La bella giornata di sabato 6 ottobre si apre, a Verona, nel segno della speranza: il sole domina limpido e scalda senza infastidire.Ritornare presso quella stessa Fiera dopo tanti anni -sotto le medesime insegne di UTIFAR che inventò le Giornate Farmaceutiche e per decine di anni le promosse con coraggio, organizzando una vera e propria “mostra della farmacia” con centinaia di espositori e decine di interventi di esperti nei vari settori- è molto emozionante, specialmente per chi, come me, ha sempre partecipato attivamente, anche come consigliere sotto la presidenza Casanova e quella di Grendene, purtroppo durata il tempo di un respiro.
Poi, per motivi “politici” di supremazia, queste Giornate ci furono portate via da chi non tollerava che UTIFAR potesse avere più visibilità e più intelligenti proposte per il futuro delle farmacie. Ricordiamo tra quelle: la prima originaria spinta verso le preparazioni galeniche; le giornate di promozione dell’informatizzazione (Farmabyt); l’incoraggiamento alla cosmetica specializzata; la promozione e la difesa della misurazione della pressione, prima, e poi delle analisi, in farmacia; l’impulso verso la formazione dei Consorzi -troppo avanti per tutti ma, allora lungimirante e, oggi, sorpassata dagli eventi- Per molti anni la fiera della farmacia fu consegnata in mano a gente esterna al settore che operava per interesse personale in cambio di passerelle per i vertici delle organizzazioni di categoria.Nonostante tutto, dopo oltre 50 anni di attività, UTIFAR mantiene la leadership nel settore farmaceutico e prosegue nel cammino di successo, sempre all’insegna della tradizione e contemporaneamente del rinnovamento della professione, grazie alla guida di Eugenio Leopardi, figlio di tanto padre, e di Luigi Pizzini che, da quando ricordo, è l’operativo dell’organizzazione, occupandosi della tesoreria ma, soprattutto, del reperimento dei fondi attraverso la pubblicità e le iscrizioni, coadiuvato da una sempiterna Marina che, da Genova dove UTIFAR era nata, ha seguito Casanova perfino nel trasferimento a Milano; ed ora anche alla vicepresidenza di tanto prof. Maurizio Cini, della mia amata facoltà di Bologna.
Tanta speranza si è presto dileguata alle prime parole degli invitati e ha lasciato sbigottimento, sconforto e rabbia nel folto pubblico di colleghi che sono rimasti a bocca aperta alle affermazioni degli oratori.
Il Presidente della FOFI Andrea Mandelli inietta speranza, in posizione doverosamente equidistante, invitando a risolvere la crisi profonda nella quale è precipitata la farmacia negli ultimi anni mediante la trasformazione dei corsi di laurea per aprire la professione di farmacista ad altre nuove opportunità (Igienista degli spurghi fognari? Chiropratico per signore e signori soli? Preparatore e dispensatore di erbe “particolarmente” euforizzanti? Non saprei, non lo dice). In ogni caso, bisogna riportare tutto il farmaco in farmacia per ottenere risparmi al Sistema Sanitario Nazionale (?) –forse dimenticando che il sistema pubblico, in accordo con l’industria farmaceutica, vuole fare proprio il contrario: distribuire tutto o quasi tutto direttamente e lasciare a noi le briciole da consegnare gratuitamente (tanto non hanno un valore economico significativo): da Loredano Giorni, capo settore S.F.Toscana.
La speranza si sposta sulla Presidente Annarosa Racca –sebbene mi abbia rimproverato “per avercela con lei a favore dei suoi detrattori e concorrenti” costringendomi a ricordarle che in tante situazioni: revisione dello statuto, programma elettorale, sciopero sbagliato, nuova remunerazione, ho sempre correttamente cercato di spingerla ad una azione molto più coraggiosa e incisiva, da vera sindacalista, chiedendole di essere la Camusso della Farmacia, tirando fuori le “sfere della forza” che credo esistano in lei, e non una Ferrero piagnucolosa- Purtroppo ha tenuto un discorso alla Monti: l’anno (solo questo o gli ultimi dieci) è stato molto difficile ma pieno di successi: liberalizzazione berlusconiana della professione bloccata(?), pianta organica e distanze ristabilite(?), fascia C rimasta in farmacia(?) (probabilmente abito nel mondo parallelo di Blanqui e Borges). Infine il cambio della remunerazione (che l’avvedutezza e la lungimiranza del sindacato doveva proporre prima dell’entrata in vigore della 405/2000, come richiesto da più parti e modestamente anche da me) sarà la soluzione per fermare l’emorragia di farmaci dalla farmacia verso la distribuzione diretta delle ASL ed eliminare una ingiustizia(!) (Chiedo perdono se abbondo in punti interrogativi ed esclamativi ma proprio io non capisco.)
Ma di cosa stiamo parlando se nessuno sa quale sia la proposta, sicuramente studiata ed elaborata da grandi economisti e documentata nella varie fattispecie di farmacie per farla accettare ad una parte pubblica che se ne frega del cittadino, dell’assistenza sanitaria, del servizio farmaceutico, delle farmacie e dei farmacisti. Non lo dice, perché la segretezza in questo momento di incontri e trattative è fondamentale! Ma i farmacisti, i titolari, sono d’accordo o non importa a nessuno? Ci verrà calata dall’alto, come al solito, quale soluzione migliore che ci poteva capitare in un frangente così complesso e pericoloso? Come il massimo ottenibile e quindi da accettare subito, senza confronto, senza discussioni, senza voto di base ? Spero di no, spero tanto di no. Cara Presidente, ma dire a quei signori dell’AIFA, nominati da politici amici, che la farmacia è allo stress, che la farmacia non è quella dei farabutti che hanno bloccato i concorsi per decenni per guadagnare a man bassa, né quella dei truffatori che si fanno fare le ricette da medici conniventi per ammalati inesistenti o magari deceduti, ma che la farmacia è quella che è aperta tutti i giorni e lavora in silenzio, nei paesi e nelle valli, in cima ai cocuzzoli e nelle isolette e anche nei centri storici senza popolazione, che a fatica riesce a pagare l’affitto o il mutuo, il collaboratore e le utenze, e anche lo stipendio del titolare, per poter garantire il servizio (noi si 24ore e senza nessuna obiezione) ai cittadini pazienti e bisognosi, è tanto disdicevole? Vero è che piangersi addosso non serve, ma far conoscere la vera situazione economica e finanziaria delle farmacie italiane, urbane, rurali e rurali sussidiate, magari con qualche campione di dichiarazione dei redditi del 2011, è tanto vergognoso?
Se la remunerazione fissa dovrà essere calcolata e quantificata sulla percentuale netta attuale, magari arrotondandola in diminuzione, allora siamo tutti fuori di testa, siamo gladiatori che gettano la spada sconfitti nell’anima prima che nel fisico, abbiamo perso, siamo morti.
La Presidente dice che bisogna rifarsi sulle prestazioni di servizi a pagamento, ma quali, ma dove, ma quando? Non facciamo che parlare della farmacia dei servizi, terminale del SSN e quelli vogliono cacciarci fuori dal SSN se non accettiamo di fare tutto pressoché gratis. Chi verrebbe in farmacia a fare fisiochinesiterapia, massoterapia, psicoanalisi, medicazioni nei piccoli paesi di montagna, di collina, di valli e isole, dove l’80% è SSN?
Solo Tosi, il famigerato sindaco di Verona, picchiatore fascista e attualmente razzista leghista, mi dona un briciolo di sorriso, quasi felicità, poiché, in qualità di ex assessore alla sanità veneta, ringrazia le farmacie per il servizio capillare e continuato che danno con passione al SSR, collaborando in tutte le iniziative da esso promosse e dimostrandosi davvero terminali territoriali, sia nella dispensazione del farmaco, sia in tutti gli ulteriori servizi concordati (WOW !)
Felicità che piomba nello sconforto quando l’Assessore attuale Coletto, pur affermando l’insostituibilità della farmacia territoriale parla, in chiave di risparmio, di appalti regionali per le ASL, di distribuzione per conto dei farmaci appaltati, e dell’aggregazione a gruppi di 20-25 medici di base, compresi i pediatri, per garantire a bacini di utenza di 30000 persone un’assistenza completa 24 ore (alleggerendo pronto soccorso e guardia medica) presso nuovi centri unici organizzati con servizi e apparecchiature sanitarie, lasciando paesi interi sguarniti di medici e, quindi, farmacie del tutto inutili i cui fatturati crolleranno a picco. Già ne abbiamo diversi di questi centri, prima chiamati Unità Territoriali di Assistenza Primaria e ora Aggregazioni Funzionali Territoriali, e le farmacie che ne beneficiano sono poche e felici, tutte le molte altre sono disperate.
Ma la chicca arriva dal Ministro Balduzzi (che scortato da un tenente, un appuntato e 4 carabinieri, forse temeva che fossero presenti i GAF, gruppi armati di farmacisti), il quale, dopo un lungo discorso che non dice assolutamente nulla che non sappiamo tutti sulla spending review, (bisogna alfabetizzare la lingua anglosassone, dice. Peccato che “revisione di spesa” sia comprensibilissima e la dizione inglese derivi tutta dal latino, che i nostri antenati scrivevano benissimo quando Pitti dipinti di blu e Scoti ignudi vivevano nelle caverne della Pretannikai greca, britannia romana). Definisce la nostra professione come attività commerciale (se avesse studiato saprebbe che è professione intellettuale con attività strutturata), i nostri “pazienti” come clienti (sono quelli che possono scegliere pagando beni commerciali) o utenti (sono quelli che usufruiscono di beni e servizi senza poterli scegliere in quanto erogati da enti pubblici), e i farmaci come beni economici (intendendo che soggiacciono alle leggi di mercato della domanda e dell’offerta) e non come strumenti di cura. “Occorre che le farmacie si dimostrino “generose” affrontando questo cambiamento con la consapevolezza della criticità del momento economico e sociale e con una maggiore integrazione nel sistema sanitario “in cambio” di sacrifici nel breve periodo” (!) Forse non sa che è da quasi venti anni che ci tartassano? Caro Ministro, senza insegnarle nulla, perché non tagliare, invece, i megastipendi dei dirigenti e amministratori nazionali, regionali, provinciali, e azzerare tutti i loro benefit e rimborsi? Perché non decimare numericamente la moltitudine di queste persone? Perché non applicare un tetto trasversale alle pensioni dei dipendenti statali e parastatali? Perché non andate a casa voi tutti, che ci costate un patrimonio, e tutti avete ridotto l’Italia alla fame in poco più di sessanta anni, salvaguardando solamente i vostri interessi, professori, politici e amministratori? Perché distruggere l’unico ramo efficiente e parsimonioso della Sanità (11%) a favore di una concorrenza commerciale e multinazionale?
Nessuno ha potuto fare domande ai politici perché sono sgattaiolati subito dopo terminati i propri interventi.
Comunque, un bel grazie a UTIFAR, un grazie sentito a Eugenio, amico di sempre, un grazie all’organizzazione perfetta, che comunque ci hanno fatto vivere un momento di incontro tra colleghi sia pure nella disperazione generale.
Dott. Maurizio Guerra