Buongiorno sig. Direttore
Non mi abbasso a replicare con volgarità alle volgarità con cui il Segretario della Federfarma di Benevento si è espresso, fra l’ altro riportando in modo distorto quanto dichiarato dal MNLF, che non ha assolutamente dichiarato che i titolari di farmacia siano tutti, non ripeto che cosa perché è appunto di una volgarità puerile,ma che molti di essi ed in parte anche i loro collaboratori, si trovano a dover convivere con un malcostume professionale, quello di consegnare farmaci, anche pericolosi, a chi sia privo della dovuta ricetta medica e talvolta vi si adeguano. Questa è realtà dei fatti, che molti colleghi fra cui il sottoscritto, sono pronti a testimoniare. Vorrei invece che il dott. Italiano che si dimostra molto preoccupato per la penalizzazione che l’ erario subirà nel caso entrino ancora più “pesantemente” nel settore le Società di capitale, sull’ argomento mi risponda senza giri di parole, visto che pare non ami i “mezzi termini”.
Quale danno calcola, per le casse dello Stato, in seguito alla pratica per cui nella compravendita delle farmacie, da privato a privato, una parte consistente, seppure minoritaria, veniva celata e recentemente anche un’ indagine patrimoniale ne ha evidenziata una enorme ? Parliamo di cifre consistenti in quanto è noto, che il valore di queste transazioni spesso era pari a 1,5 ma anche fino a 2,2 come moltiplicatore, rispetto al volume medio d’affari degli ultimi anni. Su quelle cifre, anche solamente il 3% “transitato” in modo non tracciabile era ed è un bel gruzzolo, o sbaglio, se moltiplicato per le migliaia di compravendite avvenute in Italia negli ultimi 20 anni ? Quindi il problema della professionalità in farmacia, non si risolve con aggettivi infelici, o recuperando dottrine filosofiche che male si adeguano ad interpretare situazioni molto materiali. Distinti saluti, Dott. Italiano.
Dott. Marco Cetini
Titolare Parafarmacia del Dott. Cetini
0 risposte a “LETTERE – Replica del Dott. Marco Cetini al Dott. Stefano Italiano”
Ottimi argomenti e risposta adeguata! Bravo! E’ per gente come lei collega Cetini che sono orgoglioso di essere Farmacista! Peccato che come lei ce ne siano pochi.. molto pochi.
Grazie collega Antonio, questa mia replica forse solleverà un vespaio, ma non potevo proprio tacere. Speriamo solo che anche altri trovino il coraggio di dire tutta la verità, forse sì che ne trarrebbe giovamento la professione.
Siete ridicoli, ipocriti ed incoscienti! Da questa guerra tra fratelli ne usciremo tutti con le ossa rotta e gli unici che esulteranno saranno i grandi gruppi e le soc. di capitale!!! Ma ancora non lo avete capito?!?!?
Dott. Cetini, le persone come lei saranno i responsabili dello sfascio e del peggioramento della sanità pubblica.
Liberalizzare significa aumentare la concorrenza; generare un sistema altamente concorrenziale per il mercato del farmaco è da veri incoscenti, per non usare parole più offensive!
Se ho ben capito questa bellissima riforma ha come fine ultimo quello di rendere un miglior servizio a prezzi concorrenziali ( quindi più bassi ) ai cittadini….benissimo, scopo nobile e condivisibile. Peccato che non accadrà nulla di tutto ciò!
Come primo effetto si avrà che le zone economicamente non “attraenti” rimarranno scoperte dal servizio: se ho la possibilità di aprire una parafarmacia in una zona più redditizia rispetto a quella dove ora mi trovo ( perchè cosi ha deciso il comune in base alla pianta organica) , per quale motivo dovrei rimanere li? per dare un servizio a poche centinaia di residenti? Beh…sinceramente me ne infischierei di privare qualche centinaia di poveri disgraziati di un servizio essenziale e socialmente utile qual’è la farmacia e me ne adrei verso altri lidi migliori.
Come secondo effetto non ci sarà un risparmio per i cittadini ( come invece ci vogliono far credere i “professori) ; bensi ci sarà solo e soltanto un aggravio di spesa : in un sistema altamente concorrenziale le quote di mercato degli attuali attori dominanti ( le farmacie ) si ridurranno; i nuovi entranti a loro volta vorranno aumentare sempre di più le proprie: il risultato sarà una bella riduzione dei prezzi, con riduzioni dei margini per i titolari ( farmacisti e non ). Beh…detto cosi sembrerebbe un ottima cosa e l’obbiettivo di generare risparmio per i cittadini sarebbe raaggiunto! Purtroppo no….ci siamo dimenticati di considerare una variabile molto importante, ovvero la natura del bene: qui stiamo parlando di medicinali e prodotti per la salute e il benessere dei cittadini! La medicina non è una scienza perfetta come la matematica, e sopratutto sul mercato del farmaco incombe il problema delle asimmetrie informative:il cittadino ( nella stragrande maggioranza dei casi ) si deve AFFIDARE alla professionalità e alla correttezza del farmacista, non sapendo evidentemente scegliere quale sia il prodotto più adatto a lui per una patologia e in un determinato momento….magari anzi spesso, Tizio o Caio non ha bisogno proprio di nulla, sta bene, oppure gia prende prodotti idonei al suo caso…in un mercato del farmaco dove ci sarà una guerra senza esclusione di colpi tra farmacie, parafarmacie, catene, GDO, etc etc….non ci sarà più nessuna tutela per i cittadini, perchè ogni scelta, ogni decisione ogni gesto da parte dell’ormai “ex professionista del farmaco” , saranno solo e soltanto dettate da motivazioni commerciali!
E cosi si dispenserà il prodotto su cui ho più margine anche se magari per Tizio sarebbe più indicato un altro;
non mi esenterò da dispensare “acqua fresca” ad un cliente;
non farò mai più uscire un cliente dal mio esercizio senza alcuno prodotto e solocon tanti consogli e raccomandazioni…
E cosi dicendo il cliente sarà felice, perchè ha comprato (pensando di aver risolto il problema )un prodotto al 30% di sconto, risparmiando 1,2,3 euro , ignaro del fatto che poteva risparmiare il 100% dal momento che quelle compresse, quello sciroppo, quelle caramelle non gli avrebbero cambiato la vita!!!!
Complimenti vivissimi!!! Siete dei geni!
Auguri e in bocca al lupo! ( mi fate pena)
….magari anzi spesso, Tizio o Caio non ha bisogno proprio di nulla, sta bene, oppure gia prende prodotti idonei al suo caso…in un mercato del farmaco dove ci sarà una guerra senza esclusione di colpi tra farmacie, parafarmacie, catene, GDO, etc etc….non ci sarà più nessuna tutela per i cittadini, perchè ogni scelta, ogni decisione ogni gesto da parte dell’ormai “ex professionista del farmaco” , saranno solo e soltanto dettate da motivazioni commerciali!
E cosi si dispenserà il prodotto su cui ho più margine anche se magari per Tizio sarebbe più indicato un altro;
non mi esenterò da dispensare “acqua fresca” ad un cliente;
non farò mai più uscire un cliente dal mio esercizio senza alcuno prodotto e solocon tanti consogli e raccomandazioni…
E cosi dicendo il cliente sarà felice, perchè ha comprato (pensando di aver risolto il problema )un prodotto al 30% di sconto, risparmiando 1,2,3 euro , ignaro del fatto che poteva risparmiare il 100% dal momento che quelle compresse, quello sciroppo, quelle caramelle non gli avrebbero cambiato la vita!!!!
PERCHè IN FARMACIA COSA SUCCEDE?!?!?!? AHAHAHAHAHAHAHAH MA PER FAVORE, GENIO!
Io rimango allibito a tutto ciò….ma ci siete o ci fate????? Povera farmacia italia!!!Che brutta fine che ha fatto!!!
LUCA HA COMPRATO LA FARMACIA DA POCO? (AHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAH AUGURI!) OPPURE SI VEDRà PRIVATO DELLA BELLA VITA CHE FACEVA PRIMA (CAXXI SUOI!) P.S. CREDIFARMA BUSSA ALLA PORTA?
No caro collega…non ha indovinato. Io appartengo a quella vasta schiera di colleghi che sono pervenuti alla titolarietà vincendo un concorso per assegnazione di sedi farmaceutiche, che da 12 anni cerca ogni giorno di esercitare al meglio la propria professione al servizio del cittadino. Sa di cosa sto parlando? mhhhhhh, da quello che scrive mi sa di no!
E cmq mostri un po più di rispetto verso tutti i colleghi e cerchi di moderare le parole.
Luca 7 gennaio 2013 at 13:50 | Permalink | Reply Siete ridicoli, ipocriti ed incoscienti! […]mi fate pena!!
CHI è CHE SI DEVE DARSI UNA CALMATA?!! MA PER FAVORE
Scusa Luca,
ma la tua farmacia si trova su Marte ?
Ci vuoi far credere che veramente sei senza peccato e che potresti addirittura scagliare la prima pietra ?
Ma facci il piacere !!!
Potresti fare il politico, tante belle parole e sotto sotto gnam-gnam style !!!!!!!
Beh , che le devo dire cara Elena….venga su Marte allora! le presenterò tanti miei colleghi che come me molte moltissime volte dispensano solo consigli e raccomandazioni senza far spendere un solo euro ai propri clienti! Però faccia in fretta cara dottoressa….perchè se continua cosi e la barca affonda definitivamente penso proprio che dovremmo trasferirci tutti in massa sul pianeta terra !
Caro dott.Cetini sono un collega collaboratore e condivido totalmente l’analisi fatta dal dott. Stefano Italiano anche nel suo colorito folcklore perché almeno rientra nei canoni della lealtà. La veemenza dell’azione volta a distruggere il servizio farmaceutico perpetrata dalla vostra associazione anche dal punto di vista da lei riportato e’ opinabile.
Non ho capito dalla sua analisi se questo VALORE AGGIUNTO NELLE COMPRAVENDITE DI FARMACIE A CUI LEI FA RIFERIMENTO SI RIFERISCA A QUELLO DI MERCATO CHE OGNI FARMACISTA nell’alienare la sua farmacia pratica, o al valore affettivo DA AGGIUNGERE A QUESTO. In entrambi i casi il venditore e’ costretto a dichiarare l’intero importo visto che il collega acquirente ha tutto l’interesse a riportarlo nel bilancio.
Forse il collega rappresentante delle parafarmacie si riferisce al mancato guadagno delle compravendite, in genere di TUTTI gli immobili in italia, che certamente hanno un valore intrinseco complessivo NETTAMENTE superiore a quello rilevabile dal mercato delle 50-60 farmacie annule , in questi casi probabilmente le somme diverse da quelle rilevate non solo sono consistenti ma soprattutto reali e degne di un’azione finalizzata da parte dell’ufficio delle entrate.
Rilevo in oltre la marginalità per la categoria di questa argomentazione,che non aiuta certo a rasserenare i rapporti .Vedo sempre di più la deriva commerciale dove il prezzo ,lo sconto e il risparmio occupano il posto della farmaceutica e della farmacologia.A dire il vero i colleghi delle parafarmacie SPESSO ignorano L’ASPETTO PROFESSIONALE PER PARLARE DI PREZZO e come forbiti abitanti di Marte in viaggio turistico sulla terra con capziosi e inesistenti riscontri buttano fango sulla categoria e non si rendono conto che nello stesso tempo questo fango va nel ventilatore e colpisce anche loro . Quest’azione mercenaria e strumentale dai poteri forti a cui le parafarmacie si sono offerte ci mortifica e ci allontana dalle prospettive di crescita e del futuro della nostra nobile professione.
Desidero ringraziare il dott. Vinciguerra per la solidarietà che mi offre.
Devo tuttavia, con affetto, respingere l’etichetta di colorito e folkloristico. E’ folkloristico (nell’accezione comune del termine) un intervento sgrammaticato o dalla sintassi traballante, non lo è l’uso ponderato, da parte dell’autore, di un termine “forte” (la letteratura ne è piena) che serve, piaccia o meno, a connotare il pezzo.
Un abbraccio
La risposta del dr. Cetini è sicuramente forte, forse provocatoria ma tutt’ altro che irrealistica.
A chi si scandalizza lamentando e prevedendo lo sfascio del sistema farmacia faccio notare che solo la logica forzata dal sistema chiuso delle farmacie ha favorito l’ assurdo sistema di valorizzazione commerciale dell’ azienda farmacia basata su un moltiplicatore del fatturato annuo (da 1,5 a 2 volte) a fronte di una redditività reale media che non supera il 10% annuo sul fatturato.
A costoro ricordo che il T.U. Leggi sanitarie all’ art. 110 prevede invece che in caso di subentro ad una farmacia non di nuova istituzione il valore da riconoscere al titolare cedente deve essere pari a 3 volte il reddito annuo imponibile media ultimi 5 anni più arredi, provviste e dotazioni.
Ora basta fare due conti e si vedrà che ad esempio con un fatturato di 1 milione di euro, un valore di assets (magazzino, arredi e dotazioni) di 200.000 euro ed un reddito annuo medio di 100.000 euro avremo i seguenti diversi valori di cessione farmacia:
– valore sul fatturato = da 1,5 a 2 mioeuro + iva
– valore sul reddito = 0,5 mioeuro + iva
In pratica il valore di mercato costruito sulla logica di un sistema farmacia chiuso riconosce al titolare una plusvalenza fino a 3 volte il valore legale.
Questa la dice lunga su tante cose ma importante è conoscere la realtà e quindi ragionare di conseguenza e personalmente credo in futuro sarà inevitabile riportare il valore della farmacia ai dati legali.
Ultima riflessione di natura finanziaria e fiscale, io non so se nelle compravendite reali poi si fatturi tutto l’ importo convenuto ed oggi è sicuramente più difficile evadere, faccio però notare che l’ interesse ad accordarsi
per una quota in nero rimane e la convenienza è reciproca
dato che chi incassa in nero risparmia una consistente quota fiscale che può girare in parte al compratore come sconto.
Egregio Massimo, i parametri legali sono sempre inconsistenti con la realtá.
Nel caso di compravendita di aziende, dove esista un bilancio ed un fatturato consolidato, si calcola sempre un premio basato sul medio termine.
In genere un moltiplicatore sull’EBIT (utile prima degli interessi e delle imposte) che per la farmacia può essere tra il 10 ed il 15, a seconda di posizione, possibilità di ampliamento e tutta una serie di parametri economici di sostenibiltà. Questo vale per tante altre attività comunque.
A cui si aggiunge ovviamente il valore del magazzino, arredo ed eventuale immobile.
Poi se qualcuno ha voglia di pagare di più, ben venga per il venditore, ma in ogni caso, sarà interesse dell’acquirente mettere a bilancio il costo di acquisto, altrimenti l’operazione risulterebbe in perdita, no? 🙂
Se bastasse il ragionamento sull’ interesse dell’ acquirente a mettere a bilancio tutto il costo avremmo trovato l’ uovo di colombo per eliminare in Italia le transazioni in nero, ma nella realtà non è così, o sbaglio ?
Circa il valore dell’ azienda è vero che se l’ acquirente vuole pagare di più è libero di farlo ma, se non è stupidità o beneficenza, è solo calcolo ragionato sulle garanzie date da un mercato protetto.
La farmacia non ha brand od altre caratteristiche qualificanti da farsi valorizzare in più, ma solo una attività commerciale collegata a numero scontrini e bacino utenza.
Pur non essendo d’ accordo, capisco che ci sia l’ interesse a non voler cambiare le regole del gioco ma, per favore, almeno non nascondiamo la realtà.
per tutti i colleghi,dobbiamo lottare insieme contro i parafarmacisti,che poveri loro,sono da 6 anni le cavie di bersanov
Vista la sua preparazione farmacologica approssimativa, Parafarmacista, ci sarà lei
leggo uno dei commenti alla mia e rimango allibito, anzi ciò mi conferma il livello culturale e di percezione della professione che hanno tanti, non tutti, titolari di farmacia, credo i più giovani in particolare : certo Luca, uno dei primi, affermache ” Da questa guerra tra fratelli ne usciremo tutti con le ossa rotta e gli unici che esulteranno saranno i grandi gruppi e le soc. di capitale!!! Ma ancora non lo avete capito?!?!? Dott. Cetini, le persone come lei saranno i responsabili dello sfascio e del peggioramento della sanità pubblica. Liberalizzare significa aumentare la concorrenza; generare un sistema altamente concorrenziale per il mercato del farmaco è da veri incoscenti, per non usare parole più offensive!..omissis…se ho la possibilità di aprire una parafarmacia in una zona più redditizia rispetto a quella dove ora mi trovo ( perchè cosi ha deciso il comune in base alla pianta organica) , per quale motivo dovrei rimanere li? per dare un servizio a poche centinaia di residenti?”
Rispondo che a me non piace nè è mia intenzione fare la guerra, se non con le armi della proposta civile e con l’ intenzione di difendere una categoria di LAVORATORI che reclamano, come tante altre di poter LAVORARE. alla frase “le persone come lei sono responsabili dello sfascio…” replico semplicemente di guardare in casa propria, xché veramente sia come titolari o dipendenti di parafarmacia, che se lo diverremo, di Farmacia Non Convenzionata, CONTRIBUIAMO A SALVARLA LA SANITA’ PUBBLICA, dato che le nostre prestazioni non tolgono 1 € ad essa, mentre soni I VOSTRI pazienti che giustamente ingrossando gli studi mutualistici incidono sulla spesa sanitaria. Anzi a dire il vero anche i nostri esercizi potrebbero effettuare erogazioni di presidi e dispositivi per certe patologie rientrannti nell’ Integrativa Regionale, così come gli alimenti per celiaci ecc.., ma mentre i tempi di rimborso alle Farmacie variano dai 60 gg nelle regioni + virtuose ai 365 o più, alle Parafarmacie, figlie di un dio minore, i rimborsi tardano sempre di più, superando SEMPRE mi risulta, i 180 giorni. Per non citare il danno che le farmacie, per fortuna in una minoranza di casi, hanno operato e che indagini note hanno evidenziato trattarsi di TRUFFA AI DANNI DELLO STATO cioè della collettività, compresi te e me , caro Luca. E poi da che pulpito arriva l’ invito a moderare parole e toni, dopo un intervento pesantemente insultante verso il sottoscritto e tutti coloro che si sono sentiti rappresentati nella nota del Movimento Nazionale Liberi Farmacisti, relativa al servizio televisivo da cui è partito il tutto. Infine una domanda, a Luca ed agli altri colleghi che mi/ci denigrano: io ci ho messo, faccia, nome e cognome, il Dott. Italiano pure, se avete il coraggio delle vostre opinioni, mettetela anche voi !
alla att. Dir. Quelli della Farmacia;
Faccio notare che questi personaggi che da sempre si autolegittimano a stabilire le regole contro il farmacista negando poi e da sempre ogni tipo di evidenza da loro proclamata e’ uno spasso che non ce lo possiamo permettere…ossia facendo i veri ipocriti all’italiana e chiedendo aiuto a coop e multinazionali e avendo nel loro armadio piu’ conflitti di interesse clamorosi in atto tra parentele varie in politica e dentro le catene…..dovrebbero epr lo meno tapparsi la bocca in primis perche’ raccontano da sempre bugie e poi spergiuarano di non averle mai dette…in secundis perche’ accettano il monopolio di chi sostituirebbe volentieri il farmacista con i promoter alle vendite scambiando per professionale cio’ che non e’…..se questo puo’ bastare io direi di far parlare l’Europa che dice giustamente si al farmacista si alla farmacia come struttura in funzione di un servizio abilitante la professione e del consiglio….Se si dice le mura …come puo’ essere valido il servizio di altrui interessi? nelle mura du un super iper mega mercato…o sotto le leggi che essi stessi consigliano ai malcapitati?….spesso non farmacisti?…..il farmacista deve esercitare la sua funzione pubblica e se serve aiutare le deficenze del sistema …questo non lo si puo’ continuamente chiderne il compromesso con le gdo con le catene e le multinazionali come fa’ anpi ed il sig. cettini…questo e’ un lusso che la profesione non se lo puo’ permettere senza perdere la sua funzione sanitaria quanto acquistarne una nuova con fini e con scopi nettamente divergenti il servizio e la conduzione del sistema sanitario dall’inizio alla fine di una malattia e del malato come tale…..Confondere sempre ad arte le due vie permette l’ambiguita’ voluta di chi lo richiede , richiesto proprio da chi non lo tollera affatto se non con i dettami di chi non la condivide..ma vorrebbe ad uso econsumo personale..Nulla di contrario quindi a chi vuole il redditometro per se sotto l’egida deiltimiliardari…di lusso e di chi vuole il commercio fine a se stesso…dichiarando che chiunque e dovunque ed in altrui vesti si possa fornire equita’ come in farmacia riduzione di prezzi come in faramcia e riduzione del debito come in faramcia…Chiedere a chi vuole far profitto dio fare le crocerossine in minigonna e’ solo uno spot pubblicitario usato dai vari megan gay di turno..stile spot per i prodotti del bucato….Si il bucato che sarebbe bene si facessoro in casa loro prima di aprir bocca. Le bugie i dati erronei siamo stanchi di sentirli pur di eprseguire logiche perverse la profesisone…in nome di un aliberta’ che lega tutti qunti a farne le spese con le vere lobby che non si chiamano affattop fofi e federfarma ma con chi non ha scrupolo a sostuituire chi il farmacista lo fa’ epr davvero specialemnte ora che la resa e’ decisamente bassa ma che lo obbliga per legge e per natura a fornire un servizio senza spot personali e senza compiacenza con i potenti della terra come questi fanno..in malo ma proprio malo modo……Federfarma farebbe bene asvelgiarsi e a vedered con chi sta’ parlando.,..
dr. stival
Dottore,
per comunicare con la redazione la invito a scrivere a: quellichelafarmacia@wdaily.eu
Saluti
Felice Guerriero
LA GAFF DI MONTI? SODDISFAZIONE DA PARTE DI TUTI I LUETICI DI TURNO.
COMUNICATO 07-01-2013: PRIMA DI TUTTO PRESIDENTE VIENE LA SALUTE…POI VENGONO LE MULTINAZIONALI ED IL DEGRADO DEL SERVIZIO E NON VICEVERSA.( DOPO INTERVISTA MONTI A SKY 24 DEL 06-01-2013)
>
> C’E’ PAURA DI SCEGLIERE?Presidente Monti ? CI SENTE? E’ IN LINEA?……………NON SCELGA IL PEGGIO…SCELGA LA salute del cittadino che non ha nulla a che vedere con gli spot pubblicitari delle multinazionali….SCELGA IL FARMACISTA COME PROFESSIONISTA DEL SSN NON COME COADIUVANTE ALLE VENDITE O PER IL CONSIGLIO DEGLI ACQUISTI COME SPOT DEI MULTIMILIARDARI.
>
> L’ITALIA E’ FATTA DA PICCOLE E MEDIE IMPRESE E DOVE SON NATE LE MULTINAZIONALI E LE CATENE HANNO FATTO CHIUDERE TUTTE LE REALTA’ DI IMPRESA FAMIGLIARE-…………LO SA VERO? CHE E’ TUTTO VERO CIO’ CHE LE STIAMO DICENDO?.
>
> PRESIDENTE ,Le Vere Lobby Sono Le Banche ( come giustamente ha salvato ma che loro non hanno salvato noi perche’ non ci concedono se non a strozzinaggio i tassi per un mutuo alla faccia dei programmi tv che dicono 3 % vanno oggi dal 5,50 al 6 per cento senza copertura di tasso fisso non se ne parla nemmeno perche’ e’ impossibile.., Le assicurazioni, Gli Avvocati liberi di far pagare ogni tributo al cittadino anche senza aver mosso un solo dito per la sua difesa anzi….gravandolo con ogni scrittura mai eseguita ma per loro giustificabile, le Multinazionali che intendono sostituire il libero mercato concedendo a noi mortali gli oligopoli ed eliminando come gia’ avviene la piccola e media impresa ( le ricordo prof. Monti che nessuna multinazionale dove si colloca meglio dove declocalizza non paga tasse nel paese ospitale e quindi nemmeno da noi, ed e’ quindi una perdtita totale di tasse che poi dovremmo pagarle noi),le lobby politiche sulle autostrade ( vedi Prodi ha concesso a titolo gratuito ai suoi amici ma che a noi continuano a far pagare pedaggi da capogiro e ogni trimestre aumentano le tariffe, le lobby sono le aziende municipalizzate sempre in rosso da secoli eppure il cittadino le deve pagare per sostenerle, le vere lobby sono le infinite associaioni senza scopo di lucro che pero’ fanno girare un sacco di soldi, le vere lobby sono chi gestisce il bene pubblico non secondo le norme di come farebbe un padre in una famiglia, e ci specula su senza produrre nulla vedi ferrovie dello stato, aerei, poste , telecomunicazioni,etc.) LE VERE LOBBY SIG. PRESIDENTE SONO ALTROVE DOVE NON SI MUOVE NULLA MA CHE IL CITTADINO ITALIANO DEVE SEMPRE PAGARE PER MANTENERLE. FEDERFARMA E FOFI NON SONO LOBBY POICHE’ DIALOGANO SEMPRE CON LO STATO E LO STATO ASSICURA LE CURE PRIMARIE ED ASSISTENZIALI AGLI INDIGENTI ED ANZIANI COME DA COSTITUZIONE….DEVE SAPERLO CHE PRIMA E DURANTE LE DUE GURRE IN ITALIA NON C0’ERA NULLA DI NULLA..E CHE QUINDI E’ UNA CONQUISTA E NON AL SI PUO’ DELEGITTIMARE DICENDO…..COME LEI HA DETTO…MANCANO LE MULTINAZIONALI….
>
> Se lei si rifa’ alle leggi europee la prego di rileggere quanto sotto esposto dalle sentenze della corte di giustizia europea.,…che non ammette i fuori canale come servizio pubblico….ma anzi vuole un servizio pubblico piu’ capillare come sta’ avvenendo da noi tramite i concorsi 5000 nuove sedi Presidente…non sono poche.-…E NESSUNA DI ESSE SPERO VADA A BENEFICIO DELLE MULTINAZIONALI CHE NON SAPREBBERO COSA FARSENE DELL’ESERCIZIO FARMACEURICO COSI’ COME ESSO E’ NATO. Non servirebbe un’apertura sui farmaci di fascia C, perché se ne avvantaggerebbe solo la Gdo. .Così avremmo una “non professione” che non serve a nessuno.
>
> Farmacia riservata titolo farmacista
> Nelle sentenze della Corte di Giustizia UE, 19 maggio 2009, C. 44/09, viene
> riconosciuta agli Stati menbri la decisione di protezione della Sanità
> Pubblica.
> Pertanto saranno gli Stati menbri a decidere che i farmaci vengano distribuiti
> da farmacisti che godano di effettiva INDIPENDENZA PROFESSIONALE.( non nsi parla di parafarmacie di drug store,
> di despar della salute, delle coop salute, delle catene antisalute , etc)
> Il farmacista di professione deve gestire la farmacia secondo un ottica
> professionale ( che al di fuori della farmacia non puo’ piu’ fare )e ne consegue che il
> suo interesse privato passi in secondo piano
> e venga consolidato dalla sua formazione universitaria , dalle norme
> deontologiche e codice etico che incidono sulla propria responsabilità ed
> esperienza professionale. Da tutto ciò si deduce che i non farmacisti, per
> definizione, non avendo la stessa formazione, esperienza e responsabilità dei
> farmacisti, non sono in grado di dare le stesse garanzie dei farmacisti. In
> conclusione si arguisce che gli Stati menbri possono ritenere che la gestione
> di una farmacia da parte di un non farmacista sia un rischio per la Sanità
> Pubblica e particolarmente per la sicurezza e qualità della distribuzione dei
> farmaci al dettaglio
>
> Per quanto riguarda le regole di ripartizione territoriale queste devono
> garantire, in ogni caso, un servizio farmaceutico adeguato a tutta la
> popolazione.
> La popolazione minima ai fini dell’apertura di una farmacia è, di regola, di 3000
> abitanti per stabilimento ( come da noi e’ gia’ stato fatto). In funzione della
> concentrazione della
> popolazione le comunità autonome possono fissare moduli di popolazione
> superiori, con il limite di 4000 abitanti per farmacia. Solo quando tale soglia
> è superata, può essere aperta una nuova farmacia e comunque per moduli
> superiori a 2 000 abitanti.
> Fatte salve tali disposizioni , le comunità autonome possono fissare moduli
> di popolazione inferiori per le zone rurali, turistiche, di montagna o per le
> zone dove, a causa delle loro caratteristiche geografiche, demografiche o
> sanitarie, non è possibile assicurare il servizio farmaceutico applicando i
> criteri generali.
> Per ogni zona farmaceutica il numero delle farmacie è stabilito in modo che vi
> sia una
> farmacia ogni 3000 abitanti ( QUELLO CHE ABBIMAO FATTO SOTTO IL SUO GOVERNO…RICORDA?).
>
> Bisogna rilevare che la sola condizione relativa ai moduli di popolazione non
> garantisce una omogenea distribuzione della farmacie all’interno dell’area
> geografica , in quanto si può verificare una maggiore concentrazione di
> farmacie in alcune località attraenti della zona e carenza in altre. Come
> conseguenza a ciò è lecito che uno Stato membro per impedire una tale
> disomogeneità di distribuzione di farmacie adotti la condizione delle distanze
> minime tra le farmacie favorendo così un’equa ripartizione all’interno di una
> determinata area geografica.
> Pertanto si deve esaminare se il decreto 72/2001 persegua in maniera coerente
> e sistematica l’obiettivo di garantire alla popolazione un approvvigionamento
> di medicinali sicuro e di qualità allorché fissa il numero minimo di abitanti
> per farmacia, in principio, in 3000 e la distanza minima tra le
> farmacie, come regola generale, in 250 metri. Al riguardo occorre tener
> presente la legge 16/1997, visto che il decreto 72/2001 le dà esecuzione.
> Sul punto occorre constatare che si presume che le due condizioni previste da
> detto decreto, applicabili all’intero territorio in questione, garantiscano
> alla popolazione un approvvigionamento in medicinali sicuro e di qualità sulla
> base di indicazioni forfetarie che tengono necessariamente conto degli elementi
> demografici ordinari, considerati come medi. Ne consegue che l’applicazione
> uniforme delle condizioni così concepite rischia di non assicurare un accesso
> adeguato al servizio farmaceutico in zone che presentano talune particolarità
> demografiche.
> Un esempio talune zone rurali dove la popolazione è generalmente
> sparpagliata e poco numerosa. Tale particolarità può avere l’effetto che, se la
> condizione del numero minimo di 2 800 abitanti fosse applicata sempre e
> comunque, parte della popolazione interessata si troverebbe fuori della
> ragionevole portata locale di una farmacia e mancherebbe, così, di un accesso
> adeguato al servizio farmaceutico.
> Al riguardo si deve rilevare che la normativa nazionale prevede taluni
> meccanismi di adeguamento che permettono di attenuare le conseguenze dell’
> applicazione della regola di base dei 2 800 abitanti. Ai sensi, infatti, dell’
> art. 2, n. 3, secondo comma, della legge 16/1997, le comunità autonome possono
> stabilire moduli di popolazione inferiori a 2 800 abitanti per farmacia per le
> zone rurali, turistiche, di montagna o per le zone in cui, a causa delle loro
> caratteristiche geografiche, demografiche o sanitarie, l’applicazione dei
> criteri generali non consente di assicurare il servizio farmaceutico, e
> rendere così una farmacia situata in una tale zona particolare più accessibile
> al segmento della popolazione che vive nei dintorni.
> D’altro lato, una stretta applicazione dell’altra condizione posta dal decreto
> 72/2001, relativa alla distanza minima tra le farmacie, può non essere
> sufficiente ad assicurare un accesso adeguato al servizio farmaceutico in
> talune zone geografiche densamente popolate. In tali zone, infatti, la
> densità di popolazione attorno ad una farmacia può superare nettamente il
> numero di abitanti fissato
> in via forfetaria. In queste specifiche circostanze l’applicazione della
> condizione della distanza
> minima di 250 metri tra le farmacie rischierebbe di condurre ad una situazione
> in cui il perimetro
> previsto per una sola farmacia includerebbe più di 2 800 abitanti o
> addirittura più di 4 000 nell’ipotesi di cui all’art. 2, n. 3, della legge
> 16/1997. Non si può escludere, pertanto, che gli abitanti delle zone con
> queste caratteristiche possano trovare difficoltà, in conseguenza della rigida
> applicazione della regola sulla distanza minima, ad accedere ad una farmacia in
> condizioni che
> permettano di assicurare un servizio farmaceutico adeguato.
>
> Anzitutto si deve ricordare che, nel sistema attuale, il fattore che spinge i
> farmacisti ad installarsi nelle zone sprovviste di farmacie risulta essere
> quello che non possono installarsi in zone già dotate di un numero sufficiente
> di farmacie, e ciò in virtù di un criterio demografico oggettivo,
> vale a dire fino al momento in cui la popolazione di queste zone superi la
> soglia fissata. Questo sistema non lascia così, in linea di
> principio, alcun’altra scelta ai farmacisti desiderosi di esercitare un’
> attività professionale indipendente che quella di installarsi in zone prive di
> farmacie, dove l’approvvigionamento della popolazione in medicinali è
> insufficiente e dove l’installazione di farmacie è dunque autorizzata.
>
>
> Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
> 1) L’art. 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta, in linea di
> principio, a una normativa nazionale, come quella oggetto dei procedimenti
> principali, che pone limiti al rilascio delle licenze per l’apertura di nuove
> farmacie prevedendo che:
> – in ciascuna zona farmaceutica possa essere aperta, in linea di principio,
> una sola farmacia ogni 3000 abitanti;
> – un’ulteriore farmacia possa essere aperta solo quando tale soglia è superata
> e comunque per moduli superiori a
> 2000 abitanti e
> – ogni farmacia debba rispettare una distanza minima dalle farmacie già
> esistenti che, per regola generale, è di 250 metri.
> L’art. 49 TFUE osta, tuttavia, a una normativa nazionale siffatta se le regole
> di base di 3000 abitanti o di 250 metri impediscono, nelle zone geografiche
> con caratteristiche demografiche particolari, l’apertura di un numero di
> farmacie sufficiente per assicurare un servizio
> farmaceutico adeguato, cosa che spetta al giudice nazionale verificare.
> 2) L’art. 49 TFUE, in combinato disposto con l’art. 1, nn. 1 e 2, della
> direttiva del Consiglio 16 settembre 1985, 85/432/CEE, concernente il
> coordinamento delle disposizioni legislative,
> regolamentari e amministrative riguardanti talune attività nel settore
> farmaceutico, e con l’art. 45, n. 2, lett. e) e g), della direttiva del
> Parlamento europeo e del Consiglio 7 settembre 2005, 2005/36/CE, relativa al
> riconoscimento delle qualifiche professionali, deve essere interpretato nel
> senso che osta a criteri di selezione dei titolari di nuove farmacie come
> quelli enunciati ai punti 6 e 7, lett. c), dell’allegato al decreto 19 luglio
> 2001, 72/2001, sull’apertura e sull’esercizio di farmacie e dispensari nel
> Principato delle Asturie (Decreto 72/2001 regulador
> de las oficinas de farmacia y botiquines en el Principado de Asturias).
>
>
Rispondi ai tuoi simili…evitando continui atti non la pensa comevoi…al che e’ semplice non pensarla come voi…basta non essere farmacisti….e sopratutto….pensare da non farmacisti….e anche proporre di non esserlo in ogni modo possibile….-
Direi che e’ semplice essere qualunquistio come voi ..e sopratutto…..cercare in ogni maniera la formuila adatta per compiacere chichessia al con noi non attacca….con gli altri che non capiscono chi siete…dategli un’altra passata se la meritano tutta questi bontemponi….
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di
registro generale 133 del 2011, proposto da: Tiziana Minoliti,
rappresentata e difesa dagli avv. Giuseppe Spadaro, Giorgio Vizzari,
Giovanni Fabio Licata, con domicilio eletto presso lo Studio
dell’avv. Giorgio Vizzari in Reggio Calabria, via Rausei, 38;
Contro Asp – Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, in
persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;
Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato,
domiciliata per legge in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15; nei
confronti di Farmacia al Castello, non costituita; e con l’intervento
di ad opponendum: Federfarma-Federazione Nazionale Unitaria dei
Titolari di Farmacia Italiani, rappresentata e difesa dagli avv.
Massimo Luciani, Massimo Togna, Luigi Occhiuto, con domicilio eletto
presso lo Studio dell’avv. Luigi Occhiuto in Reggio Calabria, via
Possidonea n. 38; per l’annullamento del provvedimento dell’Azienda
Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria del 16.12.2010 (prot. n.
88826), con il quale non e’ stata accolta l’autorizzazione richiesta
dalla dott.ssa Tiziana Minoliti, ai fini della vendita di medicinali
con l’obbligo di prescrizione medica non soggetti a rimborso da parte
del servizio sanitario nazionale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della
Salute;
Visto l’atto di intervento spiegato dalla Federfarma-Federazione
Nazionale Unitaria dei Titolari di Farmacia Italiani;
Viste le memorie difensive;
Visto l’art. 79, co. 1, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 marzo 2012 la
dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
1) La ricorrente, abilitata all’esercizio della professione di
farmacista ed iscritta all’Ordine dei farmacisti di Prato, e’
titolare di un esercizio avviato ai sensi dell’articolo 5, commi 1 e
2, decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto
2006, n. 248, ubicato in Reggio Calabria, in via Spano’, n. 32.
In qualita’ di titolare di detto esercizio (c.d. parafarmacia),
la dottoressa Minoliti con nota del 26 ottobre 2010 ha richiesto al
Ministero della Salute ed all’Azienda sanitaria provinciale di Reggio
Calabria di essere autorizzata alla vendita (anche) dei medicinali
non soggetti a rimborso da parte del servizio sanitario, di cui
all’articolo 8, comma 10, lettera c), legge 24 dicembre 1993, n 537 e
successive modificazioni.
Con nota del 16 dicembre 2010, pervenuta alla ricorrente il 22
dicembre 2010, l’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria
rigettava la richiesta, rispondendo che, ai sensi dell’art. 5 L.
248/2006, gli esercizi commerciali di cui all’art. 4 comma 1 lettere
d), e), f) del D.lgs. 114/1998 possono effettuare attivita’ di
vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione di cui
all’art. 9-bis della L. 405/2001 e di tutti i farmaci e prodotti non
soggetti a prescrizione medica; pertanto non poteva essere accolta la
richiesta di vendita dei medicinali con l’obbligo di prescrizione
medica non soggetti a rimborso da parte del Servizio Sanitario
nazionale.
Contro tale determinazione la dott.ssa Minoliti ha proposto
ricorso, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato previa
rimessione degli atti alla Corte di Giustizia e/o alla Corte
Costituzionale.
Si e’ costituita l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Reggio
Calabria, che resiste al ricorso di cui chiede la reiezione.
Ha spiegato intervento “ad opponendum” la Federazione Nazionale
Unitaria dei Titolari di Farmacia italiani – Federfarma la quale,
oltre a contestare nel merito il predetto ricorso, ha eccepito
l’incompetenza per territorio di questo Tribunale sulla base del
rilievo che il provvedimento impugnato sarebbe destinato ad avere
effetti non limitati territorialmente alla circoscrizione del Tar
adito.
All’udienza pubblica del 7 marzo 2012, previo scambio di memorie
tra le parti e dopo ampia discussione, la causa e’ stata trattenuta
in decisione.
2) In via preliminare deve essere esaminata l’eccezione di
incompetenza per territorio sollevata da Federfarma.
L’eccezione e’ infondata.
Oggetto del presente ricorso e’ la nota con cui e’ stata negata
alla farmacista ricorrente, titolare di una parafarmacia ubicata a
Reggio Calabria, l’autorizzazione alla vendita di medicinali non
soggetti a rimborso da parte del servizio sanitario, di cui
all’articolo 8, comma 10, lettera c), legge 24 dicembre 1993, n 537
(c.d. farmaci di fascia C). Ai sensi dell’art. 13 cod. proc. amm. il
Tribunale amministrativo regionale e’ inderogabilmente competente
sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o
comportamenti i cui effetti diretti sono limitati all’ambito
territoriale della regione in cui il tribunale ha sede. La
giurisprudenza maggioritaria ritiene tale criterio prevalente
rispetto a quello della sede della pubblica amministrazione.
Peraltro, nel caso di specie, i due criteri non presentano antinomie.
Il D.lgs. 104/2010 ha innovativamente qualificato come
inderogabile (anche) la competenza territoriale. Ne consegue che
l’interpretazione delle relative disposizioni deve essere condotta in
modo stretto, per non violare il precetto costituzionale del giudice
naturale precostituito per legge.
Nel caso di specie l’effetto diretto del provvedimento impugnato,
a destinatario unico e precisamente individuato, riguarda la sola
ricorrente.
La tesi dell’interveniente, secondo la quale se fosse concessa
l’autorizzazione alla vendita di farmaci di fascia C risulterebbe
alterata la disciplina della dispensazione dei farmaci con effetti
sull’intero mercato nazionale, non e’ idonea a sostenere la
devoluzione del ricorso al Tar del Lazio. Gli effetti cui Federfarma
fa riferimento sono infatti, a tutto concedere, effetti indiretti (e
comunque eventuali, in considerazione della limitata porzione di
mercato in cui si esplica l’attivita’ della parafarmacia della
ricorrente). Il criterio su cui invece si basa la disposizione del
codice sopra richiamata tiene conto esclusivamente degli effetti
diretti del provvedimento impugnato che, nel caso in esame, sono
limitati all’ambito della circoscrizione del Tribunale adito. Ne
discende la competenza territoriale di questo Tribunale.
3) Venendo al merito della questione, la ricorrente, come esposto
al precedente punto 1), si e’ vista negare l’autorizzazione alla
vendita dei medicinali non soggetti a rimborso da parte del Servizio
Sanitario, di cui all’articolo 8, comma 10, lettera c), legge 24
dicembre 1993, n 537 (c.d. farmaci di fascia C), in quanto, ai sensi
dell’art. 5 del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, convertito con
modificazioni nella L. 4 agosto 2006 n. 248, alle c.d. parafarmacie
e’ consentita la vendita al pubblico dei farmaci da banco o di
automedicazione di cui all’art. 9 bis D.L. 18 settembre 2001, n. 347,
convertito nella L. 16 novembre 2001, n. 405, e di tutti i farmaci o
prodotti non soggetti a prescrizione medica. Da cio’ consegue,
secondo l’Azienda sanitaria, l’impossibilita’ per le parafarmacie di
vendere i medicinali non soggetti a rimborso da parte del Servizio
Sanitario Nazionale con l’obbligo di prescrizione medica di cui
all’art. 8 comma 10 lett. c) della L. 537/1993.
La ricorrente, con il primo motivo di ricorso, deduce
l’illegittimita’ del provvedimento impugnato in quanto la norma di
cui al citato art. 5 L. 248/2006 non conterrebbe un espresso divieto
alla vendita di medicinali soggetti a prescrizione medica ma non
oggetto di rimborso da parte del Servizio Sanitario Nazionale. La
norma, inserita nel corpus legislativo rubricato “Misure urgenti per
lo sviluppo, la crescita e la promozione della concorrenza e della
competitivita’, per la tutela dei consumatori e per la
liberalizzazione di settori produttivi” avrebbe dovuto essere
interpretata ed applicata, sempre a dire della ricorrente, secondo un
canone ermeneutico estensivo che tenesse conto delle intenzioni del
legislatore il quale, con la disposizione in questione, minus dixit
quam voluit.
In via gradata la ricorrente propone un’interpretazione della
norma coerente con i principi comunitari di concorrenza e di liberta’
di stabilimento: facendo riferimento a diverse pronunce della Corte
di Giustizia assunte in relazione ai limiti numerici e di distanza
all’apertura di farmacie e al sistema della pianta organica (CGE 19
maggio 2009 in C-531/06; 1° giugno 2010 in C-570/07 e C-571/07; 17
dicembre 2010 in C-217/09), arriva a concludere che in tanto puo’
essere giustificato il mantenimento di un regime di esclusiva a
favore dei soli titolari di farmacia per la commercializzazione di
determinate specialita’ medicinali, in quanto la dispensazione di
tali specialita’ possa essere fatta rientrare nell’ambito del
concetto di servizio universale, cui, invece, non sarebbe
riconducibile la vendita di farmaci non ammessi a rimborso dal
Servizio Sanitario Nazionale. Infine la ricorrente deduce la
violazione della Costituzione in relazione a diverse norme (artt. 3,
41 e 117 Cost.) e chiede venga accertata l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 5 L. 248/2006 nella parte in cui non prevede
per le parafarmacie la possibilita’ di vendere anche i farmaci con
l’obbligo di prescrizione medica ma non soggetti a rimborso da parte
del Servizio Sanitario Nazionale.
4) Il Collegio ritiene che vi siano i presupposti per la
rimessione della questione alla Corte Costituzionale.
Non puo’ infatti essere accolto il primo motivo di ricorso, che
prospetta un’interpretazione estensiva della disposizione di cui
all’art. 5 L. 254/2006. La norma, assolutamente chiara nella sua
portata letterale, non si presta a tale tipo di interpretazione e di
conseguente applicazione. E cio’ anche in relazione alla normativa
recentemente intervenuta, ovvero l’art. 32 d.l. 6-12-2011 n. 201
(convertito, con modificazioni, nella L. 22 dicembre 2011 n. 214), su
cui si tornera’ infra, che conferma il medesimo impianto: le
parafarmacie, allo stato della legislazione attuale, non sono
abilitate alla vendita di farmaci c.d. di fascia C, la cui nozione
verra’ meglio chiarita in seguito.
Il Collegio ritiene poi di non aderire alla richiesta di parte
ricorrente di rimessione della questione alla Corte di Giustizia,
avanzata unitamente alla questione di legittimita’ costituzionale
della disposizione, ritenendo tale ultima via maggiormente
satisfattiva delle ragioni dell’interessata, alla luce del disposto
di cui all’art. 168 TFUE che demanda alla responsabilita’ degli Stati
membri la definizione della politica sanitaria e l’organizzazione dei
servizi sanitari e di assistenza medica, incluse la relativa gestione
e l’assegnazione delle risorse loro destinate. In ogni caso deve
darsi atto che la questione gia’ pende davanti alla Corte europea, in
seguito all’ordinanza adottata dal Tar Lombardia su identica
questione (cfr. Tar Lombardia, Milano sez. III 22 marzo 2012, n.
896).
4.1) Sulla rilevanza della questione di costituzionalita’.
Nel nostro sistema la vendita dei farmaci di qualunque tipo e’
stata, fino alla L. 248/2006, riservata alle farmacie, sottoposte ad
un regime di contingentamento che risale alla L. 22 maggio 1913 n.
468. Tale normativa ha scelto una pianificazione degli esercizi
farmaceutici attraverso il sistema della pianta organica, che
individua il numero delle farmacie ritenuto idoneo a rispondere alla
domanda degli assistiti e attribuisce a ciascuna farmacia una sede
geograficamente delimitata, in modo da garantire la copertura del
fabbisogno sull’intero territorio nazionale.
Le successive leggi in materia (legge 2 aprile 1968 n. 475 e
legge 8 novembre 1991 n. 362) hanno sostanzialmente confermato
l’originario impianto pianificatorio.
L’art. 14 L. 23 dicembre 1978 n. 833 ha disposto che l’assistenza
farmaceutica e’ erogata attraverso le farmacie (oggi dalle Aziende
sanitarie tramite le farmacie) di cui sono titolari enti pubblici e
le farmacie di cui sono titolari i privati, tutte convenzionate con
il servizio sanitario nazionale.
L’articolo 8, comma 10, della legge n. 537/1993 ha proceduto alla
riclassificazione delle specialita’ medicinali e dei preparati
galenici, distinguendoli nelle seguenti classi:
a) farmaci essenziali e farmaci per malattie croniche;
b) farmaci, diversi da quelli di cui alla lettera a), di
rilevante interesse terapeutico (tale categoria e’ stata soppressa, a
decorrere dal 1° luglio 2001, dall’art. 85 comma 1 L. 23 dicembre
2000, n. 388);
c) altri farmaci privi delle caratteristiche indicate alle
lettere a) e b) ad eccezione dei farmaci non soggetti a ricetta con
accesso alla pubblicita’ al pubblico;
c-bis) farmaci non soggetti a ricetta medica con accesso alla
pubblicita’ al pubblico (OTC).
Il comma 14 del medesimo articolo specifica che i farmaci
collocati nella classe di cui al comma 10, lettera a), sono a totale
carico del Servizio sanitario nazionale; mentre, i farmaci collocati
nella classe di cui al comma 10, lettere c) e c-bis), sono a totale
carico dell’assistito. Il d.l. 4 luglio 2006 n. 223 (decreto
Bersani), convertito con modificazioni nella L. 4 agosto 2006 n. 248,
all’art. 5, ha previsto che gli esercizi commerciali di cui
all’articolo 4, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 114 (c.d. parafarmacie) possono effettuare
attivita’ di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di
automedicazione, di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 18
settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16
novembre 2001, n. 405, e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a
prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della Salute e
alla regione in cui ha sede l’esercizio e secondo le modalita’
previste dal suddetto articolo 5.
Si ricorda che i farmaci, oltre alla classe di appartenenza in
ragione del rimborso da parte del servizio sanitario nazionale, si
distinguono anche a seconda se siano soggetti o meno a ricetta
medica. Sotto tale profilo, da ultimo, l’art. 87 del D.lgs. 24 aprile
2006, n. 219 classifica i medicali in una delle seguenti
macro-categorie:
– medicinali soggetti a prescrizione medica (lettera a);
– medicinali soggetti a prescrizione medica da rinnovare
volta per volta (lettera b);
– medicinali a prescrizione medica speciale (lettera c);
– medicinali a prescrizione medica limitativa (lettera d);
– medicinali non soggetti a prescrizione medica (lettera e),
comprendenti i medicinali da banco o di automedicazione e i restanti
medicinali non soggetti, appunto, a prescrizione medica.
A tale ultima macro-categoria di farmaci fa riferimento l’art.
9-bis D.L. 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni,
dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, cui rinvia la disposizione di
cui al comma 1 art. 5 D.L. 223/2006.
Il successivo comma 2 dell’art. 5 D.L. 223/2006 prevede poi che
nelle c.d. parafarmacie la vendita dei farmaci di cui al precedente
comma 1 e’ consentita durante l’orario di apertura dell’esercizio
commerciale e deve essere effettuata nell’ambito di un apposito
reparto, alla presenza e con l’assistenza personale e diretta al
cliente di uno o piu’ farmacisti abilitati all’esercizio della
professione ed iscritti al relativo ordine.
Il recente art. 32 d.l. 6 dicembre 2011 n. 201 (convertito, con
modificazioni, nella 1. 22 dicembre 2011 n. 214) ha previsto che nei
citati esercizi commerciali possono essere venduti senza ricetta
medica anche i medicinali di cui all’articolo 8, comma 10, lettera
c), della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (ad eccezione dei medicinali
di cui all’articolo 45 del d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, e di cui
all’articolo 89 d.lgs. 24 aprile 2006 n. 219, nonche’ dei farmaci del
sistema endocrino e di quelli somministrabili per via parenterale).
Tuttavia, il comma 1 bis, rimette al Ministero della Salute il
compito di individuare, entro centoventi giorni dalla data di entrata
in vigore della legge di conversione del decreto, un elenco,
periodicamente aggiornabile, dei medesimi farmaci di fascia C, per i
quali permane l’obbligo di ricetta medica e dei quali non e’
consentita la vendita negli appositi locali degli esercizi
commerciali (parafarmacie).
La norma sopravvenuta, dunque, non ha rimosso l’ostacolo
normativo lamentato dalla ricorrente.
Tale ultimo dato normativo rafforza il convincimento del Collegio
circa la rilevanza della questione di costituzionalita’.
Come dedotto dalla ricorrente nella memoria depositata in data 14
febbraio 2012, al fine di sostenere il permanere del proprio
interesse ad agire nonostante la sopravvenuta normativa, l’art. 32
D.L. 201/2011 si limita a prevedere che un successivo decreto
ministeriale individui, tra i farmaci attualmente classificati in
fascia C, quelli per i quali permane l’obbligo della ricetta medica e
dei quali non e’ consentita la vendita nelle parafarmacie. E’
evidente che, pur prevedendosi un ampliamento dei farmaci che
potranno essere venduti in tali esercizi commerciali, comunque
continuera’ ad essere inibita alle c.d. parafarmacie la vendita di
quei farmaci di fascia C per i quali permarra’ l’obbligo della
prescrizione medica.
Il principio e la disciplina di cui all’art. 5 L. 248/2006
rimangono dunque immutati. Anzi, l’art. 32 D.L. 201/2011 conferma la
portata della disposizione, laddove esclude che le c.d. parafarmacie
possano vendere i farmaci soggetti a prescrizione medica.
Come sopra detto, l’art. 5 L. 248/2006 e’ stato applicato
dall’Azienda sanitaria per negare alla ricorrente l’autorizzazione
richiesta. Il riferimento a tale disposizione – la cui portata, come
appena argomentato, non e’ mutata a seguito della normativa
sopravvenuta – rappresenta l’unico presupposto normativo su cui si
fonda il provvedimento impugnato.
Se il Collegio non dubitasse della compatibilita’ costituzionale
della disposizione in esame, la pretesa della ricorrente sarebbe
infondata, in quanto l’Azienda sanitaria si e’ limitata a fare
applicazione della norma in vigore che, come sopra precisato, non si
presta ad un’interpretazione estensiva.
Pertanto si rende necessario sollevare la questione di
legittimita’ costituzionale il cui accoglimento soltanto
consentirebbe al Collegio di annullare il provvedimento impugnato.
4.2) Sulla non manifesta infondatezza della questione.
Il Collegio ritiene di sottoporre al vaglio della Corte
costituzionale il comma 1 dell’art. 5 D.L. 223/2006, convertito nella
L. 248/2006, per violazione degli artt. 3 e 41 Cost., nella parte in
cui non consente alle c.d. parafarmacie la vendita di medicinali di
fascia C, soggetti a prescrizione medica, il cui costo e’ totalmente
sopportato dal privato. L’analisi, ad avviso di questo Tribunale,
deve essere condotta muovendo dai due elementi che caratterizzarono i
farmaci della cui vendita si discute: il loro costo a totale carico
del cittadino-acquirente, e la necessita’ della prescrizione medica
per il relativo acquisto.
Si tratta di verificare se l’esclusione delle c.d. parafarmacie
dalla vendita di tale categoria di farmaci sia giustificata alla luce
dei precetti di cui agli artt. 3 e 41 Cost.
Come sopra ricordato nella sintetica ricostruzione del panorama
normativo di riferimento, fino all’entrata in vigore della
disposizione del c.d. decreto Bersani la vendita dei farmaci (rectius
di tutti i farmaci) e’ stata riservata alle farmacie.
L’attivita’ di farmacista costituisce un’attivita’ di impresa
rispetto alla quale, tuttavia, la complessa regolamentazione
pubblicistica e’ preordinata ad assicurare e controllare l’accesso
dei cittadini ai prodotti medicinali ed in tal senso a garantire la
tutela del diritto alla salute (cfr. Corte cost. 10 marzo 2006, n.
87).
Sotto altro profilo l’esclusiva nella vendita dei farmaci
attribuita alle farmacie (almeno fino, appunto al decreto Bersani) si
giustifica in relazione alla prestazione dell’assistenza
farmaceutica, che fa capo al servizio sanitario nazionale. Essa
consiste nel dispensare all’assistito, su presentazione della ricetta
medica, specialita’ medicinali nei limiti fissati dai livelli
essenziali di assistenza e dunque con onere (totale o parziale) a
carico del servizio sanitario.
La prestazione dell’assistenza farmaceutica, nel senso appena
precisato, in virtu’ dell’art. 14 L. 833/1978 e’ erogata dalle
aziende sanitarie per il tramite delle farmacie, su cui le aziende
stesse esercitano la vigilanza. La previsione dell’esclusivita’ a
favore delle farmacie nella vendita dei farmaci che sono a carico,
totale o parziale (in tale ultimo caso con la compartecipazione del
cittadino), del servizio sanitario nazionale si giustifica quindi in
relazione al controllo della spesa pubblica destinata appunto
all’assistenza farmaceutica.
Ora, l’art. 5 del D.L. 223/2006 ha aperto il mercato della
vendita di farmaci anche a strutture (le c.d. parafarmacie) non
rientranti nella disciplina autorizzatoria delle farmacie,
trattandosi di locali appositamente adibiti presso esercizi
commerciali, alla presenza e con l’assistenza personale e diretta al
cliente di uno o piu’ farmacisti abilitati all’esercizio della
professione ed iscritti al relativo ordine.
Tuttavia la vendita e’ stata limitata ai farmaci da banco o di
automedicazione e a tutti i farmaci o prodotti non soggetti a
prescrizione medica. Risultano pertanto esclusi dalla possibilita’ di
vendita da parte delle c.d. parafarmacie, oltre ai farmaci il cui
costo e’ a carico del servizio sanitario nazionale, tutti quei
farmaci per i quali sia necessaria la prescrizione medica ma il cui
costo e’ a totale carico del cliente.
Tale limitazione all’esercizio dell’attivita’ imprenditoriale
delle c.d. parafarmacie non appare giustificata in relazione ai
parametri di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 41 Cost., in particolare in
relazione al fine sociale.
La disposizione della nostra Carta fondamentale, da ultimo
citata, dopo aver affermato al comma 1 il principio della liberta’ di
iniziativa economica privata, stabilisce, al comma 2, che la stessa
non puo’ svolgersi in contrasto con l’utilita’ sociale o in modo da
arrecare danno alla liberta’, sicurezza e dignita’ umana; il comma 3
demanda alla legge la determinazione dei programmi e dei controlli
opportuni perche’ l’attivita’ economica pubblica e privata possa
essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
La giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. da ultimo
Corte cost. 22 luglio 2010 n. 270), nell’interpretare le clausole
generali di “utilita’ sociale” e “fini sociali” (di cui
rispettivamente al comma 2 e al comma 3 dell’art. 41 Cost.), ha
precisato che le esigenze di utilita’ sociale devono essere
bilanciate con la concorrenza, la loro individuazione non deve
apparire arbitraria, devono essere ragionevoli e non realizzare
un’ingiustificata disparita’ di trattamento. La Corte mette quindi in
luce la chiara correlazione tra gli artt. 3 e 41 Cost.
Le limitazioni alla liberta’ di iniziativa economica privata
giustificate dall’utilita’ sociale consentono una regolazione
finalizzata a garantire la tutela anche di interessi diversi rispetto
a quelli correlati all’assetto concorrenziale, ma, in quanto
derogatorie del principio generale stabilito al comma 1 dell’art. 41
Cost., e’ necessario che tali limitazioni rappresentino la sola
misura in grado di garantire la tutela di quegli interessi “diversi”
(cfr. Corte cost. citata). E cio’ e’ tanto piu’ necessario se si
considera che corollario ed espressione della liberta’ di iniziativa
economica e’ la concorrenza e che, sotto tale profilo, il nostro
ordinamento deve esplicarsi in modo coerente con quello europeo, che,
a sua volta, coniuga i principi del mercato e della concorrenza con
l’obiettivo dello sviluppo economico-sociale, basato tanto su
un’economia sociale di mercato fortemente competitiva quanto su una
crescita economica equilibrata (cfr. art. 3 TUE).
In sintesi l’iniziativa economica privata e l’intervento pubblico
nell’economia come delineato nella Costituzione – letta anche alla
luce dei principi dell’Unione europea – possono coesistere, ma e’
necessario che siano resi complementari e armonizzati per il
raggiungimento di fini sociali e di benessere collettivo.
Ne consegue che l’esercizio della liberta’ economica privata puo’
essere limitato, ma solo per ragioni di utilita’ sociale, sicche’ il
rispetto della norma costituzionale postula che l’imposizione di
limiti deve rispondere ai criteri di ragionevolezza e
proporzionalita’.
In particolare, i limiti posti alla liberta’ di iniziativa
economica privata, per essere legittimi, devono essere diretti a
tutelare, con carattere di adeguatezza e proporzionalita’, altri
valori di rilevanza costituzionale. La Corte costituzionale ha avuto
modo di affermare che la complessa regolamentazione pubblicistica
dell’attivita’ economica di rivendita dei farmaci mira ad assicurare
e controllare l’accesso dei cittadini ai prodotti medicinali ed in
tal senso a garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute
(cfr. Corte cost. 14 dicembre 2007, n. 430).
Tuttavia nel caso di specie la compressione dell’esercizio
dell’attivita’ economica delle c.d. parafarmacie ed un regime
differente rispetto a quello delle farmacie c.d. tradizionali non si
giustificano sotto il profilo della tutela della salute.
Se infatti, da un lato, e’ innegabile il carattere particolare
dei medicinali, che si distinguono dalle altre merci per gli effetti
terapeutici cui sono preordinati, altrettanto innegabile e’ che la
disciplina positiva in materia di parafarmacie risulta idonea a
garantire il contemperamento tra la vendita di farmaci, quale
espressione di esercizio di un’attivita’ economica, e la tutela della
salute.
Va evidenziato a tal proposito che nel sistema vigente i farmaci
di cui all’art. 87, comma 1 lett. a) e b) del d.lgs. n. 219/2006
possono essere venduti nelle farmacie tradizionali solo a fronte
della presentazione di una ricetta medica. Sussiste dunque un
controllo a monte in ordine all’idoneita’ del farmaco allo scopo
terapeutico di cui si fa carico il medico. Il farmacista
“tradizionale” si limita a consegnare il farmaco al paziente-cliente
che presenta la ricetta medica, previa verifica della corrispondenza
tra il farmaco prescritto e il farmaco consegnato.
Come piu’ volte evidenziato, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del
D.L. 223/2006 nelle c.d. parafarmacie la vendita dei medicinali
ammessi alla libera distribuzione deve essere effettuata
necessariamente da parte di farmacisti abilitati all’esercizio della
professione ed iscritti al relativo Ordine. Orbene, anche in questo
caso si tratta di soggetti che, a parita’ di titolo di studio e di
requisiti professionali rispetto ai farmacisti “tradizionali”, sono
chiamati a vendere dei beni che hanno attinenza con la salute umana,
e quindi sono titolati ad effettuare valutazioni analoghe rispetto a
quelle demandate ai farmacisti “tradizionali”, addirittura con un
maggior grado di autonomia e conseguente responsabilita’, dal momento
che manca il “controllo a monte”, demandato al medico che rilascia la
ricetta.
Indubbiamente i farmaci somministrabili senza ricetta medica
comportano dei rischi per la salute umana inferiori rispetto a quelli
dei farmaci per i quali e’ prescritta la ricetta. Cio’ non toglie che
si tratta pur sempre di farmaci, il cui abuso od uso improprio
potrebbe produrre dei seri danni alla salute dell’utente.
Ma se il legislatore ha ritenuto che i farmacisti delle c.d.
parafarmacie possono, in piena autonomia, vendere i farmaci che non
necessitano di ricetta medica, ritenendo che tali soggetti siano
muniti di conoscenze scientifiche e di professionalita’ adeguate ad
esercitare tale incombenza, non si vedono le ragioni per cui gli
stessi soggetti non possano vendere i farmaci di c.d. fascia C, la
cui utilizzabilita’ da parte di uno specifico cliente dipende non da
un’esclusiva valutazione del farmacista (come per i farmaci da banco
e per i farmaci per i quali non e’ richiesta la ricetta medica), ma
da un controllo “a monte”, affidato al medico che ha effettuato la
prescrizione.
In sostanza, con l’imposizione della ricetta, il sistema affida
il controllo del rischio derivante dall’utilizzo di particolari
farmaci al medico, mentre e’ del tutto indifferente che la vendita
sia effettuata presso una farmacia “tradizionale” ovvero una c.d.
parafarmacia, perche’ il concreto dispensatore del prodotto, sia
nell’uno come nell’altro caso, e’ sempre un farmacista abilitato
all’esercizio della professione e regolarmente iscritto all’Albo.
Ed allora la discriminazione in danno delle c.d. parafarmacie,
escluse dalla vendita dei farmaci di fascia C, risulta del tutto
irrazionale ed ingiustificabile.
Ancora, in base alla normativa vigente in materia, la
parafarmacia (analogamente alla farmacia): garantisce la
tracciabilita’ del farmaco venduto grazie al codice unico
attribuitogli dal Ministero della Salute; si avvale dei medesimi
canali di rifornimento delle farmacie con tutte le garanzie di
qualita’ e sicurezza che cio’ comporta; utilizza per la gestione
della propria attivita’ gli stessi sistemi informatici delle farmacie
ed e’ quindi costantemente aggiornata su tutte le problematiche
inerenti i farmaci.
Tali elementi complessivamente considerati inducono il Collegio a
ritenere irragionevole, illogica ed ingiustificata l’esclusione dalla
vendita da parte delle c.d. parafarmacie dei farmaci di fascia C
distribuibili solo dietro presentazione di prescrizione medica.
La compressione dell’esercizio dell’attivita’ economica non si
giustifica neppure sotto il profilo del controllo della spesa
pubblica. I farmaci di cui si discute (c.d. fascia C) sono infatti a
totale carico del cliente, non gravando dunque sulle finanze
pubbliche. Si e’ al di fuori del concetto di assistenza farmaceutica,
pertanto non si ravvisano elementi che possano giustificare
un’esclusiva riservata alle farmacie nella vendita di tali
medicinali.
Di contro l’inserimento nel mercato di ulteriori operatori
economici consentirebbe, per tali tipi di farmaci, una dinamica dei
prezzi che andrebbe a beneficio dei consumatori, gli unici, si
ripete, chiamati a sostenerne il costo.
Orbene, la compressione dell’iniziativa economica privata di cui
sono titolari gli esercizi commerciali noti come parafarmacie non si
giustifica sotto un profilo di utilita’ sociale rispetto alla tutela
di interessi diversi di pari rango costituzionale.
Per completezza va evidenziato che l’irrazionalita’ del vigente
sistema e’ stata avvertita dallo stesso legislatore che, nella
versione originaria dell’art. 32 comma 1 del D.L. 6 dicembre 2011 n.
201 aveva previsto che “In materia di vendita dei farmaci, negli
esercizi commerciali di cui all’articolo 5, comma 1, del
decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni,
dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che ricadono nel territorio di
Comuni aventi popolazione superiore a quindicimila abitanti e,
comunque, al di fuori delle aree rurali come individuate dai Piani
Sanitari Regionali, in possesso dei requisiti strutturali,
tecnologici ed organizzativi fissati con decreto del Ministro della
salute, previa intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le Regione e le Province autonome di Trento e di Bolzano,
adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, possono essere venduti anche i medicinali di cui
all’articolo 8, comma 10, lettera c) della legge 24 dicembre 1993, n.
537, e successive modificazioni, ad eccezione dei medicinali di cui
all’articolo 45 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre
1990, n. 309, e successive modificazioni e di cui all’articolo 89 del
decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219. Con il medesimo decreto,
sentita l’Agenzia Italiana del Farmaco, sono definiti gli ambiti di
attivita’ sui quali sono assicurate le funzioni di farmacovigilanza
da parte del Servizio sanitario nazionale”.
Dunque, seppure soltanto per gli esercizi commerciali ricadenti
nel territorio di Comuni con popolazione superiore a quindicimila
abitanti, il legislatore aveva espressamente previsto la possibilita’
per le c.d. parafarmacie di vendere anche i c.d. farmaci di fascia C.
Tuttavia, con la legge di conversione 22 dicembre 2011 n. 214 il
legislatore ha radicalmente mutato la disposizione sopra richiamata.
Infatti, per i Comuni superiori a 12.500 abitanti e comunque al di
fuori delle aree rurali (da determinare con una particolare
procedura), al comma 1 dell’art. 32 ha ammesso la libera vendita dei
farmaci di fascia C) nelle c.d. parafarmacie, sia pure con talune
esclusioni (riguardanti i medicinali di cui all’articolo 45 del testo
unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre
1990, n. 309, e successive modificazioni, e di cui all’articolo 89
del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, nonche’ dei farmaci
del sistema endocrino e di quelli somministrabili per via
parenterale), salvo poi, al comma 1 bis, demandare ad un apposito
decreto – da adottarsi dal Ministero della salute, sentita l’Agenzia
italiana del farmaco, entro centoventi giorni dalla data di entrata
in vigore della legge di conversione – l’individuazione di un elenco,
periodicamente aggiornabile, dei farmaci di cui all’articolo 8, comma
10, lettera c), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive
modificazioni, per i quali permane l’obbligo di ricetta medica e dei
quali non e’ consentita la vendita nelle c.d. parafarmacie.
In tal modo, con la previsione di un elenco apposito, e’ stato di
fatto svuotato il principio della libera vendita dei farmaci di
fascia C), che pure si era tentato di introdurre.
In conclusione, in base alle considerazioni che precedono il
sospetto di incostituzionalita’ della limitazione prevista dall’art.
5 comma 1 D.L. Bersani, di fatto confermata dall’art. 32 del D.L.
201/2011, appare non manifestamente infondato e rilevante ai fini
della decisione.
Circa la rilevanza della questione prospettata, va ribadito
infatti che la sorte del ricorso e’ indissolubilmente legata
all’esito del giudizio di costituzionalita’ della norma citata, dal
momento che la domanda della ricorrente puo’ essere accolta solo in
quanto risulti fondata la prospettata questione di legittimita’
costituzionale.
Con l’occasione, si rappresenta l’opportunita’ che, ai sensi
dell’art. 27 della L. 11 marzo 1953, n. 87, ove sia accolta la
sollevata questione di costituzionalita’, la Corre dichiari altresi’
l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 32, comma 1 bis, del D.L. 6
dicembre 2011 n. 201 (convertito, con modificazioni, nella L. 22
dicembre 2011 n. 214).
5) Tanto premesso, ai sensi dell’art. 23, secondo comma, della
legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenendola rilevante e non
manifestamente infondata, questo Tribunale solleva questione di
legittimita’ costituzionale dell’art.5 comma 1 del decreto legge 4
luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni nella L. 4 agosto
2006 n. 248, per contrasto con gli artt. 3 e 41 della Costituzione,
secondo i profili e per le ragioni sopra indicate, con sospensione
del giudizio fino alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana della decisione della Corte costituzionale sulle
questioni indicate, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 79
ed 80 del cod. proc. amm. ed art. 295 c.p.c.
Riserva al definitivo ogni ulteriore decisione, nel merito e
sulle spese.
P.Q.M.
Visto l’art. 23 della l. 11.3.1953, n. 87, ritenuta la rilevanza
e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 5 comma 1 del decreto legge 4 luglio 2006 n.
223, convertito con modificazioni nella L. 4 agosto 2006 n. 248, in
relazione agli artt. 3, e 41 della Costituzione, nella parte in cui
non consente agli esercizi commerciali ivi previsti (c.d.
parafarmacie) la vendita di medicinali di fascia C soggetti a
prescrizione medica, dispone la sospensione del giudizio e
trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Rinvia ogni definitiva statuizione nel merito e sulle spese di
lite all’esito del promosso giudizio incidentale, ai sensi dell’art.
79 ed 80 del cpa.
Ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia
notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei
Ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e
della Camera dei Deputati.
Cosi’ deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del
giorno 7 marzo 2012 e del giorno 18 aprile 2012.
Il Presidente: Leotta
L’ estensore: Mameli
Scusate ma andate a leggere la maggior parte dei commenti di farmacisti di parafarmacia su questo sito…
Poi ditemi se vi sembrano elementi pronti a dispensare farmaci con la giusta deontologia. Per me, che condanno anche alcuni colleghi titolari di farmacia, quelli che ai miei occhi hanno dimostrato di ragionare in modo poco etico, assolutamente no.
PAURA DELLA CONCORRENZA IMPIANTATA SULLA PROFESSIONALITà?
Che bello sentire….il liberismo….alle spalle del farmacita e della sua profesisone ion nome di una liberta’ non solo truccata…ma contro producente …..in nome di chi si sta’ facendo questo..? e con ogni aberrazione contro i colleghi?….in nome di capitalisti senza scrupolo….Ma forse non ,o sapete che questa non e’ la via per il futuro del faramcista.,..volete anche qui dopo mille sbagli vostri….volete anche provare l’ebrezza…pur di dire ..ho sfasciato tutto…Ora mi prendete nella vostra associazione…..Per definizione anarchica io non condivido il qualunquismo come voi….preferisco l’evoluzione e nopn la scomparsa del faramcista oppure la vostra proposta continata proposta del faramcista sul pardon dentro il carrello… con la solita frase :” signoreeeeeeeeeeeeee e voi ECCOMI “…….VUOLE ANCHE I PELATI….COME IN GRECIA…….I pelati cirio…una conquista sociale una maniera diversa di sentirsi pelati farm,acisti…..MAMMA MIA ,……..CHE Visione……e voi sareste il futuro…MA VOOI SIETE IL TRAPASSATO REMOTO……..e il fururo nel m,erctaino del mercoledi….: SIGNORE SIGNORE…COMPERA?..SON FRESCHE DI GIORNATA QUESTE ASPIRINE….POVERA GENTE CHE PER FARSI STRADA NELLA VITA COMABTTE A NOME DI ALTRI…….. E LA COSA PIU’ ASSURDA NON SA NEMMNEO COSA STA’ CHIEDENDO VISTO CHE SONO PAROLE DI ALTRI…..i sottomessi….dicono e voi basta che dicano si…SE NO SON GUAI SERI…NON E’ VERO? ….LA DITTATURA SUL PROLETARIATO…ORA LA FANNO LE SIGLETTE ADIBITE ALLE CATENE E ALLE GDO…CHE BELLO SIAMO TORNati ALLA CORTINA di guerra solo che ora ci siamo dentro pure noi tutti.,…..LASCIATE PERDERE STA GENTE CHE NON E’ NEMMNEO FARAMCISTA..MA COMPROMESSA CON TUTT’LATRO…E QUESTO SPERO VIVAMENTE LO SAPETE…PARDON LO SAPEVATE GIA’ DA TEMPO….VERO?
LA GRAMMATICA…QUELLA BRUTTA BESTIA…
Lo so dimmi come fare…per modificare….poiche’ ..preso dall’entusiasmo di sentire tanta e cosi’ tante belle espressioni….che…mi scappa…e quando scappa scappa…..Puoi dirmi dov’e’ il pulsantino che mi permette di modificare…gli errrorini ortografici?..Grasie
ma che scappa e scappa…ma fatela finita che guadagnate stipendi da capogiro e rompete per 2 farmaci che usciranno!!!
Mamma mia…. pare che tu sia caduto oggi sulla terra e non sai nulla delle cose che sono gia’ successe….le balle di anpi sui finti sconti, sul commercio alòl’ingrosso. sulle 8000 parafarmacie quando ce ne sono appena 2000, del giro di affari delle parafarmacie dai 500.000 al milione di euro, etc. dai tre delistin, dalle campagne fatte assieme a coop e despar multinazionali oggi del benessere……dall’entrata delle multinazionali richiesta dalle sigle che ragionano come te…e le fanno passare per il bene del farmacista…tu dove eri quando tutte queste cose son successe..?..I MILLE VOLTAFACCIA DELLE SIGLE ANNESSE AL COMMERCIO….MILLE VOLTE A SECONDA DEL TEMPO…..?…DOVE ERI…..? SU MARTE?
http://quellichelafarmacia.com/10314/lettere-la-mia-doverosa-risposta-di-stefano-italiano/