Ho convocato l’assemblea provinciale e mai ho visto tanti colleghi presenti!
L’ora non era certo comoda, le 13,30, ed il tempo da dedicare all’argomento non era poi tanto: fino alle 16,30 perché poi si torna al lavoro in farmacia.
All’ordine del giorno ho messo solo un punto: la nuova remunerazione e la risultanza dell’Assemblea Nazionale dei delegati che si è tenuta a Roma, lo scorso 23 Ottobre. Erano ben informati i miei colleghi e, salvo quelli di turno, c’erano tutti.
I rurali poi! Leggevo il terrore nei loro occhi. Hai voglia tu di pensare che bisogna rasserenarli.
Cresci Italia! Pare sia la parola d’ordine questa. “Bisogna tagliare i rami secchi” e i rami secchi siamo noi. “Dove c’è un campanile c’è l’insegna sempre accesa di una farmacia” . La parrocchia, la caserma dei carabinieri, la farmacia. gli slogan di una vita spazzati via.
TUTTO FINITO.
I piccoli comuni avevano già perso la parrocchia, per carenza di vocazioni dicono, e poi le caserme. Ora è facile che perdano anche la farmacia.
L’assemblea nazionale della Federfarma ha ratificato l’accordo già siglato con l’AIFA, grazie anche alla promessa di integrazione del documento sottoscritto dalla Federfarma stessa, con Assofarm. Il passaggio alla nuova remunerazione è presentato come ineluttabile. La sola ed unica salvezza per tutti.
L’allarme per le piccole farmacie non è calato e l’attenzione da noi dedicata in assemblea allo studio delle varie proiezioni, non ha tranquillizzato nessuno.
Ho presentato il documento elaborato dal prof. Nicola Guerriero, denigrato in federfarma nazionale, in quanto riferito al 2011.
Gli economisti mi dicono che le proiezioni e le ipotesi statistiche bisogna farli elaborando dati acquisiti riferiti almeno all’anno, e l’anno 2011 è l’ultimo e solo disponibile.
Il professor Nicola Guerriero, docente di economia presso l’Università Federico II di Napoli, sa bene quel che dice e già nelle premesse chiarisce anche quale deve essere l’utilizzo corretto del suo lavoro.
Evidenzia il danno economico per tutti, fatte salve alcuni regioni che stavano talmente male già nel 2011, che qualsiasi tipo di remunerazione venisse approvata , di sicuro non potrebbero stare peggio.
E’ un considerazione condivisa da tanti questa e, aldilà delle tante certezze in questa complessa elaborazione, si evidenziano dati realistici, per tutte le Regioni italiane.
Nelle tabelle elaborate dal prof. Guerriero e riferite a tutte le regioni italiane, sono riportati alcuni dati che ritengo di grande importanza per meglio affrontare il mio personale dilemma
Al di là della variabilità del numero di unità posologiche nelle confezioni, nella sintesi riepilogativa riferita a tutte le regioni, sono riportati i dati per me fondamentali:
1) IL NUMERO MEDIO DI CONFEZIONI PER RICETTA
2) IL VALORE MEDIO, IN EURO, PER CONFEZIONE.
1) Numero medio di confezioni per ricetta:
Orbene, il numero medio di confezioni per ricetta più basso lo detiene la Basilicata con 1,59 confezioni per ricetta SSN mentre la media più elevata, sempre riferita al valore medio di tutto l’anno 2011, la detiene il Veneto con un bel 2 confezioni a ricetta.
Il valore medio ITALIA risulta essere di 1,84 confezioni per ricetta.
2) Valore medio euro per confezione
Il valore medio per confezione, sempre calcolato sui valori (elevati?) riferiti all’anno 2011 e per tutte le regioni d’Italia, si evince che il valore medio per confezione più basso appartiene alla Toscana con il suo € 8,18 per confezione. Il valore medio più elevato è della Regione Sardegna con il suo 10,30 euro. Il valore medio Italia, è di 9, 38 euro.
Il vero UTILE che decreterà la sopravvivenza della farmacie, sarà il numero delle confezioni. Se si tiene conto, anche, che le piccole farmacie con fatturato SSN inferiore al 387.342,67 (Ex Legge 662/96. Art. 40)[1], potranno, ancora una volta , godere di una quota di garanzia pari al 18% dei due euro per confezione. Senza peraltro trascurare la quota percentuale del prezzo ex factory del farmaco, a cui potremmo anche aggiungere la quota premiale dovuta per la quota di farmaci generici individuata mediamente a livello nazionale con il 32,20% delle confezioni dispensate, potremmo con buona approssimazione individuare quali potranno essere le farmacie a maggiore rischio, a prescindere dal fatturato finora prodotto, e quale sarà la vera barriera che consentirà la sopravvivenza delle piccole farmacie.
Vogliamo domandarci qual’ è il limite al di sotto del quale non si può tenere la farmacia ?
Ipotizziamo, i numeri sono approssimativi, ovviamente, di voler almeno conservare lo stipendio di un collaboratore in farmacia rurale sussidiata con fatturato inferiore alla soglia dei 387 mila euro. Il costo aziendale medio per 14 mensilità e per 36 ore settimanali, è di 25 mila euro. I 25 mila euro, al netto delle sole imposte, lasciano in busta circa 1200 euro.
La domanda da porsi è pertanto la seguente:
quante confezioni di farmaci ( dei quali il 30% equivalenti ) devono essere dispensati in un anno per ottenere almeno i fatidici 25 mila euro lordi di costo annuo aziendale ?
Stipendio netto in busta: 1200 euro.
Ma netto non è!
Chi paga le bollette, gli affitti, i carburanti, le consulenze, i debiti alle finanziarie, la banche per le spese di dilazione necessarie per coprire le anticipazioni al SSN? Sono tutte spese afferenti l’esercizio, a carico solamente del titolare della farmacia. La casa, l’ENPAF e la famiglia poi, li accomuna ai farmacisti collaboratori. Risulta pertanto evidente come una piccola farmacia rurale, se non supportata da altri sussidi di carattere regionale, non possa assolutamente prestare un servizio sanitario talmente complesso a cui si aggiungono le condizioni esistenziali di disagio.
Si pensi che in simili situazioni il fatturato di queste farmacie è quasi totalmente derivato dal SSN. La liberalizzazione in questi casi farà sì che i Comuni siano liberati dalla presenza del farmacista. Le 500 ricette mediche sono, almeno da me, in Sardegna, il massimo di ricette redatte, al mese, dal medico in paesi fino a 650 abitanti.
Ma quanti sono in Italia questi piccoli paesi con popolazione fino a 650 abitanti? Sono ,al 31/12/2011, 1189 Comuni dove prestano il loro servizio 380 farmacie e 124 dispensari. E insieme assistono circa 590.000 persone. Piccoli numeri sicuramente se rapportati agli oltre 60 milioni della popolazione italiana. Piccoli centri d’Italia dove vivono soprattutto anziani, spesso affetti da malattie croniche, che hanno bisogno di assistenza. Si, vero, sono un costo per lo Stato che si prefigge di far crescere l’Italia ma che dovrebbe conservare il rispetto per i dettami della Costituzione dove è scritto che tutti i cittadini hanno gli stessi diritti e la salute rientra a pieno titolo fra questi diritti.
Le idi di marzo
Queste piccolissime farmacie, alle idi di marzo del 2013, affronteranno drammaticamente il passo cruciale al nuovo sistema remunerativo.
A marzo del 2013 infatti, coloro i quali pagano i fornitori con le dilazioni necessarie a sopperire i ritardi nei pagamenti del SSN saranno costretti a pagare le forniture del 2012 con la remunerazione del 2013. Non sarà impresa semplice e a pagarne i danni saranno i tanti che hanno investito il loro futuro su una professione che sembrava sicura e che è stata devastata da chi, esperto di conti , ha dimenticato l’uso della ormai desueta tabellina pitagorica dove immancabilmente, malgrado il loro illuminato impegno e la nostra consueta disponibilità ad accettare tutto ciò che ci dicono e ci fanno, due per due fa sempre inesorabilmente, drammaticamente, quattro. Moriranno d’inedia lasciando strascichi drammatici verso le varie finanziarie, che non potranno recuperare i loro crediti, verso lo Stato che perderà l’apporto onesto frutto dell’onestà fiscale dei farmacisti e, li ho lasciati per ultimi, ma sono i primi, verso i Cittadini, abbandonati da tutti per l’insipienza di chi non conosce il valore delle piccole cose e non conosce i sacrifici per tenersele care.
Le piccole Farmacie italiane sono il nostro fiore all’occhiello. Diteci, per favore, a chi le dobbiamo affidare per proteggerle e insieme a loro tutelare la salute di centinaia di migliaia di italiani, tutti muniti di tessera sanitaria, che a queste si affidano. Per sopravvivere.
Pasquale Sechi – Ottobre 2012.
P.S. Il Governo vorrebbe ancora dare una ulteriore strizzata alla distribuzione e creare l’ambiguo parallelismo della proporzionalità inversa: se il prezzo d’acquisto del farmaco aumenta, diminuisce la remunerazione. E’ ora di svegliarsi.
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1) Legge 662/96 art.40.
A decorrere dall’anno 1997, le quote di spettanza sul prezzo di vendita al pubblico delle specialità medicinali collocate nelle classi a) e b), di cui all’articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono fissate per le aziende farmaceutiche, per i grossisti e per i farmacisti rispettivamente al 66,65 per cento, al 6,65 per cento e al 26,7 per cento sul prezzo di vendita al pubblico al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA). Il Servizio sanitario nazionale, nel procedere alla corresponsione alle farmacie di quanto dovuto, trattiene a titolo di sconto una quota sull’importo al lordo dei ticket e al netto dell’IVA pari al 3,75 per cento per le specialità medicinali il cui prezzo di vendita al pubblico e’ inferiore a lire 50.000, al 6 per cento per le specialità medicinali il cui prezzo di vendita al pubblico e’ compreso tra lire 50.000 e lire 99.999, al 9 per cento per le specialità medicinali il cui prezzo di vendita al pubblico e’ compreso tra lire 100.000 e lire 199.999 e al 12,5 per cento per le specialità medicinali il cui prezzo di vendita al pubblico e’ pari o superiore a lire 200.000.
Per le farmacie rurali che godono dell’indennità di residenza ai sensi dell’articolo 2 della legge 8 marzo 1968, n. 221, e successive modificazioni, restano in vigore le quote di sconto di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Per le farmacie con un fatturato complessivo annuo non superiore a lire 500 milioni, le percentuali previste dal presente comma sono ridotte in misura pari al 60 per cento.
2 risposte a “EDITORIALE – Le Idi di Marzo”
L’articolo di Pasquale pone anche altre problematiche
Le piccole farmacie, sono un numero maggiore rispetto
A quanto da lui citato.Se il fatturato da 387000 € passa a
400000 € in un quartiere periferico di una città
Poco cambia rispetto alle sue considerazioni.
Allora oltre alla finanziaria , i danni li avrá l’indotto.
Magazzini di distribuzione, trasportatori, commercialisti etc etc
Le PMI tra le quali ci sono le farmacie medio piccole creano
Occupazione. Quando anni fa per l’Alitalia si citavano 20000 posti di lavoro
In meno , sembrava cadere giù l’intera politica occupazionale,
Oggi la Farmacia con queste leggi , porterà giù dal sistema produttivo
Numeri ben più alti dell’Alitalia. Ma sopratutto non ci sarà ricollocazione con
le liberalizzazioni avvenute.
Con stima
Roberto Adrower
Per evitare l’abuso di potere dei Sindaci che, pressati dalle varie lobby, decidono di aprire “farmacie nel deserto” o non consentire il trasferimento di una farmacia situata in una frazione con 100 abitanti lasciando scoperta una zona di nuovi insediamenti abitativi con 3300 abitanti la soluzione c’è: basta individuare un numero minimo di abitanti in cui un farmacista possa garantire un adeguato servizio per gli abitanti di quella zona e che gli garantisca un compenso adeguato. Mara