Liberalizzando orari e aperture si fa l’interesse della piccola e media impresa italiana?

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orariLa sentenza della Corte Costituzionale in merito alla liberalizzazione degli orari e ai giorni di apertura degli esercizi commerciali, ha rilanciato una grande discussione sulla costituzionalità o meno della sentenza. Per molti esperti non ci sono dubbi: l’argomento è di competenza legislativa dello Stato. Francesco Cavallaro, noto legale esperto del settore, in un articolo pubblicato su IusFarma spiega: “Si tratta della promozione della concorrenza che costituisce una delle leve della politica economica statale e, pertanto, non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi  di regolazione e di ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in una accezione dinamica che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o a instaurare assetti concorrenziali”.  Le famose liberalizzazioni tanto sventolate all’insediamento del governo Monti vedono finalmente la luce? E’ evidente che questa è una materia di sicuro interesse per le farmacie. Era previsto un aumento di 4-5mila nuovi esercizi, con i sette bandi delle Regioni in gara nel Concorso, ma solo pochissimi esercizi in tre regioni riusciranno ad aprire entro il 2013. Per non parlare della questione delisting, che in ottica liberalizzazioni si è dimostrato un enorme flop finora. Comunque la si pensi, non si può dimenticare che lo “Small Business Act”, che è l’atto promulgato dall’Europa e fonte di ispirazione di questo “nuovo” modo di concepire la concorrenza,  ha al principio numero 3 l’esortazione: Think small first. Ovvero: Pensare anzitutto in piccolo. Stiamo davvero pensando in piccolo? Sono queste le liberalizzazioni che favoriscono lo sviluppo della piccola e media impresa italiana? Domande legittime a cui non sapremmo rispondere e  che però ci auguriamo che siano snocciolate come litanie a tutti i livelli prima di commettere gravi errori  in un senso o nell’altro. Non possiamo permetterci ulteriori ritardi nello sviluppo economico.

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