Il rapporto dell’Aifa, che vi abbiamo riportato fedelmente nel fine settimana, ha fatto discutere e farà discutere ancora su alcuni dati. Non si discute l’attendibilità del rapporto, ma quello che i dati dicono. Sono questioni che sono arrivate anche alla grande cronaca non specializzata che improvvisamente si è accorta di alcuni fattori già noti a chi segue il mondo del farmaco con costanza. I dati esposti nel rapporto Aifa confermano il calo del consumo medio dei farmaci nel nostro paese, con una pillola per individuo. Sembrerebbe un bene, ma in realtà, confronto ad altri Paesi europei, la media è ancora molto alta. L’inversione di tendenza c’è stata ma non basta. Anche in Italia sta dilagando l’amore per il farmaco, preso con molta leggerezza. Gli italiani sono sempre stati molto accorti nell’assumere farmaci, fin troppo scrupolosi, ma da qualche anno non si bada più di tanto all’aderenza terapeutica: metodi, tempi, dosaggi… non sembrano più essere così importanti. Un dato che ha spaventato molti è il consumo di antidepressivi: primi assoluti nelle prescrizioni per il sistema nervoso centrale. Quinta voce in assoluto per quanto riguarda i farmaci prescritti. Citiamo dal rapporto Aifa: “Gli antidepressivi sono aumentati su base annua di circa l’1 per cento: questo è l’effetto di quello che l’Oms aveva descritto, anni fa, come l’epidemia del millennio, cioè la depressione che nel 2020 diventa una delle maggiori cause di disabilità nel mondo occidentale”.