ANPI – Liberalizzazione farmaci, Non è solo questione economica

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anpiHo letto con piacere l’intervento del Presidente Mandelli, cui rinnovo i sentimenti di amicizia che prescindono dal confronto acceso, su tematiche che evidentemente ci vedono su versanti contrapposti. Il Presidente FOFI afferma che non essendo io un farmacista non sarei titolato ad esprimere una posizione complessiva sul tema della distribuzione del farmaco essendo la stessa riconducibile non solo ad aspetti di natura economica, ma anche, soprattutto, di carattere sanitario, che solo il farmacista nell’esercizio e nella personale responsabilità professionale può assicurare ai cittadini, che di quel servizio usufruiscono. Temi importanti, per certi versi complessi, sui quali si dibatte da tempo e che inevitabilmente assumono il carattere di questione politica, essendo gli stessi intrisi di aspetti pubblici e di regolazione di un servizio tra i più importanti per la popolazione, che non possono essere piegati nell’ambito di un banale confronto di carattere economico. Sul piano strettamente personale, il Presidente Mandelli sa bene che pur non essendo un farmacista respiro, condivido, quotidianamente le frustrazioni professionali della categoria, avendo tra l’altro, il resto della famiglia composta di sole farmaciste. No, la posizione che ANPI esprime da sempre è quella di una rivendicazione sul piano professionale complessiva, non solo economica, quanto meno non è l’aspetto prevalente, essendo la quasi totalità degli iscritti all’Associazione farmacisti-titolari di parafarmacia. Mi permetterà l’amico Mandelli di cimentarmi su alcune delle questioni che a suo parere sovrastano gli aspetti di carattere economico, pur importanti, prova ne sia l’ossessiva questione della remunerazione che da mesi vede impegnati i titolari di farmacia, che forse le questioni economiche sono importanti solo se riguardano la farmacia?

Uno dei refrend più in uso da parte dei detrattori delle parafarmacie, inaugurato dall’allora Ministra Turco, è quello che solo la farmacia può assicurare una corretta e sicura dispensazione del farmaco ovvero solo la farmacia è in grado di coniugare capillarità, esperienza professionali e tecnologia, nel rispetto delle procedure di controllo definite dal Ministero della Salute. Caratteristiche che da sempre caratterizzano la farmacia, sia pure con qualche disavventura (vedi i numerosi scandali che negli ultimi tempi la stanno investendo), e che sono divenute patrimonio anche delle parafarmacie, grazie ai provvedimenti legislativi del 2012 e ai recenti Decreti del Ministro della Salute in materia di detenzione, farmacovigilanza e dispensazione dei farmaci nelle parafarmacie. Dunque anche le parafarmacie con la presenza obbligatoria del farmacista sono in grado di garantire quel servizio che i titolari di farmacia si ostinano a ritenere dover essere esclusivo della farmacia, una pretesa, quest’ultima, che bene ha confutato il TAR di Reggio Calabria nella sua ordinanza dello scorso maggio: “I farmacisti che esercitano nelle c.d. parafarmacie sono soggetti che, a parità di titolo di studio e di requisiti professionali rispetto ai farmacisti “tradizionali”, sono chiamati a vendere dei beni che hanno attinenza con la salute umana, e quindi sono titolati ad effettuare valutazioni analoghe rispetto a quelle demandate ai farmacisti “tradizionali”, addirittura con un maggior grado di autonomia e conseguente responsabilità, dal momento che manca il “controllo a monte”, demandato al medico che rilascia la ricetta. Indubbiamente i farmaci somministrabili senza ricetta medica comportano dei rischi per la salute umana inferiori rispetto a quelli dei farmaci per i quali è prescritta la ricetta. Ciò non toglie che si tratta pur sempre di farmaci, il cui abuso od uso improprio potrebbe produrre dei seri danni alla salute dell’utente. Ma se il legislatore ha ritenuto che i farmacisti delle c.d. parafarmacie possono, in piena autonomia, vendere i farmaci che non necessitano di ricetta medica, ritenendo che tali soggetti siano muniti di conoscenze scientifiche e di professionalità adeguate ad esercitare tale incombenza, non si vedono le ragioni per cui gli stessi soggetti non possano vendere i farmaci di c.d. fascia C, la cui utilizzabilità da parte di uno specifico cliente dipende non da un’esclusiva valutazione del farmacista (come per i farmaci da banco e per i farmaci per i quali non è richiesta la ricetta medica), ma da un controllo “a monte”, affidato al medico che ha effettuato la prescrizione.”

Questo il tema politico posto dal Presidente Monti e prima di lui da Bersani, ovvero rimuovere gli ostacoli che ancora oggi rendono esclusiva la vendita dei farmaci a pagamento nella sola farmacia “tradizionale” e dunque ridimensionare il peso corporativo di una ristretta cerchia di titolari di farmacia, che impedisce alla stragrande maggioranza dei farmacisti di poter esprimere compiutamente l’esercizio della professione. In altre parole rimuovere gli ostacoli che  impediscono il ripristino dell’”ascensore sociale” che solo può garantire nell’ambito delle “professioni” maggiore competitività in termini professionali ed economici a tutto vantaggio del sistema Paese. Questa la sfida politica di Bersani e Monti, nell’ambito delle professioni, per contribuire alla ripresa dello sviluppo e per stimolare la domanda interna.  

Una scelta politica che certamente deve essere accompagnata ed integrata da correttivi capaci di garantire da un lato la capillarità del servizio farmaceutico su tutto il territorio, specie nei comuni che per numero di abitanti sono meno appetibili, e dall’altro riformulare i criteri di remunerazione delle farmacie  all’insegna di una vera spending rewiev: riorganizzazione del processo distributivo del farmaco in termini di: determinazione del prezzo dei farmaci; centralizzazione dell’acquisto di tutti i farmaci in conto SSN; unificazione nella farmacia della distribuzione sul territorio di tutti i farmaci in conto SSN, per garantire ad un tempo efficienza ed economicità del servizio. Infine è opportuno introdurre nel dibattito qualche riflessione sull’apertura della proprietà della farmacia al capitale, avendo cura di salvaguardare la professionalità del farmacista e introducendo forti limitazioni alla sovrapposizione tra casa farmaceutica/grossista e proprietà della farmacia, per impedire che a pagare il prezzo alla fine sia il malcapitato cittadino.

Questa la nostra posizione che come è evidente non riguarda solo gli aspetti economici, oggi determinanti per la sopravvivenza di molti dei nostri esercizi, ma molto di più è orientata a dare al sistema farmaceutico una prospettiva per il futuro, nell’interesse generale dei cittadini e di tutti i farmacisti.   

Massimo Brunetti
Segretario Nazionale

1 COMMENT

  1. Analisi lucida e precisa che dovrebbe essere condivisa da tutti i farmacisti, che sono i destinatari diretti ed unici di una riforma organica e moderna del sistema di farmacia.
    Però dato che sistema farmacia e farmacisti, tutti e non solo alcuni, non possono che essere tra loro integrati, va posta la massima attenzione alla richiamata riflessione circa l’ apertura al capitale della proprietà della farmacia.
    Su questo aspetto, a mio avviso chiave per il futuro della professione, la riflessione non può che essere una sola e cioè che a fronte di una liberalizzazione della professione, il capitale attinente la proprietà delle farmacie, convenzionate o non convenzionate che siano, deve essere riconducibile solo a farmacisti regolarmente iscritti all’ albo.

  2. Una analisi convincente e precisa quella del dottor Brunetti, il quale si occupa del tema delle liberalizzazioni da anni e quindi ha tutto il diritto di esprimere le opinioni che crede, è inutile ripetere che l’aspetto economico nel dibattito “farmacie” è FONDAMENTALE e se non lo fosse stato certamente la realizzazione della liberalizzazione sarebbe avvenuta da tempo.Dietro il paravento della salute, inutile per altro perchè stiamo parlando d professionisti con lo stesso titolo di studio, si cela uno sfacciato interesse economico, ma c’è qualcuno che ne dubita? basta sentire le pubblicità in tv e alla radio: è tutto IN FARMACIA….per la salute del cittadino….?Capisco che il dottor Mandelli viva una vita da schizofrenico, Presidente di tutti i farmacisti e titolare di farmacia…deve essere difficile conciliare le 2 cose e infatti quando parla da presidente degli Ordini io tendo a non credere a nulla di quello che dice perchè so che poi farebbe tutto al contrario se potesse,sbaglio?

  3. Questa è bella : c’è bisogno che un “non-farmacista” come Brunetti, spieghi al farmacista Mandelli, erede di farmacia, Presidente dell’Ordine di Milano, Presidente della FOFI, candidato a sindaco di Monza per il Pdl (guarda caso!), rappresentante degli 85.000 c.a farmacisti italiani, la differenza tra professione e commercio!
    Eppure in casa Mandelli la consulenza legislativa abbonda, grazie alla consorte farmacista signora Minghetti, docente dl Legislazione Farmaceutica, consigliera dell’Ordine di Milano.
    Ma lo sappiamo bene : non c’è peggior SORDO di non vuole sentire e Mandelli si è dimostrato il degno erede della politica dell’ex presidente della FOFI Leopardi , tanto che la definizione corrente tra i 50.000 non titolari di FEDERFOFI è più che giustificata dai fatti.

  4. Lungo l’intervento di Brunetta, cercherò di essere breve almeno io. Se l’uscita della fascia C dalla farmacia è una delle leve fondamentali della ripresa e dello sviluppo economico del Paese, perchè tutta la Comunità Europea nega tale elementare evidenza, custodendo gelosamente l’esclusiva del farmaco con ricetta all’interno delle farmacie? Fanno eccezione il Portogallo in completo sfascio economico e l’Olanda, nazione che ha una farmacia ogni diecimila abitanti. Perfino nei liberalissimi USA è impossibile accedere ad un farmaco con obbligo di ricetta fuori dalla farmacia. Non sarà che quello che viene presentato come la madre di tutte le riprese economiche non nasconda solo un grazioso regalo alle multinazionali della grande distribuzione. E solo regalo, dott. Brunetta?
    Concludo i cattivi pensieri con una curiosità: cos’è un refrend?

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