Le liberalizzazioni nel mito americano

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Sulle liberalizzazioni, che spesso han fatto rima con privatizzazioni dei patrimoni statali (cioè di noi cittadini) a gruppi economici tristemente noti, delle lenzuolate liberiste di Bersani e delle opinioni di Catricalà, ex presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) e attualmenteSottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri , si è scritto e detto più che a sufficienza; ma forse mai abbastanza.

Mi è capitato qualche giorno fa di leggere un articolo di Carlo Gambescia, nel suo blog carlogambesciametapolitics, in cui si analizzava il modello sociale americano.
L’autore evidenziava che numerosi economisti come Giavazzi celebrano tale modello economico poiché dalla parte dei meritevoli.
Faceva però notare alcune criticità del sistema economico americano, volutamente ignorate da chi lo “incensa”: 1.“… il tasso americano di concentrazione dei redditi è molto più alto del nostro, che non è sicuramente basso; negli Usa, in media, il 20 % più ricco della popolazione assorbe il 60 % del reddito nazionale, mentre in Europa si è intorno al 35-40 %”;
2.“… negli Stati Uniti la mobilità geografica è due volte maggiore di quella europea.”;
3.“… vi è nucleo ridotto di attori sociali (i grandi oligopoli)”;
4.“… una politica completamente sottomessa ai gruppi di pressione economici”;
5.“… un lavoro poco sindacalizzato e molto flessibile”;
6.“… nessuna forma di assistenza sociale e pensionistica, obbligatoria e pubblica”;
7.“… alti profitti, bassi salari e assenza di mediazioni pubbliche”. 

In ultima analisi, se consideriamo questi punti come il prodotto di quello che potremmo definire il risultato darwiniano del capitalismo spinto, otteniamo il risultato di una società in cui chi perde il lavoro si ritrova per strada, costretto a vendere l’auto e la casa, e a spostarsi altrove in cerca di un’occupazione.

Il mito dell’America e delle sue grandi opportunità è solo un’utopia che ammaliò i nostri bisnonni, in un’epoca in cui il fascino dell’avventura oltreoceano veniva esaltato e i fallimenti ovattati dalla carenza dei mezzi d’informazione e dal desiderio di fuggire la fame atavica presente (non solo) nel Meridione d’Italia.

Il caso Sacco e Vanzetti, due poveracci condannati a morte poiché anarchici ma in effetti poveri lavoratori sfruttati, ancora brucia ed è una macchia indelebile per quell’America che nella libertà ha fondato i propri ideali costituenti.

Paradossalmente il mito USA viene riproposto oggi, in altra salsa, da prezzolati economisti. Benché negli States vi sia un tasso di disoccupazione ufficiale del 10% e ufficioso (dati ritenuti reali) del 16-18%!

L’America viene magnificata come la culla della democrazia, “nonostante vi sia una società fortemente gerarchizzata, con circa 50 milioni di poveri e poche decine di migliaia di ricchissimi che tengono in pugno l’economia, non solo americana.
Dove insicurezza e sradicamento producono criminalità, divorzi, patologie mentali, con tassi doppi rispetto a quelli europei: un americano su due assume regolarmente psicofarmaci, e uno su tre ha avuto problemi di alcolismo.” 

Io non credo che il modello liberista americano, gradito anche all’attuale amministratore della FIAT Marchionne, possa essere esportato “tout court” in Europa. Non vi sono le condizioni geoeconomiche (si pensi alla diversa densità abitativa e reddituale) né geopolitiche e linguistiche (Stati con tradizioni politiche e idiomi frammentate e diversi).

A quanto descritto c’è poco da aggiungere.
Ognuno disegna la visione del proprio mondo come il migliore tra quelli possibili, ma poi dovrebbe avere il coraggio di viverci!

La verità è sotto gli occhi di tutti, purché siano aperti!

4 COMMENTS

  1. Ci sono parecchie imprecisioni, non so quanto dipendano dalla fonte citata. Disoccupazione Usa: quel 10% è parecchio lontano dal vero (lasciamo perdere il 16-18%!), l’ultimo dato dice disoccupazione Usa a novembre al 7,9%, a ottobre era al 7,8% (Sole 24 Ore). In Europa invece a ottobre era all’11,4%, in Italia al 10,4%.
    Altra cantonata è la pretesa assenza di un’assistenza previdenziale pubblica. Sorpresa, negli Usa c’è dal 1935 e fino alla riforma Obama consentiva ai lavoratori americani di andare in pensione a 67 anni (ora a 69). Certo, si tratta di sistema che è sempre stato contributivo (con un tasso di sostituzione del 42%) ma è forse per questo che al contrario della nostra Inps negli Usa la previdenza pubblica è addirittura in attivo (nel rapporto tra contributi in entrata e trattamenti in uscita).
    Se sono sballate le poche cifre fornite, figuriamoci le asserzioni di principio. Oligopoli? Negli Usa c’è una legislazione antitrust dal 1890 (cioè solo un secolo prima della nostra!) e da quelle parti gli abusi alla concorrenza da posizione dominante sono sanzionate dal codice penale anziché da quello amministrativo, come accade in Europa.
    Sacco e vanzetti? Certamente una vicenda penosa, ma tutti i paesi hanno le loro vergogne su cui riflettere e francamente in quanto a efficienza della giustizia l’Italia è meglio che non vada a insegnare a nessuno.
    Quanto poi all’asserzione che divorzi, alcolismo e patologie mentali sono indici di degenerazione collettiva, beh questo “è” darwinismo sociale…

    • Egregio sig. Alessandro Santoro, non starò qui a fare del terrorismo culturale con grafici e numeri già ampiamente conosciuti. Spesso utilizzati da chi ha convenienza a certificare proprie teorie senza riscontro nella realtà.

      Se la matematica non è un’opinione, similmente per i valori degli indicatori economici dovrebbe essere la stessa cosa.
      Il condizionale è d’obbligo in quanto questi indicatori, se non vengono percepiti nella loro completezza temporale e/o privati di alcuni elementi utili a mostrare la situazione sull’intero oggetto di riferimento, daranno una visione conoscitiva distorta.

      Quindi a questi link potrà rilevare i dati che portano alle conclusioni dell’articolo:
      http://www.census.gov
      http://www.europa.eu.int
      http://www.worldbank.org

      Le evidenzio, tuttavia, qualora non abbia voglia di spulciare sterili grafici e numeri, anche riportati in un altro articolo su “Quellichelafarmacia magazine” (vedi link: http://quellichelafarmacia.com/9579/la-pubblica-opinione/ ), che il regista americano Michael Moore, nel suo film Sicko, ha ampiamente narrato quale sia la situazione sanitaria in USA e quanto il welfare è lì carente.
      Non a caso l’attuale Presidente Obama ha imperniato le sue campagne elettorali sulla riforma sanitaria, per dare una copertura assistenziale a quei milioni di cittadini in USA che tutt’oggi non ne usufruiscono!

      Non informasi correttamente significa dare un giudizio su un film guardando solo il trailer.

      http://www.youtube.com/watch?v=gz9BFbxWiVc&feature=player_embedded

      Ma anche solo dal trailer c’è di che restare scandalizzati e … terrorizzati.

      Cordialmente, Dr. Raffaele Siniscalchi

  2. Curioso: di solito la regola è che chi cita dati poi a richiesta indica la fonte, è la prima volta che sento rispondere “tieni, questa è l’enciclopedia cercateli”. Comunque ho fatto un girettino sui siti che ha indicato: soltanto per fermarci al tasso di disoccupazione, può confrontare la tabella disponibile su europa.eu (all’indirizzo http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&language=en&pcode=teilm020&tableSelection=1&plugin=1) con quella del Bureau of labour statistics americano (indirizzo http://www.bls.gov/news.release/empsit.t10.htm; sconsiglio il link che lei indica perché fornisce dati dei censimenti, quindi non aggiornati. Vedrà che negli ultimi quattro mesi l’Europa sta sempre sopra di tre o quattro punti rispetto agli Usa.
    E’ vero, come lei riporta nell’articolo “La pubblica opinione”, che il tasso di disoccupazione non fotografa completamente la realtà occupazionale di un paese. Però se si cambia metodologia lo si fa per tutti: gli Usa raggiungono il 22,7% a calcolare part-time, interinali e inoccupati? Beh, vediamo in Europa a quanto si arriva se si applicasse lo stesso criterio…
    Lei cita il film di Michael Moore, Sicko. L’ho visto anch’io, non metto in discussione quello che si narra. Però evitiamo di cadere nei luoghi comuni: negli Usa c’erano forme di sanità pubblica anche prima della riforma Obama e la spesa procapite (sottolineo, procapite!) sostenuta annualmente dallo stato Usa per finanziarla è addirittura maggiore di quella sostenuta dall’Italia (dati Ocse, spulcerà e troverà). Negli Usa se ti ricoverano al pronto soccorso e non hai carta di credito sei buttato fuori a calci? Altra fregnaccia che si sente dire in giro, niente di tutto ciò. Invece le assicuro che nella socialdemocratica e tutt’altro che liberista Germania se non sei iscritto a una krankencasse le prestazioni ospedaliere te le devi pagare di tasca tua. Quanto poi a Sicko, io aspetto solo un Moore italiano che faccia un film sulla sanità campana, dove da almeno dieci anni a ogni autunno le asl dicono a generalisti e specialisti di non prescrivere più esami e visite fino al gennaio successivo perché sono finiti i soldi. Morale, chi è ricco si rivolge ai privati, chi è povero aspetta sei mesi per una mammografia. Ma non siamo negli Usa, siamo in Italia.
    Questo significa che per me i paesi liberisti sono meglio degli altri? No, voglio solo dire che i confronti vanno fatti con accuratezza, a partire dalla selezione del campione. Da una parte Usa e Gb perché sono liberisti e dall’altra chi? La Germania è liberista oppure no? Se non lo è lei non avrà obiezioni a importare il sistema tedesco di regolamentazione delle farmacie… La Francia non fa parte dei paesi liberisti? Eppure la sua sanità prevede una forte componente privata con assicurazioni integrative sottoscritte da una cospicua parte della popolazione… La Gran Bretagna è liberista? Però il servizio sanitario pubblico è nato lì e tutte le riforme adottate dal nostro paese sono state ispirate ai cambiamenti del Nhs…

    • Lei, Santoro, fa tanti paragoni con altre nazioni diverse dall’Italia, sia per cultura che per distribuzione demografica, pur se europee tranne l’Inghilterra (europea solo quando le conviene in qualità di azionista della BCE!).
      Se poi analizzassimo il reddito pro capite, ci sarebbero anche ulteriori sorprese.

      Tuttavia non ne assurge alcuna a esempio da imitare.
      Piuttosto lei persegue un’idea liberista che, all’atto pratico, idealizza esclusivamente come antagonista al socialismo dei paesi dell’Est Europa.

      Il dato che l’Italia sia al secondo posto, dopo la Francia, per qualità nel servizio sanitario non lo nota. E questa ciliegina sulla torta, molto probabilmente, scaturisce anche dalla peculiarità fornita dall’attuale servizio svolto dalle farmacie. Servizio tacciato di essere illiberale e medioevale da alcuni, per propria convenienza, ma gradito ai cittadini.

      Per quanto concerne invece la contraddizione nei numeri, come giustamente evidenzia, essa dipende dalla finestra temporale in cui essi si considerano e dalla metodologia applicata.
      Annoverare un lavoratore pachistano del Mac Donald piuttosto che messicano della Wall-Mart, senza copertura assicurativa e paracadute in caso di licenziamento, al pari di un insegnante precario in Italia, non è corretto.
      Tanto varrebbe ritenere occupati anche gli extra-comunitari con permesso di lavoro che vendono sigarette di contrabbando e accendini agli angoli delle strade o il rumeno lavavetri al semaforo!

      In tal caso avremmo un tasso di disoccupazione bassissimo!

      Tuttavia apprezzo l’onestà intellettuale con cui afferma che negli ultimi quattro mesi l’Europa sta sempre sopra di “tre o quattro” punti, rispetto agli Usa, a tasso di disoccupazione. Evidentemente la ripresa dell’auto di Marchionne negli USA incomincia a produrre i suoi effetti, così come le varie riforme del lavoro qui in Europa!
      Valuterei anche le ultime novità legislative approvate in qualche stato americano che consentirebbero ai lavoratori di rinunciare ai diritti sindacali con opportunità o migliorie nel contratto lavorativo.

      Comunque, per evitare ulteriori inutili polemiche, anche sulle fonti che, le ricordo, se fossero fasulle, sarebbero subito sbugiardate in rete, chiudo la discussione invitandola a leggere un articolo al link:
      http://www.insightweb.it/web/content/lavoro-e-disoccupazione-confrontando-stati-uniti-e-germania
      Uno a caso e tra i tanti presenti in internet.
      Le evidenzio solo il seguente periodo:
      “Negli ultimi decenni gli economisti neoliberisti hanno elogiato il modello americano di deregolamentazione del mercato del lavoro, mentre gli istituti di protezione del lavoro in Europa sono state considerati fonte di paralizzante rigidità e inefficienza. La crisi racconta una storia diversa. La liberalizzazione totale del mercato del lavoro statunitense ha portato conseguenze disastrose, mentre la molto criticata rigidità del lavoro in Europa ha limitato il tasso di disoccupazione e, da questo punto di vista, l’impatto sociale della crisi”.
      A proposito.
      E’ proprio convinto che scopiazzare la Sanità Britannica, ispirandosi ai cambiamenti del Nhs, come sembra abbia interesse Federfarma, sia un’idea opportuna da percorrere?
      Non le pare che, così facendo, si rendano più facili le acquisizioni delle farmacie da parte di gruppi distributivi interessati come l’inglese Alliance-Unichem Boots?

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