Da giorni si assiste all’elencazione di coraggiose intenzioni, che si fermano per lo più alla dialettica mascherando una sostanziale povertà di contenuti.
Io cercherò di dire la verità, come sempre ho fatto nella mia vita, privata o professionale che sia. D’altro canto, 40 anni di carriera associativa – con 16 anni di presidenza dell’Associazione provinciale e 10 di quella Regionale –, mi hanno almeno insegnato che la verità paga sempre e che se desideri la stima ed il rispetto dei colleghi ad essa devi sempre attenerti.
L’intervento di Gianni Petrosillo il coraggio di condividere, già nel titolo mi pare un po’ pretenzioso, in quanto proveniente da una nomenclatura che non ha certo fatto della condivisione un’arma da sbandierare ai quattro venti. L’attuale gestione di Federfarma, infatti, ha sì più volte annunciato di voler condividere il percorso potenzialmente esiziale della remunerazione con la base, salvo poi presentare all’Assemblea un pacchetto preconfezionato contenente un accordo che nessuno di noi ha avuto la possibilità di contestare, parzialmente o totalmente, se non astenendosi o votando contro. Assai più corretto sarebbe stato il comportamento del vertice se avesse dato fiato alle mozioni presentate, che avevano il solo scopo di evidenziare la necessità di integrare l’accordo con indispensabili tutele, la più importante delle quali era e rimane l’indicizzazione della remunerazione, che va ancorata a qualche parametro economico oggettivo e verificabile (ISTAT, EURIBOR, ecc.). Salvo che, ogni due anni, non preferiamo ritrovarci in assemblea a piangere ed a leccarci le ferite. Purtroppo, ormai, ci stiamo masochisticamente abituando…
Alle profferte di lavoro ed alla richiesta di condivisione, Federfarma ha però sempre risposto con un “no, grazie”, salutando anzi la firma dell’accordo con comunicati-stampa osannanti (mai fare i conti senza l’oste, dicevano i nostri vecchi…).
Se, anziché limitarsi a prelevare alcuni contenuti dalle proposte giunte un po’ da tutt’Italia, Federfarma si fosse decisa ad ascoltare coloro che avevano qualcosa di innovativo da dire sul futuro della farmacia italiana ed avesse colto il momento obiettivamente difficile del Paese per proporre un nuovo modello di farmacia, ancor più integrato nel SSN ed in grado di produrre economie ampiamente compensative degli oneri derivanti da un eventuale aumento della nostra remunerazione, ebbene forse dal Governo avremmo ottenuto un ascolto più rispettoso, o anche solo più interessato.
Ribadisco ancora una volta che in questo epocale contesto né il sottoscritto, né gli altri colleghi di Federfarma Piemonte hanno lavorato con l’obiettivo di indebolire la leadership nazionale o, tanto meno, di sostituirsi ad essa. Le prossime assemblee sanciranno chi e come porterà avanti la politica della categoria: se i delegati continueranno a riporre la loro fiducia in un gruppo dirigente che sta navigando a vista e ci sta portando in un vicolo cieco, dal quale sarà veramente arduo riuscire ad uscire, ebbene vorrà dire che coloro che dissentono da tale impostazione avranno almeno la magra soddisfazione di poter urlare il loro “ve l’avevo detto!”, rimboccandosi poi le maniche per salvare il salvabile, sempre che poi qualcosa da salvare ancora ci sia.
Un’ultima considerazione, sempre per dire la verità. Il richiamo all’unità della categoria, per essere credibile, deve avvenire ben prima che venga servita alla medesima una soluzione preconfezionata e non più negoziabile. La categoria si unisce allorché viene coinvolta nella gestione e nella soluzione dei problemi e quando si consente a tutti di partecipare con uguale dignità al dibattito, accettando con grande spirito democratico ciò che la maggioranza desidera. Se così non è, se ci si limita ad ascoltare colui che dissente con sufficienza o malcelato fastidio, il richiamo all’unità suona vagamente come paravento per coprire eventuali errori o, peggio ancora, come l’ennesima presa in giro.
Luciano Platter
Presidente di Federfarma Torino