Opinione di un farmacista Rurale, sull’ipotesi della Nuova Remunerazione

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MiaFotoSalve,

sono il titolare di una farmacia rurale sussidiata, in un paese montano della Carnia (Friuli Venezia Giulia). Precedentemente ho lavorato in farmacie comunali dove il patto di stabilità impediva nuove assunzioni e in farmacie private, dove il trattamento era a dir poco feroce. Così ho deciso di cambiare, di mettermi in gioco. Ho aperto una piccola  farmacia un anno fa, a costo di numerosi sacrifici e dopo che numerose strade professionali e lavorative mi erano state negate più volte. Con poche risorse finanziarie ho intrapreso questa avventura e mi sono comprato, più che la titolarità di una farmacia, il mio personale posto di lavoro. Ora sono una ditta individuale e lavoro almeno dodici ore al giorno, ma sono padrone del mio destino e delle mie capacità, un bene prezioso. Soprattutto faccio veramente il lavoro del farmacista, colui che dovrebbe accogliere le persone dietro un banco non per rifilare una scatoletta costosa, ma per dare un aiuto quando serve, visto che qui l’ospedale più vicino (Tolmezzo) dista almeno mezz’ora di macchina per chi ce l’ha disponibile. Mi illudevo di potermi ricostruire un futuro, di farmi una famiglia, di avere finalmente un lavoro duro ma dignitoso.

Ma questo stato non vuole che sia così: il ministro Balduzzi pochi giorni fa a Verona al farmadays ha detto che i farmacisti devono essere generosi. Tradotto in soldoni vuol dire che devono perdere una grossa parte dei loro attuali guadagni. E quindi  la remunerazione delle farmacie per le ricette del Servizio Sanitario Nazionale verrà ribassata: a due euro lordi a scatola. Ma i farmacisti non sono tutti ricchi uguali. Io in che cosa dovrò essere generoso visto che già ora vivo ai limiti della sopravvivenza? Visto che le ASL già mi strangolano con la distribuzione diretta? L’unico “scatto di generosità” che potrò avere sarà quello di chiudere perché alle condizioni che si prospettano, calcolatrice in mano, non ci starò sicuramente più dentro e non voglio di certo indebitarmi. Nella Costituzione se non ricordo male vengono sanciti almeno due diritti: uno è quello al lavoro (anche il mio?) e l’altro è quello alla salute (quella delle persone che servo e che in mia assenza e di tutti i miei colleghi farmacisti rurali nelle mie stesse condizioni si faranno mezz’ora di strada di montagna per prendere il farmaco). Perché questo governo ci ignora tutti quanti? E perché io a 36 anni dovrò chiudere la porta della mia farmacia e della mia vita ed andarmene dall’Italia per non farvi MAI più ritorno? Mi chiedo sempre più se tutti noi farmacisti rurali siamo solo delle partite iva che devono pagare le tasse o siamo anche individui con il sacrosanto diritto a un futuro e a delle prospettive.

Spero di essere stato breve.
Sinceri Saluti
Samuele Secchiero Farmacia di Rigolato (UD)

2 COMMENTS

  1. che dire, solidarietà innanzitutto; io a 39 anni e dall’altra parte dello stivale sono nella tua stessa situazione, anzi forse peggio perchè pur avendo ereditato una farmacia rurale ho dovuto indebitarmi per pagarne la metà a mio fratello non farmacista (ereditare? comprare? boh) e mi sento lontanissimo dai colleghi “benestanti” da + di 5000 ricette/mese.
    speriamo si ricredano…

  2. Mi piace quello che ha detto il giovane collega Samuele Secchiero Farmacia di Rigolato (UD):”sono padrone del mio destino e delle mie capacità, un bene prezioso”. Questo significa anche essere padrone della propria fine, per offrire la “capillarità” del servizio, dove proprio non serve. La legge 27/2012, ha disposto il “riassorbimento” di queste farmacie e nessuna istruttoria è stata fatta dai comuni, per valutare dove serve veramente la farmacia. Il risultato: garantire un quorum superiore alle farmacie del Capoluogo.

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