“Spero che questo mio sfogo venga letto da quei ragazzi che hanno appena fatto, o si apprestano a fare, una scelta per il loro avvenire, dalle famiglie che investono sul loro futuro e, soprattutto, da coloro che, con le loro promesse, sono corresponsabili del destino di tante persone.“
Inizia così il grido di dolore col quale la mia collega (amica e compagna di studi) Elena mette in guardia i giovani di oggi che si apprestano a scegliere la facoltà di farmacia per prepararsi a quella che, giustamente, ritengono una professione ancora importante e necessaria sia per la salute che per il progresso del paese: in fin dei conti assieme ai medici, i farmacisti garantiscono quotidianamente l’accesso ad un bene, il farmaco, di primaria importanza per i cittadini. Altri tempi, quelli nei quali abbiamo affrontato gli esami all’università, con la speranza (certezza!, oserei dire) di un posto di lavoro che ci aspettava subito dopo la laurea.“Oggi“, prosegue Elena, “una persona della mia generazione, con il mio titolo di studio, può fare solo il/la farmacista… Può?!?” No, non può, a causa delle scellerate scelte politiche che stanno portando un settore, certamente non privo di storture e intriso di privilegi, al collasso, con l’ovvia conseguenza che i primi a rimanere a casa sono, come negli USA, coloro che dotati di esperienza e competenza, costano di più, perché valgono di più. “Le farmacie stanno vivendo un momento critico grazie alla crisi, alla spending review, all’ideazione della distribuzione dei farmaci ad alto costo operata dalle A.S.L.; anche le varie liberalizzazioni hanno generato, contrariamente a quanto ci si aspettasse, un gioco al massacro tra farmacie e le prime vittime sono state i dipendenti, spesso quelli con professionalità più elevata, più costosi da impiegare.
Ora siamo in tanti, troppi, senza lavoro. Non più giovani, portiamo curricula ovunque, … con la triste consapevolezza di essere fuori mercato e di non avere più l’età per inventare un nuovo percorso lavorativo.” La saturazione dovuta al notevole numero di giovani che completano il ciclo universitario, mal si coniuga con la crisi economica che da anni colpisce il settore della sanità in Italia e rischia di divenire un pretesto per coloro che vogliono smantellare il sistema attuale, obsoleto ed ingiusto per certi versi, non per sostituirlo con uno in grado di creare nuovi posti di lavoro e mitigare le sperequazioni esistenti, ma solo e soltanto col businnes per alcuni grandi gruppi dalle mire malcelate. Pensiamo forse che la liberalizzazione selvaggia, prospettata (ed invocata) da molti risolverà i problemi ben evidenziati da Elena? Assolutamente no, peggiorerà la situazione, esattamente come è successo con tutte le liberalizzazioni precedenti (assicurazioni, benzina, etc) e, dato che qui stiamo parlando di salute e sanità, arrecherà danno alle fasce più deboli economicamente della popolazione italiana. Finché non si metterà mano al settore farmaceutico con una riforma organica, che tenga conto delle aspettative di tanti colleghi, senza però smantellare e consegnare la nostra professione al libero mercato, assisteremo al depauperamento delle risorse economiche e umane che, invece, dovremmo valorizzare. Continuare a paragonare, tanto per ricollegarsi a quanto detto da Elena, il servizio svolto dalle farmacie e quello effettuato dalle aziende sanitarie ed ospedaliere con la cosiddetta distribuzione diretta, serve poco o nulla, visto che le condizioni da cui partono i due sistemi (privato il primo, con tutti i rischi d’impresa legati a tale condizione, pubblico il secondo, favorito dalla legge del 1974, che permette altre condizioni di acquisto e non contempla esplicitamente nelle sue redicontazioni tutti i costi di gestione).
Oggi è il tempo delle scelte coraggiose, impopolari forse, ma necessarie per salvare la nostra professione: non possiamo più navigare a vista, continuando a dire, come fanno certi personaggi arroganti e privi di autorevolezza, “intanto prendiamo un anno, poi si vedrà“. No, questo oggi non è più possibile, se vogliamo dare un futuro ai nostri giovani e, ovviamente, ai nostri colleghi che, come Elena, si ritrovano senza lavoro a metà della loro vita.
Con la lenzuolata di Bersani(quella degli esercizi di vicinato) mai cambiamento e’ stato piu’ graduale e di impatto minimo(anzi nullo) sulla redditivita’ del sistema farmacie. La concorrenza minima su farmaci senza ricetta in questi anni, non e’ andata oltre il 10% in volume di venduto( rispetto alle farmacie). La capillarita’ non e’ stata intaccata in quanto esercizi di vicinato non si aprono sotto i 5000 abitanti. Sono state aperte piu’ di 4000 attivita’ con altrettanti (o sicuramente di piu’) posti di lavoro. Qualcuna ha chiuso ma ce ne sono altre che hanno aperto e continueranno ad aprire costituendo un ricambio molto dinamico. ( Le farmacie che si apriranno col concorsone saranno molte di meno). I prezzi dei farmaci in concorrenza si e’ certamente abbassato ed il beneficio e’ andato soprattutto al consumatore.
Il malessere della Farmacia e la disoccupazione di tanti Farmacisti laureati non titolari proviene da cause antecedenti( ma anche susseguenti nel caso dell’abbassamento dei prezzi dei generici e della crisi)
e dipendono tutte direttamente od indirettamente da una sola causa dalla ”PIANTA ORGANICA” (e minor misura l’eccessiva differenza tra farmacie ricche e meno ricche). La disoccupazione c’era gia’ prima di Bersani e dopo la lenzuolata farmaceutica almeno qualche posto di lavoro si e’ creato. Ai titolari non piace un lavoro in GDO…magari a chi ha trovato posto fuori delle Farmacie, invece potrebbe piacere: glielo avete chiesto? La liberalizzazione della fascia ”C” non avra’ alcun impatto collassante su un sistema che rischia di implodere da dentro per crisi di identita’ e poca lungimiranza. Non occorre trovare giustificazioni altrove, poiche’ non sara’ la fascia ”C” liberalizzata nei corner della GDO e nelle parafarmacie il vostro problema, come non lo sono stati gli OTC e SOP.
non abbiate sempre paura delle liberalizzazioni(non solo dei farmaci) , io capisco che se uno ha sempre vissuto in Italia e prende a riferimento le farmacie italiane, le pompe di benzina italiane, i taxi italiani, e via dicendo si senta spiazzato da qualunque ventilato cambiamento, il fatto è che indietro non si può tornare più e pure stare li a piangere su quanto era bellissimo prima mi sembra un esercizio del tutto inutile ai fini pratici,per me una apertura generale di tutte le professioni e categorie “chiuse” è una strada da percorrere, l’unica cosa comunque da non fare è riproporre modelli vecchi e superati e lo dico per i giovani che farebbero meglio, dopo la laurea, a passare 1 oppure 2 anni in altri paesi a fare qualunque cosa e poi tornare con idee nuove ed energie nuove , come si fa nei paese Nord-europei…. la professione del farmacista italiano è stata tra le più chiuse del mondo negli ultimi 50 anni è solo questo il motivo per cui anche 30 anni fa noi si diceva di volere scapparcene altrove, proprio come adesso i giovani laureati, anche 30 anni fa si usciva dalle facoltà di farmacia senza sapere neppure quanto costasse una licenza per acquistarne una, vera mano d’opera a basso costo…..
Federazione e Ordini
L’editoriale. Riforme di cui non si vede lo scopo
“Introdurre elementi nuovi in un sistema consolidato, richiede sempre un periodo di rodaggio, un arco di tempo in cui si osservano i risultati determinati dall’innovazione. E’ una regola basilare che bene o male trova sempre applicazione anche in Italia: basti pensare, per fare un esempio recentissimo, alle nuove norme sulla prescrizione. Questa regola, però, sembra non esistere quando si tratta del servizio farmaceutico italiano”. Di Andrea Mandelli
03 DIC -Introdurre elementi nuovi in un sistema consolidato, richiede sempre un periodo di rodaggio, un arco di tempo in cui si osservano i risultati determinati dall’innovazione. E’ una regola basilare che bene o male trova sempre applicazione anche in Italia: basti pensare, per fare un esempio recentissimo, alle nuove norme sulla prescrizione. Questa regola, però, sembra non esistere quando si tratta del servizio farmaceutico italiano.
Dopo la prima liberalizzazione del 2006, relativa alla vendita dell’automedicazione fuori dalla farmacia, che solo ora cominciava a entrare a regime (peraltro con risultati non entusiasmanti neppure per gli operatori che ne hanno beneficiato, a cominciare dai colleghi che operano nelle parafarmacie) a cavallo tra 2011 e 2012 si sono avuti molti altri interventi sul servizio, sia per quanto riguarda la liberalizzazione dei prodotti, sia per quel che riguarda la regolazione della farmacia. Si è aumentato il numero dei farmaci vendibili senza prescrizione, si è consentita la vendita dei medicinali veterinari soggetti a prescrizione e delle preparazioni galeniche non soggette a ricetta anche a corner e parafarmacie.
Sull’altro versante si è aumentato ope legis il numero della farmacie e sono stati modificati, introducendo il concetto di zonizzazione, i principi della pianta organica. E a questo si può aggiungere che è stato imposto un nuovo ulteriore sconto al SSN e che il prezzo dei medicinali erogabili in regime SSN continua a scendere. Difficile comprendere oggi quale sia il reale obiettivo di questa azione riformatrice. Si aumenta il numero delle farmacie, ma si continua a sottrarre loro quote di mercato.
Si dice di voler aumentare l’accessibilità al farmaco, ma contemporaneamente in molte Regioni si potenzia la distribuzione diretta. Si proclama di voler puntare sull’automedicazione ma contemporaneamente, si agita di nuovo l’idea di liberalizzare la vendita dell’etico di Fascia C, cosa che – come ha dichiarato la stessa ANIFA – annullerebbe quanto di positivo ha fatto la prima liberalizzazione per la diffusione dell’OTC.
Insomma, non solo si affastellano i provvedimenti , ma questi sembrano anche contradditori tra loro e con gli altri fattori che agiscono nel comparto farmaceutico. Mi pare che non sia più differibile un chiarimento da parte del Governo e di tutte le forze politiche: quale assetto, quali finalità hanno in mente per il servizio farmaceutico? Quali le tappe per raggiungere questi obiettivi?
Tutto questo per ora ci sfugge, mentre la situazione si fa sempre più critica e non per i profitti dei titolari di farmacia, come a molti piace far credere, ma per l’occupazione di decine di migliaia di professionisti, molti giovani e molti che, per il loro profilo anagrafico, possono difficilmente trovare una nuova collocazione. La tecnica e la politica se ne vogliono occupare?
Andrea Mandelli
Presidente Fofi
Al condivisibile e giusto sfogo di ELENA,vorrei solo aggiungere che oggi non ci e’ permesso nemmeno di lavorare in modo dignitoso in una farmacia privata e/o comunale perche’ sempre piu’ spesso tale professione viene svolta da persone non qualificate a farlo(magazzinieri e/o addetti alle pulizie dei locali della farmacia)ovviamente disattendendo tutta la legislazione sulla dispensazione dei farmaci, ovviamente con il consenso di Federfarma…non capisco pero’,su tale grave problema,il religioso silenzio della FOFI. Mi piacerebbe sentire il parere autorevole del Prof.Andrea Mandelli su questo nè banale nè ingenuo quesito.Anche perchè…”la situazione si fa sempre piu’critica per l’occupazione di decine di migliaia di professionisti” e di cio’,non se ne deve occupare la politica,bensi’,l’organismo che dovrebbe tutelare TUTTI i farmacisti Italiani di cui lei è Presidente. Nicola
Il giocattolo si è rotto.
La Legge punisce chi: a conoscenza di un reato e/o violazione non denunci i fatti alle Autorità competenti. Nicola Lei è un cittadino italiano faccia presente queste cose chi di competenza, per dovere civico.