Davanti alle telecamere si promettono una birra insieme, ma a guardare l’aria che tira (almeno fino al ballottaggio) c’è da dubitarne. Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi agli studi Rai del Centro Nomentano arrivano quasi in contemporanea, il segretario con qualche minuto di anticipo sullo sfidante. Nello studio, quello di Domenica in, tutto è pronto. Ci sono le truppe di entrambi, 40 sostenitori per Bersani, altrettanti per Renzi. Molti giovani di Roma, di chiara provenienza di sinistra per il primo, diversi fiorentini che sfoggiano la borsa della Leopolda per il secondo.Il clima è teso. Prima di cominciare il match c’è il tempo per un saluto veloce e un faccia a faccia, totalmente privato tra segretario e rottamatore. Cinque minuti o poco meno. Ma per partire con il confronto bisogna sorteggiare il nome di chi dei due dovrà cominciare, responsabilità che si assumono il portavoce di Bersani e l’addetta stampa romana di Renzi: sarà il sindaco a partire. Lo studio è semi buio, i fari della diretta non si sono ancora accesi, ma ci sono persone ovunque: sostenitori, giornalisti, fotografi. La diretta però non può tardare e qualcuno invita tutti ad uscire. C’è chi, nello staff di Renzi, non gradisce, preferirebbe rimanere in studio, a pochi passi dal sindaco invece che in una piccola stanza, indicata come “sala vip”. Ma, si sa, le regole sono regole. La sigla d’inizio non è ancora partita, il rottamatore è carico e scherza con i suoi sostenitori, «poco casino, eh». Poi si comincia.
Tre minuti a testa di appello agli elettori e poi la macchina della diretta si ferma, le luci si spengono, l’adrenalina cala. Renzi fa il galante e si congeda con un bacio da Monica Maggioni, poi corre dai suoi ragazzi. Bersani posa con i suoi, di giovani, per la foto ricordo.
I due contendenti alla premiership democratica, dopo aver duellato per due ore tra ricette contro la crisi, tagli ai costi della politica e composizione della coalizione di cui fanno parte, ora si ignorano. E ognuno si rifugia tra i suoi per qualche minuto prima di tornare sulla propria strada. L’impressione è che reciprocamente, almeno per questa sera, Bersani e Renzi ne avessero abbastanza l’uno dell’altro.
Sia il segretario sia il rottamatore si dicono soddisfatti, Bersani parla di «serata civilissima» e a chi gli domanda del ticket risponde: «Macchè». A sentire i sostenitori nulla è cambiato, nulla si è mosso: chi stava con il segretario continua a prendere le sue parti e a criticare il rottamatore, stessa cosa per chi è venuto per Renzi. Ma si sa, loro sono lo zoccolo duro e poi in una situazione come questa se anche un dubbio li sfiorasse, a una giornalista non lo direbbero mai. Resta da capire invece che effetto ha avuto questa cascata di domande e risposte tra gli elettori. Lo sapremo, senza margine di errore, tra tre giorni.