Il colosso farmaceutico tedesco licenzia i 50 operai della sede di Mussolente, in provincia di Vicenza. Berlino ha promesso sgravi fiscali e quindi si trasferisce tutto là entro la fine dell’anno, chiudendo così più di un occhi sull’assistenzialismo tanto criticato dalla cancelliera Merkel.
MUSSOLENTE (VI) – Non passeranno una bella estate le famiglie dei cinquanta operai della fabbrica di poliuretano dell’industria farmaceutica Bayer. Il colosso tedesco ha deciso di chiudere i battenti dello stabilimento di Mussolente, in provincia di Vicenza. E non per ragioni di efficienza o di costi del lavoro. La produzione verrà spostata in una Paese, la Germania, dove, invece, il lavoro costa molto di più, ma il Governo utilizza fondi pubblici per incentivare le aziende a non licenziare.DECISIONE CHOC – La decisione, hanno fatto sapere le sigle sindacali, è stata ascolta con un misto di sgomento e incredulità. «Pur ammettendo che tale stabilimento svolge un ruolo importante nell’approvvigionare il mercato italiano – hanno dichiarato i rappresentanti sindacali – Bayer non ritiene sufficiente il margine di guadagno che si viene a realizzare e preferisce, in prospettiva, concentrare la produzione in Germania».
GLI AIUTI DI BERLINO – La decisione affonda le sue radici nel programma di aiuti alle imprese forniti dal governo tedesco. Già a dicembre Angela Merkel si era impegnata a non lasciare a casa nessun operaio tedesco fino al 2015. La decisione della Bayer di spostare le produzioni nella Repubblica federale, nasce, quindi, dal semplice motivo che, grazie agli aiuti pubblici, conviene produrre in Germania piuttosto che in Italia.
CHIUSURA ENTRO IL DICEMBRE – Ora che ha annunciato la decisione di sospendere la produzione, la casa tedesca vuole bruciare le tappe: la chiusura dello stabilimento inizierà entro settembre 2012 per concludersi prima della fine dell’anno.
E NEL NOSTRO PAESE? – L’ennesima brutta notizia per l’economia del nostro Paese, economia che i recenti dati della Confindustria confinano a un meno 2,4 per cento, in piena recessione dunque. Una recessione che la Germania non conosce e difficilmente conoscerà finché pretende austerità all’estero e incentivi in patria.