È guerra aperta tra farmacisti. Per aver parlato pubblicamente contro lo sciopero di categoria, indetto a livello nazionale lo scorso 26 luglio, il presidente dell’Ordine Marcello Milani è stato “sbattuto fuori” dal sindacato, Federfarma.
Dopo una burrascosa riunione del consiglio direttivo, degli 11 componenti 6 hanno votato a favore. Milani adesso ritiene lesi i suoi diritti costituzionali alla libera espressione delle opinioni e ha deciso di denunciare Federfarma.
Lo sciopero era stato indetto per protestare contro i decreti di liberalizzazione del governo Monti, che consentono di aprire più farmacie in ogni Comune. Milani aveva dissentito considerando la farmacia un “servizio pubblico”, e lo sciopero improprio. Su 53 farmacie aperte e non in turno obbligatorio 16 non avevano scioperato. E l’altra sera Federfarma ha convocato un Consiglio direttivo apposito. «Si sono perfino procurati alla Rai il filmato con le mie dichiarazioni – racconta Milani -, né hanno inteso estromettere dal sindacato gli altri colleghi che non hanno scioperato, in quest’atto c’è anche l’aggravante che io sono il presidente dell’Ordine. Non intendo ricorrere ai probiviri – dice Milani -, vado direttamente dall’avvocato, e non chiedo nemmeno il reintegro in Federfarma: ci rientrerò solo quando mi richiameranno a farne parte, e mi dispiace per il danno d’immagine che cade sul sindacato».Si acuisce il clima teso all’interno della categoria triestina, già da oltre un anno turbata dalle altalenanti vicende relative al servizio Cup, risolto in un accordo con Regione e Azienda sanitaria solo di recente, ma che ha creato dibattiti, controversie, dissensi.
«Quelle dichiarazioni pubbliche contro uno sciopero indetto a livello nazionale erano in contrasto con l’attività sindacale – risponde il segretario di Federfarma, Maria Luisa Bruna -, e la posizione dello stimatissimo collega è difficile: è nel sindacato e nell’Ordine. Forse è meglio dare le dimissioni o da una parte o dall’altra, è più limpido oltre che più opportuno».
«Comportamenti difformi» diceva il testo della convocazione del Consiglio. Bruna sottolinea: «Sono state tentate molte mediazioni, ma lo Statuto non prevede forme intermedie come “note di biasimo”, e dunque mentre il sindacato combatte per i posti di lavoro e contro un decreto iniquo, non si può far prevalere il proprio secondo abito, quello di presidente dell’Ordine, si rispetta democraticamente la decisione della maggioranza. Invece Trieste è stata la città in Italia che ha avuto la più bassa adesione a quello sciopero».
Milani lo ritiene un sopruso: «Quando mai se uno non sciopera viene cancellato dal sindacato?».