Conteggi del Bando Lombardia, idoneita’, non voglio rovinare le serate, ma un altro dubbio mi balena tra le meningi: la Societa’ in accomandita semplice.
La norma:
Il comma 7 dell’art. 11 prescrive che la “gestione” associata della farmacia da parte dei vincitori al concorso avvenga su “base paritaria”.
La norma evidenzia infatti che la gestione – sarà su “base paritaria” , qui metto le mani avanti e sollecito un altro intervento ministeriale:
Base paritaria? non e’ che fra un po’ qualcuno ci dirà che anche poteri gestori debbano essere paritari escludendo la forma della societa’ in accomandita semplice laddove la distinzione fra accomandanti ed accomandatari preclude ai primi di compiere atti di amministrazione in nome della società?
Il secondo comma dell’art. 11 comma 7 prescrive che la gestione associata da parte dei vincitori al concorso deve essere mantenuta per un “periodo minimo di dieci anni” che decorreranno dall’autorizzazione all’apertura e all’esercizio della farmacia da parte dell’autorità amministrativa competente per territorio.
La norma soggiunge che per un decennio gli “associati” non possano cedere la quota o l’azienda, “fatta salva la premorienza o la sopravvenuta incapacità”.
Dunque, salve queste ultime eccezioni, che non vi era necessita’ che venissero cosi’ ben specificate ( e’ difficile pensare ad una società con un defunto) la norma non si presta ad interpretazioni diverse e sancisce l’obbligatorietà della comunione societaria decennale e questa e’ il punto di maggiore criticita’ della faccenda in quanto potrebbe ravvisarsi che in caso di non osservanza il rischio decadenza della sede potrebbe essere vantato dall’amministrazione.
Forse ci saranno contenziosi se di fronte ad un recesso per giusta causa o ad una esclusione del socio ( procedura prevista per esempio per gravi comportamenti del socio, come il furto) non ci si possa svincolare dal sodalizio decennale.
Varrebbe la pena di stipulare anche extra contratto dei patti parasociali dove si indichino le varie mansioni che saranno affidate a ciascun socio, le obbligazioni di presenza, l’ alternanza della direzione, le clausole di non concorrenza.
I patti parasociali sono degli accordi tra soggetti appartenenti ad una stessa società al fine di allearsi e di regolare l’agire comune all’interno della società.
Come noto, i patti parasociali sono accordi atipici stipulati tra tutti o solo alcuni soci di una società (generalmente di capitali) contestualmente o successivamente alla sua costituzione, al fine di influire sulla gestione e organizzazione del rapporto sociale. Trattasi, in altri termini, di accordi interni che mirano a condizionare il comportamento degli aderenti nell’esercizio dei diritti sociali, rimanendo l’organizzazione sociale totalmente estranea al patto stesso: la pattuizione quindi non riguarda la società in sé, ma vincola esclusivamente la persona dei singoli soci e degli eventuali terzi che vi partecipano, con le conseguenze, in tema di tutela accordata al patto.
La pratica ha generato una molteplicità di patti parasociali, i quali vengono quindi a costituire un amplio genus entro il quale si collocano diverse tipologie di accordi. Una prima categoria è rappresentata dai sindacati azionari di cui, il sindacati di voto, attraverso i quali gli aderenti disciplinano l’esercizio del diritto di voto in assemblea, rappresenta un’ulteriore sottospecie.
Per individuare i soggetti e la disciplina dei patti parasociali occorre il coordinamento degli artt. 122, 123 d. lg. 58/1998 (t. u. interm. fin.), 2341 bis e 2341 ter c.c. con il passo dei lavori preparatori alla riforma societaria dov’è scritto:
la disciplina, inserita nel capo relativo alle società per azioni, ha inteso regolare la fattispecie con riferimento a quel tipo sociale, perché in esso è più sentita l’esigenza di garantire regole certe e definite in considerazione della maggiore rilevanza per il pubblico e per il mercato finanziario; essa, ovviamente, non intende escludere la possibilità che analoghi patti riguardino altre forme di società, per le quali ovviamente resterà applicabile la disciplina generale dell’autonomia privata e dei contratti, così per esempio per le società a responsabilità limitata, come anche per le società di persone.
Ovvio e attenzione i patti non possono contraddire la norma: sono vietati patti che deroghino alla base paritaria di quote ( del tipo facciamo societa’ 50% e50 ma io apporto piu’ punti quindi fra un decennio mi cederai gratuitamente un tot di quote), mentre credo che siano legittimi patti sul diverso apporto di capitali, qualora un socio apporti dei capitali per esempio per l’adattamento dei locali, nulla osterebbe al fatto che il socio possa vantare un credito nei confronti della società ( e quindi indirettamente nei confronti dell’altro socio) che possa o meglio deva essere considerato trascorso il decennio in un riconoscimento del diverso apporto, ovvero nel malaugurato caso della premorienza.
Indi ed infine aggiungerei ai problemi in corso anche quello della Sas.
M.Mascheroni