Le farmacie territoriali sono convienti per lo Stato. Secondo un’indagine della Fondazione Cref nella Asl Triestina, la distribuzione diretta dei farmaci, dall’azienda sanitaria al paziente, costerebbe al sistema sanitario ben il trenta per cento in più rispetto allo stesso servizio svolto dalle farmacie pubbliche. Da tempo oramai Federfarma e farmacisti chiedono di entrare nella distribuzione di farmaci finora riservati solo alla dispensazione ospedaliera adducendo come motivi principali la maggiore capillarità del servizio e un sicuro risparmio: la capillarità era evidente, con questo studio sembra chiara anche la convenienza. Andrea Garlatti, docente di economia aziendale all’Università di Udine, uno degli autori dell’indagine ha spiegato: “L’analisi è stata svolta con la collaborazione tra farmacisti degli esercizi convenzionati territoriali e delle Asl e ha permesso di analizzare tutti gli elementi di spesa, non solo quella riferita ai farmaci, ma anche quella del personale, dei locali, delle attrezzature utilizzate nei due diversi contesti di distribuzione dei farmaci. Quello che è emerso è la possibilità di miglioramento. La distribuzione diretta, infatti, è nata sull’ipotesi che costasse meno perché si utilizzavano risorse interne. In realtà non è così”. In effetti molte risorse necessarie alla distribuzione di farmaci non sono “interne” ma si appoggiano su strutture “esterne” o comunque hanno necessità di risorse proprie, specifiche. Garlatti durante la presentazione dello studio ha affermato: “Secondo le stime del nostro studio la stessa voce di spesa si fermerebbe per la distribuzione per conto a 6,64 euro per singola unità, con un risparmio di costi pari, quindi, a 13,38 euro rispetto alla distribuzione diretta. Nella distribuzione per conto c’è però da aggiungere i costi delle remunerazione alle farmacie, valutati per unità in 7,50 euro. Ed ecco che è possibile fare il confronto totale dei costi medi per unità di confezione nei due contesti. Per la distribuzione diretta, come detto, è pari a 20,02 euro. Se invece si sommano i 7,50 euro di remunerazione con i 6,64 euro di costi interni, emerge che ogni unità distribuita per conto costerebbe al Ssn 14,14 euro, cioè 5,88 euro in meno che nel caso della distribuzione diretta che, in percentuale, diventa, appunto, il 30% in meno”. Carta canta, villan dorme. I risultati dell’analisi non lasciano molti dubbi, e se un tempo si pensava che Federfarma, quando parlava di evidenti risparmi nell’affidare la distribuzione dei farmaci alle farmacie, facesse il proprio lavoro di sindacato ma che non conservasse un’onestà intellettuale impeccabile, adesso bisogna convenire che non era solo propaganda. In merito all’analisi non ha mancato di farsi sentire la voce di Annarosa Racca: “La ricerca Cref fa emergere con assoluta chiarezza come la distribuzione diretta dei farmaci abbia dei costi aggiuntivi rispetto al puro e semplice costo di acquisto. Tali costi aggiuntivi sono stati finora sottovalutati. La loro quantificazione permette, invece, di valutare l’effettivo impatto economico della distribuzione diretta e di dimostrare come la distribuzione dei farmaci attraverso le farmacie costituisca per le Regioni e per il Ssn un vantaggio in un momento di scarsità di risorse. Un’opportunità di risparmio e razionalizzazione, che porta con sé benefici anche per i cittadini grazie a un più agevole accesso al farmaco”. Si attende la risposta dei farmacisti ospedalieri e delle istituzioni.
In provincia di Ravenna, distretto di Lugo, la DPC viene pagata alla farmacia €1,27.