La dispensazione del farmaco da parte delle Asl costa al cittadino un ticket “occulto” che si aggira mediamente tra i 3 e i 4 euro a confezione, per spostamenti e tempo perso. A svelarlo la ricerca del Centro studi Antares sui costi visibili e non della distribuzione diretta, commissionata da Assofarm (l’associazione nazionale delle farmacie pubbliche) e presentata stamattina a Bologna.
I ricercatori hanno puntato la loro lente su quattro Asl emiliane (Reggio, Bologna, Forlì e Cesena) e ne hanno analizzato i conti. L’analisi ha dovuto accettare qualche stima per induzione perché i bilanci delle Aziende sanitarie non sono sempre cristallini, ma i risultati non si discutono: la distribuzione diretta dei farmaci costa alla collettività più che la distribuzione dalle farmacie del territorio. Innanzitutto c’è la capillarità: le strutture che dispensano per conto delle Asl esaminate sono in un rapporto di uno a venti rispetto alle farmacie (pubbliche e private) disponibili nelle quattro province, quindi chi le deve raggiungere impiega più tempo (in media 19 minuti) e copre più chilometri (14 contro 2); inoltre gli orari di apertura sono meno ampi (rapporto 1 a 40) quindi il paziente è spesso costretto a sottrarre tempo al lavoro o alla famiglia. «Messo tutto assieme» ha spiegato Annalisa Campana, ricercatrice del Centro Antares «tra spese di trasporto e costo-opportunità, ossia il tempo perso, il cittadino paga un ticket occulto che oscilla tra i 3 e i 4 euro per ogni farmaco ritirato in un’Asl».
Ma ce n’è anche un altro, di costo occulto. E’ quello pagato dall’Azienda sanitaria per dispensare il farmaco nelle sue strutture anziché nelle farmacie: farlo per conto proprio in media costa all’Asl 3,74 euro a pezzo tra personale, magazzino e gestione, passando dalle farmacie risparmierebbe la collettività e risparmierebbe il singolo assistito. «La distribuzione diretta» ha commentato il presidente di Assofarm, Venanzio Gizzi «è una modalità che dà risparmio sono in apparenza, ma intanto contribuisce a sguarnire e indebolire il sistema farmacia».
Per riportare nelle farmacie i medicinali oggi distribuiti dalle Asl, Assofarm e le altre sigle della filiera farmaceutica stanno lavorando da mesi a un nuovo sistema di remunerazione dei presidi. E del tema si è parlato con il ministro della Salute Renato Balduzzi, ospite d’onore del convegno: proprio ieri, infatti, il dicastero ha spedito alle Regioni lo schema di remunerazione messo a punto dai suoi tecnici, ma alle farmacie la proposta non piace. «Se dovesse passare» ha detto a chiare lettere il presidente di Assofarm, Venanzio Gizzi «per la farmacia sarebbe la fine, ineluttabile». «Ciò di cui abbiamo bisogno» ha aggiunto Annarosa Racca, presidente di Federfarma (il sindacato nazionale delle farmacie private) «è una riforma della remunerazione che dia stabilità alle farmacie e getti le basi per il ritorno nel canale dei farmaci ad alto costo. Lo schema del Ministero, invece, lascia senza tutele le piccole farmacie e non sgancia i fatturati dalla discesa dei prezzi». Ed ecco allora l’invito a Balduzzi perché la proposta faccia dietrofront e prima di arrivare alle Regioni venga ridiscussa con le sigle della filiera.
Nessuna chiusura da Balduzzi, che ha anche fatto capire di non aver voluto imprimere alcuna accelerazione al percorso. «Abbiamo inviato lo schema alle Regioni» ha detto «perché c’erano dei tempi tecnici che ci imponevano di farlo. Ma c’è tutto il tempo per ragionarci ancora: serviranno circa due mesi per far arrivare la proposta alle commissioni parlamentari (che dovrebbero dare l’ok finale, ndr) nessun problema a proseguire il confronto».
Venanzio Gizzi
Presidente Assofarm