Tanto dire, tanto scrivere, fiumi di articoli, ma allo stato attuale, qual’è la normativa vigente sulle farmacie? La “pianta organica”, c’è o non c’è più e la perimetrazione delle sedi farmaceutiche? Inoltre, è d’obbligo evidenziare, che nel recente procedimento di “programmazione delle farmacie”,adottato da Comuni e Regioni, il “riassorbimento” delle farmacie istituite ai sensi del art. 104 del TULS/1934,sì quello delle farmacie in “soprannumero”, come modificato dalla legge 362/91, art.2, comma 2°, è stata una mera operazione aritmetica, che ha incorporato quelle farmacie, nel numero di tutte le farmacie aperte del Comune, senza alcuna istruttoria per potenziare ed equilibrare il servizio farmaceutico. Risultato: quelle farmacie, sono state usate per garantire maggiori fatturati alle farmacie del Capoluogo. Infatti la “sproporzione” al quorum della legge 27/2012, di 3.300 abitanti per farmacia, determina un evidente,ingiustificabile stravolgimento di equilibrio dell
a distribuzione, tanto più stavolgente, per l’attrazione dei servizi del Capoluogo e la “concorrenza”, discriminata da strumentalizzazioni della programmazione delle farmacie. Insomma la vergogna del sistema tiene campo, anzi prende altro terreno. La farmacia dell’assistenza domicilare, la farmacia da valorizzare per ridurre la spesa pubblica di ASL,
Ospedali non trova slancio e le “liberalizzazioni”, soffocate al tempo delle famose “lenzuolate” di Bersani nel 2006, ora dopo il fragore dei mesi scorsi e dopo momenti di gloria napoleonica, rischiano di finire nella “polvere”. Allora, ci vuole proprio un “governo rivoluzionario”, per “rifondare” il concetto di libertà, perché abbia senso parlare di “liberalizzazioni”, di tutela della salute e di rispetto della dignità umana.
Cordiali saluti.
Salatto Potito – salattopotito@libero.it
Si effettivamente i termini delle cose stanno così.ma mi domando e lo domando anche all’autore dell’intervento sopra come si può uscire dallo stallo se a dei professionisti viene preclusa la possibilità di esercitare la professione se non sotto l’egida di un gruppo minoritario di professionisti dello stesso genere?insomma in sintesi chi ha una farmacia non vuole mollare antichi privilegi e chi chiede di discuterne viene considerato e definito un “parafarmacista”.Ecco forse si dovrebbe iniziare a trattare con il dovuto rispetto tutti gli altri colleghi.ed ancora come si può creare un clima costruttivo quando gli ordini dei farmacisti nella stragrande maggioranza dei casi tutelano i soliti noti?