Paolo Cattabiani, presidente di Legacoop Emilia Romagna, ha anticipato all’Unità e al Corriere della sera che le cooperative stanno studiando un piano per entrare nel settore sanitario.
Cattabiani parla di “secondo welfare”, soluzioni capaci di surrogare l’intervento pubblico vista la crisi dello Stato sociale. Cattabiani parla di una mutua alla quale possano aderire tutti i cittadini (e non solo i soci Coop) pagando l’iscrizione a un prezzo piuttosto basso (qualche decina di euro) e dunque alla portata di un pensionato e di un precario.La mutua offrirebbe una serie di prodotti sanitari specialistici, e quindi non in concorrenza con il Ssn, aprezzi competitivi e potrà farlo grazie a economie di scala.
Il potenziale Coop parte dai 2,5 milioni di iscritti al mondo cooperativo emiliano-romagnolo (in Italia complessivamente sono 7 milioni) e si può appoggiare ai punti vendita della grande distribuzione di Coop Italia.
Il settore sanitario in un Paese ricco di anziani e in crisi negli altri ambiti produttivi è strategico. Le coop di Unipol sono già entrate nel settore sanitario con Unisalute ma senza grande successo. A Piazza Affari fanno sapere che lo stato del gruppo delle cooperative emiliano romagnole non è dei migliori e che l’operazione mutualistica si potrebbe iscrivere in un tentativo più ampio di ricollocazione del mondo cooperativo sul mercato italiano, rinforzandosi sul lato assicurativo e intervenendo proprio su quello sanitario.
Proprio l’assicurazione Unipol ha provato più volte negli ultimi mesi ad acquistare la Fondiaria Sai della famiglia Ligresti. Un paradosso si nasconderebbe dietro il tentativo del colosso bolognese di acquistare.Unipol sta per comprarsi la semi-fallita FonSai ma in borsa è in condizioni non granché migliori.
Negli ultimi tre anni, la compagnia dei Ligresti ha perso l’87% del suo valore a Piazza Affari ma Unipol non ha fatto molto meglio, bruciando il 77%. L’operazione è finita sotto osservazione della Procura di Milano e il pm Luigi Orsi, che indagano sui Ligresti e riprenderanno le loro indagini a settembre.
L’incertezza sulla vicenda calda è destinata perdurare per tutto il mese di agosto e le conseguenze ci sarebbero se si provasse che il famoso scritto, siglato dall’ad di Mediobanca Alberto Nagel e da Salvatore Ligresti il 17 maggio 2010, sia configurabile come un patto parasocietario occulto. Lo scritto, con le richieste della famiglia Ligresti per farsi da parte su Premafin (la holding a capo di FonSai), era indirizzato a Nagel, al presidente di Mediobanca Renato Pagliaro, dell’Ad di Unipol Carlo Cimbri (l’acquirente interessato) e dell’ad di UniCredit Federico Ghizzoni (la banca più esposta).
Nagel sostiene che non si può parlare di patto parasociale dal momento che Mediobanca non è e non era azionista di Premafin e anche Unipol e UniCredit avevano dichiarato di non essere a conoscenza del supposto accordo.
Martedì scorso sia il Financial Times che il Wall Streat Journal hanno dedicato due articoli alla notizia dell’interrogatorio di Nagel e hanno usato toni sarcastici per descrivere la vicenda.