Psisociologia del farmacista moderno in Italia – Tento un pensiero delirante ( che ben mi riesce di fare) perche’ di conti non se ne puo’ piu’.
Nonostante la crisi siamo partecipi di un’economia del benessere la quale ha come obiettivo l’individuazione di percorsi e interventi idonei a migliorare contemporaneamente l’efficienza e l’equità del sistema economico utilizzando come principale strumento l’attività politica e legislativa alla quale viene assegnato il compito di aggregare e ordinare le scelte dei singoli in modo da produrre decisioni che siano rappresentative di un’intera collettività e funzionali all’aumento del benessere di tutti coloro che vi appartengono.In pratica, essa costituisce un’integrazione teorica dell’individualismo acquisitivo visto che il suo principale messaggio raccomanda l’applicazione di restrizioni più o meno pronunciate alla libera attività individuale in alcuni settori per i quali, vuoi per le loro particolari caratteristiche che impediscono un’allocazione e una produzione efficiente se lasciati alla libera competizione privata, vuoi per le delicate implicazioni sociali e/o politiche che ne suggeriscono una gestione controllata direttamente o indirettamente dalla mano pubblica, viene consigliata una forte iniziativa legislativa e culturale da parte dello Stato, e della comunità politica in generale, che sia in grado di contenere e sanzionare, eticamente e giuridicamente, gli spiriti eccessivamente liberi dell’individualismo quando essi operano all’interno di tali ambiti. L’obiettivo, in sostanza, è quello di correggere le eventuali disfunzioni economiche provocate dall’attivismo acquisitivo individuale che, talvolta, può rivelarsi socialmente dannoso e la farmacia italiana del 2012 ne e’ tipico esempio.
La scienza economica, ogniqualvolta analizza un mercato (qualunque bene o servizio vi venga scambiato), parte dalla considerazione che esso è (debba essere) libero e pienamente concorrenziale, ossia che ospita (debba ospitare) una tale quantità di produttori e consumatori che nessuno di essi può da solo, aumentando o diminuendo la propria offerta o la propria domanda, influenzare il prezzo di equilibrio della merce trattata. Questa è la situazione che si trova originariamente in ogni mercato e la condizione che, sola, può consentire di massimizzare simultaneamente la soddisfazione di tutti i produttori e di tutti i consumatori e, conseguentemente, garantire un’allocazione efficiente dei fattori produttivi.
Nella realta’ della farmacia italiana e’ successo l’opposto e qui bisogna correre ai ripari, se il legislatore non mette i freni ma scioglie le briglie con semi liberalizzaioni ( semi?) all’ individualismo economico in un settore che ha necessita’ di essere contingentato per il bene pubblico ci si deve imporre superando l’individualismo proprio.
I conti della nuova remunerazione si facciano, ma e’ anche la psicologia del farmacista che deve cambiare da un egocentrismo accanito ad una compartecipazione collettiva per il bene imprenditoriale comune e per la qualificazione della identita’ professionale.
Deve finire la lotta degli sconti di un centesimo per vendere un’aspirina in piu’ rispetto al collega, la equiparazione economica dei prodotti in libera vendita che sia diretta soprattutto al reciproco soddisfacimento venditore-paziente deve uniformarsi sul territorio.
L’egocentrismo politico in questo settore che e’ anche mancata conoscenza di un settore a valenza pubblica ha creato distorsioni incorreggibili, “paracose” che per allocarsi navigano sul filo del piuttosto mancato guadagno rispetto all’auto riconoscimento dell’esser di troppo, illusioni di nuovi spazi per concorso che rischiano di trasformare la legittima aspirazione a trovare il proprio spazio nel mercato in un autolesionismo economico, liberalizzazione globale del settore e quasi impossibilita’ di cedere e trasferire la propria impresa ( e quindi il risultato economico) in vita e peggio ancora in morte con una norma che fa confondere l’essere casta con l’avere un diritto sacrosanto.
Quanti errori caro Stato in questo piccolo settore di Italia, speriamo che si superi la logica dei semplici numeri e dei conti e si possa trovare in questo spazio e negli altri ( che meno conosco) quello che e’ un principio ispiratore di una buona libera economia: l’equilibrio tra produttore e consumatore, altrimenti il disequilibrio caro stato lo sai si autoregola con la crisi, la disoccupazione e il fallimento.
M.Mascheroni
Che magnifico testo, anche se ognuno rimmarra’ nel suo orticello.
Facciamolo girare.
Saltabellando tra ”l’individualismo” in economia, ”l’egocentrismo” dei farmacisti(titolari di farmacia)e quello politico, mi sorge una domanda: dove ”allochiamo” le 167 farmacie ex comunali acquisite da Admenta? Nell’individualismo/egocentrismo o nella categoria degli spiriti eccessivamente liberi? Mah!
E quelli che propongono l’ingresso del capitale in compartecipazione alle quote delle farmacie private o l’ingresso delle assicurazioni nella gestione della salute(e dei debiti delle farmacie) dove li allochiamo? Sono degli individualisti pentiti o dei neoliberisti con la briglia sciolta?…Forse sono semplicemente i soliti titolari di farmacia sempre uguali a se stessi.
Non riesco neanche a comprendere perche’ per la necessita’ di contingentare un settore in mano a 16000 titolari di farmacia(per il bene pubblico) si debba contingentare la vita di altri 62000 farmacisti a cui rimangono solo le briciole per vivere ed anche per esercitare una professione che gli era stata assegnata ”libera”.(fintanto che si muovevano all’interno delle universita’).
Io titolare di parafarmacia(non sono un luminare, eppure riesco a pronunciarlo e scriverlo senza farfugliamenti), con vent’anni di esperienza diretta al banco di farmacia e non, sono convinto che la ”Farmacia non convenzionata” sarebbe stata l’ideale compromesso tra ”egocentrismo” ed eccessivo ”liberismo”, essendo la naturale espressione di quello che si alloca come ”libero esercizio della professione”. Essendo pur essa contingentata ai soli laureati in farmacia,e non necessariamente legata ad una idea prettamente commerciale basata sui prezzi. Sarebbero esattamente allocabili come:” una compartecipazione collettiva per il bene imprenditoriale comune e per la qualificazione della identita’ professionale”.Cio’ che in realta’ era stato proposto da diversi anni per il bene dei farmacisti tutti (i 72000 esistenti in vita) e piu’ in generale per il diritto (questo si sacrosanto)di esercitare liberamente una professione e per il cittadino di scegliersi il luogo dove trovare il farmaco per curarsi, in realta’ viene superato, anzi anticipato dagli eventi prossimi. Quella proposta fa coppia con questo appello ai titolari di farmacia di:”.. una compartecipazione collettiva per il bene imprenditoriale comune e per la qualificazione della identita’ professionale…entrambi tragicamente e disperatamente….IN RITARDO.