Brutta aria il giorno dopo l’incontro all’Aifa in cui si è chiesto – imposto? – ai farmacisti un gioco al ribasso, dopo che proprio con l’Agenzia del farmaco era stato siglato un accordo di filiera non ancora digerito dalla base (vedi articolo a pagina 4) e oggetto di critiche feroci da parte di alcune associazioni regionali, come quelle del Piemonte e del Lazio. Si parla di una quota fissa scesa da 2
euro a 1,90, di una quota percentuale passata dal 3,30 per cento sul prezzo ex factory all’1,90 sul prezzo al pubblico e/o di riferimento e di ulteriori riduzioni delle quote di garanzia per le farmacie rurali.Al di là dei dettagli tecnici – non di poco conto, naturalmente – lascia perplessi il mese perso intorno al nulla. Lo sottolinea, in un’amara lettera aperta, il presidente di Federfarma Lazio, Franco Caprino: «C’è da chiedersi perché mai si dovesse discutere con l’Aifa e non direttamente con i veri decisori, i Ministeri, Mef e Salute (…) La verità che emerge è che, per dirla alla romana, la distribuzione farmaceutica “è stata portata in giro” da agosto fino a oggi perché non esistevano (né tantomeno esistono) margini per la definizione “dal basso” della nuova remunerazione, che sarà totalmente e saldamente pilotata dal ministero della Salute con il concerto del Mef e previa intesa delle Regioni, come peraltro scritto (per chiunque sappia leggere) nella legge spending review dell’agosto scorso».
Difficile non condividere le considerazioni di Caprino: smantellare l’intero accordo e ritenere che quello nuovo non potrà che essere riscritto sulla base degli inaccettabili rilievi dei Ministeri sembra davvero una presa in giro. Che fare, ora? Non vorremmo essere nei panni della presidente Racca, peraltro già duramente criticata per l’accordo Aifa proprio dai suoi milanesi in assemblea. Federfarma ha optato, al momento in cui scriviamo, per la linea dura in difesa di quell’accordo, ma molte associazioni provinciali e regionali vorrebbero un segnale ancora più forte: le dimissioni degli attuali vertici del sindacato e l’istituzione di un’unità di crisi.
Difficile, in effetti, immaginare una crisi più grave di questa per la farmacia, messa in un angolo in un modo inaccettabile, valutata soltanto come “costo” e costretta a subire l’ennesimo ingiustificato attacco, l’ultimo di una lunga serie. Se la categoria non reagisce compatta ora, quando?
Laura Benfenati
Punto Effe N*18 del 2012