Della nuova remunerazione del Prof Marcello Milani

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Come tutti i farmacisti, in questi ultimi tre mesi ho assistito all’evoluzione della trattativa sulla nuova remunerazione ed ho colto alcuni aspetti che vorrei condividere con i nostri lettori.

In primo luogo si è iniziato con il famoso sciopero del 26 luglio, per me inutile, deleterio e al limite della legalità, e si è continuato con una trattativa riservata a pochi iniziati, escludendo di fatto non solo la base, ma anche i rappresentanti di importanti Regioni, quali il Lazio e il Piemonte, solo per citarne due e, persino, alcuni componenti del vertice sindacale.

Strategia politica, mi si dirà.

Sì, strategia politica.Sbagliata.

In tutti i sensi e in tutti i casi.

Quando ci si trova davanti ad una rivoluzione epocale è OBBLIGATORIO condividere con tutte le componenti del proprio sindacato e della propria professione la linea da seguire, sia per far vedere al di fuori della ristretta cerchia dei potenti (sic!) che vi è comunanza di intenti, sia perché la pluralità di opinioni non può che portare arricchimento. Sempre che si occupino certe posizioni per il bene di tutti e non soltanto per mero interesse personale, fosse anche solo per coltivare la propria immagine. Ben venga, dunque, l’auspicata cabina di regia; anche se siamo in ritardo, ma non è mai troppo tardi.

In secondo luogo si è voluto, sempre per inseguire il culto dell’immagine -qualcuno, ai suoi dì, faceva le battaglie rurali, altri usano i rurali!- magnificare un accordo in perdita per accreditarsi come i salvatori della Patria, dimenticando che a distribuir scatolette son buoni tutti e che prendendo come parametro soltanto il numero di confezioni spedite, non saremmo andati da nessuna parte -pensate che vi sono stati dirigenti locali che hanno persino gridato vittoria!, guadagneremo un 4 virgola qualcosa in più! (cfr circolare U.R. Fvg, n° 162), dimenticando che le medie in questo caso valgono nulla e che i loro proclami son letti da tanti, anche da chi all’AIFA siede.

Infine ultimo, ma non ultimo, l’aspetto professionale che mi sta particolarmente a cuore, come rappresentante della professione a livello provinciale e regionale, ovvero la mancanza di un minimo di sagacia nel portare avanti la trattativa: se proprio si deve legare la farmacia alle confezioni vendute, lo si faccia secondo quanto viene detto nei convegni che quest’anno si son fatti: a Villa Manin in aprile (Conasfa), a Torino (Federfarma Piemonte), a Roma (Cosmofarma), a Verona (Utifar), ci è stato presentato un modello inglese, dell’università del Kent, forse difficilmente riproducibile in Italia, ma dal quale uno spunto si poteva pur cogliere.

In che cosa consiste la dispensanzione di un farmaco? Nello staccare un bollino dalla confezione, appiccicarlo su una ricetta rosa/rossa a seconda del grado di daltonismo dell’interlocutore e chiedere l’eventuale ticket? Certamente no, la dispensazione è ben altro, è fornire un consiglio sulle modalità d’uso, sulla posologia, unitamente ad una rassicurazione dell’efficacia e, perché no, una verifica della compliance del farmaco stesso con il paziente. Ma come si può tradurre tutto questo in realtà, a costo zero per lo Stato? No, non si può. Però si deve spiegare ai dirigenti dello Stato che permettendo alle farmacie di continuare il loro servizio, si risparmia sui ricoveri, sullo spreco dei medicinali, acquistando solo e soltanto ciò che è prescritto dal medico ed è effettivamente necessario al paziente, ottenendo, quindi, un servizio chiavi in mano. E lo si poteva fare ANCHE nel corso di questa trattativa, semplicemente, legando la dispensazione del farmaco all’atto professionale del farmacista: bastava legare il compenso previsto per il farmacista alla tipologia del farmaco da spedire, in quanto, oggettivamente, un acido acetilsalicilico da esitare comporta meno tempo e meno spiegazioni di un ace-inibitore  di un inibitore di pompa, di un ipoglicemizzante orale, di una insulina, di un chemioterapico. In altre parole, a seconda della molecola, una retribuzione differenziata, magari anche finalizzata all’invarianza dei saldi dello Stato, ma che preservi la nostra professione. Altrimenti stop alla convenzione e largo ai distributori automatici di farmaci nei distretti e negli ospedali.

Prof Marcello Milani.

2 COMMENTS

  1. Perfettamente condivisibile il pensiero del prof. Milani, personaggi datati, privi di idee ma principalmente autoreferenti nonchè l’oramai purtroppo consolidata deriva commerciale avviata da colleghi che forse avrebbero fatto meglio a fare i “pizzicaroli” od i “piazzisti”, sta conducendo la Farmacia italiana verso un declino che sembrerebbe inarestabile, ma……

  2. A me sembra difficile stabilire quali categorie di farmaci richiedono più o meno tempo per parlare col cliente. Molto dipende da quanti tipi di farmaci vengono assunti contemporaneamente.
    Allora i due euro a confezione, visto che sono staccati dal valore economico del farmaco dispensato, non rappresentano forse la nostra professionalità? Ci sarà quella volta che saranno scarsi in rapporto al tempo e al consiglio dato, altre volte abbondanti.
    Secondo me il discorso da fare è questo: la spesa complessiva di giugno 2012 ci ricompensa in maniera ragionevole, tenuto conto della crisi, per il nostro lavoro, o no?
    Se la risposta è sì, credo che più di tanto l’accordo proposto non sia migliorabile.
    Se la risposta è no, allora inutile continuare questi incontri, non rimane che disdire la convenzione e prepararci ad una fase di lotta. Con tutte le sue incognite.

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