Pazienti e farmacisti, assistono impotenti ad uno strano fenomeno: trimestralmente, decine di farmaci mutuabili spariscono dai banchi delle farmacie. Come dei novelli Houdini, i farmaci racchiusi nella loro scatoletta che magari ci hanno accompagnato per anni in un percorso terapeutico, spariscono. Dal Mirapexin per il Parkinson, alla Folina per combattere l’anemia o al Cymbalta, un antidepressivo, sembrano essere scomparsi improvvisamente. Che fine hanno fatto? Semplice sostituzione di un medicinale antiquato con uno più al passo con i tempi? Secondo alcuni non è questo il punto, o per lo meno, non è solo questo. Dietro ci sarebbe una questione d’affari: il business delle esportazioni nei Paesi dell’Unione Europea. Ci spiega meglio Chiara Daina autrice di un articolo-indagine in merito sul mensile “Street magazine”: “Una conseguenza della libera circolazione dei beni che consente di trasferire i farmaci da uno Stato dove i prezzi sono più bassi a un altro in cui sono più alti”. Esempi? Il Cymbalta, già citato, in Germania lo si vende ad Euro 87,68, nelle nostre farmacie a Euro 24,90. Il business è molto chiaro. Un affare enorme per i grossisti. Tutto regolare, a norma di legge, nessun “magheggio” particolare. Ma anche Fofi aveva già sottolineato questo piccolo “bug” del sistema che, seppure perfettamente legale, crea molti disagi ai pazienti e fa nascere qualche perplessità ai farmacisti. La segnalazione ad Aifa da parte di Fofi è dell’anno 2010, ma per ora non si sono trovate soluzioni. La fantasia non manca assolutamente nel nostro Paese, e sono nati siti per trovare rimanenze, o farmacie che ancora sono in possesso di farmaci oramai venduti solo all’estero, siti capaci di localizzare farmacie che hanno ancora negli scaffali il farmaco che si pensava del tutto sparito.