aveva indicato la metà della cifra, la differenza in nero era stata versata sul conto corrente del coniuge. La Guardia di finanza ha trovato l’atto durante una perquisizione nell’ambito di un’altra indagine per frode fiscale.
Questa volta, a finire nelle maglie della Guardia di finanza è stata una farmacista di Torino che – con la complicità del marito – ha “dimenticato” di inserire nella dichiarazione dei redditi un milione e duecentomila euro ricavati dalla vendita della sua attività commerciale nel centro della città.
I fatti risalgono a giugno del 2006. Nella stipula dell’atto ufficiale, quello depositato per la registrazione, è stato indicato un corrispettivo di 1,4 milioni di euro. L’importo effettivamente pagato dall’acquirente per subentrare nella gestione dell’esercizio era in realtà quasi il doppio, 2,6 milioni di euro.
Per non essere scoperta, la farmacista venditrice aveva pensato bene di farsi versare la differenza “in nero” (1,2 milioni di euro) sul conto corrente del coniuge.I Finanzieri, durante la perquisizione dell’abitazione dell’acquirente, nell’ambito di un’altra indagine per frode fiscale e reati fallimentari, hanno rinvenuto copia dell’atto preliminare, non registrato, completo in ogni sua parte e con l’indicazione dell’importo effettivamente convenuto. Subito sono scattati gli approfondimenti fiscali che, anche grazie al positivo riscontro delle indagini bancarie, hanno permesso di ricostruire i fatti e quantificare l’imponibile evaso.
I due coniugi dovranno adesso fare i conti con l’Agenzia delle Entrate e rifondere le imposte a suo tempo non versate (240.000
euro, con l’aliquota fissa del 20 per cento), cui andranno ora aggiunti interessi e sanzioni, così che risulteranno alla fine più che raddoppiate le somme dovute all’Erario. In più, è scattata anche una denuncia alla Procura della Repubblica di Torino: considerate le cifre contestate, infatti, dovranno rispondere anche dell’accusa di aver presentato una dichiarazione dei redditi infedele, ben oltre le soglie (50mila euro di imposta evasa, oltreché uno scostamento del 10 per cento tra l’imponibile dichiarato e quello effettivo) superate le quali l’evasione fiscale assume pure rilevanza penale.
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